Israele e Medio Oriente

L’obiettivo e gli ostacoli

Prosegue l’offensiva israeliana a Gaza, con, come prossimo, imminente obiettivo, Rafah, valico di confine con l’Egitto, dove sono asserragliati gli ultimi battaglioni di Hamas e addensati circa due milioni di sfollati.

L’assicurazione del gruppo jihadista che il 7 ottobre scorso ha trucidato 1200 cittadini israeliani e ne ha rapiti 240, sono loro. Nulla di nuovo. I civili sono sempre stati utilizzati da Hamas nel modo più bieco, come vittime sulla cui morte lucrare per accusare Israele di crimini contro l’umanità, loro che, il 7 ottobre hanno ucciso, stuprato in gruppo, seviziato e mutilato portandosi appresso qualche testa come macabro trofeo.

È  già accaduto nel 2009, è accaduto nel 2014 e accade di nuovo oggi, con l’apice raggiunto di essere riusciti, grazie a uno Stato complice, a portare Israele davanti alla Corte Internazionale dell’Aia con l’accusa di genocidio. Friedrich Dürrenmatt non avrebbe potuto chiedere di meglio come canovaccio per un suo racconto.

Si levano già i moniti provenienti dalla UE e dall’ONU sulla catastrofe che comporterebbe l’operazione militare a Rafah, monito a cui, anche se in modo meno enfatico, si associano gli Stati Uniti, sempre più allineati sul comune sentire, o meglio la propaganda, che accusa Israele di reazione sproporzionata, financo, come si è visto, di genocidio.

Ciò nonostante Netanyahu prosegue. “Non lasceremo Hamas a Rafah, significherebbe perdere la guerra”. Esattamente. Ma è quello che si vuole accada. Lo vuole l’ONU, lo vuole la UE, e infondo lo vogliono anche gli Stati Uniti. “Israele non deve vincere troppo” diceva già Henry Kissinger nel ’73.

Un Israele che perde la guerra a Gaza è un Israele più docile, ne uscirebbe sufficientemente bastonato per imporgli condizioni capestro come quella di uno Stato palestinese sulle colline della Cisgiordania. Una vittoria perentoria a Gaza renderebbe tutto più difficile e rimetterebbe in sella Netanyahu, eventualità che l’Amministrazione Biden vorrebbe scongiurare.

Hamas può contare su questi appoggi per vincere la guerra, restare nella Striscia e continuare a dettare condizioni, per questo è necessario che l’offensiva prosegua e Israele lo smantelli.

Un proverbio arabo recita, “I cani abbaiano, la carovana prosegue”. C’è da augurarsi che Israele lo faccia proprio fino in fondo.

Torna Su