Editoriali

L’innocenza dei civili e l’ipocrisia americana

Sentiamo ripetere spesso in questi giorni che, come da copione, la reazione di Israele a Gaza è eccessiva, sproporzionata, criminale, il solito ineffabile Antonio Guterres ci informa per sua bocca o bocca a cui vengono fornite le parole più di effetto, che Gaza è “un cimitero di bambini”.

Le cifre relative ai morti civili a Gaza le fornisce doviziosamente Hamas, lo stesso che ci informò che l’ospedale Al Shifa era stato bombardato dagli israeliani e che erano morte 500 persone.

Ma ammettiamo pure che le cifre fornite da Hamas siano vicine alla verità. Sicuramente sono parecchie le migliaia di vittime civili, e sicuramente molte di esse sono bambini. Non esistono guerre in cui i bambini non muoiano, non si tratta di una affermazione cinica, si tratta di una constatazione ovvia. Se non si vuole che in guerra muoiano i bambini c’è solo un modo per evitarlo, non farla.

Gli Stati Uniti, assai sensibili alle vittime civili, e continuamente prodighi di esortazioni nei confronti di Israele a ridurne il numero e a concedere pause umanitarie, sono gli stessi che a Mosul, nel 2017, per distruggere l’Isis che ne aveva fatto una sua roccaforte diedero vita a una delle più brutali guerre urbane della storia contemporanea, bombardando a ritmo serrato la citta e distruggendo uno dopo l’altro gli edifici. Il numero preciso di morti civili, tra cui bambini, non si conosce con esattezza, ne, con ogni probabilità, si conoscerà mai. La stima dell’Associated Press è tra i 5000 e gli 11,000, quella dei Servizi curdi, la innalza a 40,000.

Non si ricordano pressanti esortazioni sugli americani per aprire corridoi umanitari e nemmeno affermazioni da parte di Guterres su Mosul, cimitero di bambini.

L’obbiettivo americano era di distruggere l’ISIS, e per raggiungerlo era legittimo, secondo loro, radere Mosul al suolo, ma per Israele, si sa, valgono criteri difformi, anche se il suo obbiettivo è il medesimo che gli Stati Uniti si erano dati nel 2017, distruggere una formazione terroristica islamica che, quanto a radicalismo e a capacità di efferatezze, il 7 ottobre scorso ha superato l’ISIS.

Concludiamo, dedicandoci a un altro refrain, quello dell'”innocenza” dei gazawi, ovvero, della non colpevolezza dei civili per le atrocità commesse da Hamas, nei confronti del quale nessuno dei due milioni e mezzo di abitanti della Striscia si è mai ribellato dal 2007 a oggi.

L'”innocenza” dei civili, della popolazione, relativamente ai regimi dispotici che hanno permesso venissero in essere, e contro i quali non si sono mai ribellati, (come è avvenuto più volte in Iran, per esempio, con, purtroppo, scarso successo), è una questione scabrosa. Con il medesimo criterio bisognerà sostenere che fossero innocenti anche i sessanta milioni di tedeschi che negli anni ’40 fecero del Führer il loro incontrastato beniamino (con una parentesi per i bambini, loro sì, vittime innocenti di un clima culturale nutrito di odio). 

Impossibile separare i fiancheggiatori e i sostenitori dagli avversatori e dai ribelli, il criterio, a Gaza manca.

In una guerra, come in quella attuale di Israele a Gaza, e come fu per gli Stati Uniti a Mosul, la morte dei civili, uomini, donne, bambini,  diventa, come in ogni guerra, il corollario inevitabile dell’obbiettivo che ci si è posti, distruggere il nemico.

 

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