Editoriali

Senza giri di parole: L’Amministrazione Trump e l’Iran

Se non fosse già stato sufficientemente chiaro precedentemente, ora lo è in mondo inequivocabile. La contrapposizione netta tra due visioni con conseguente diversità di obbiettivi e mezzi per raggiungerli. Da una parte l’Europa che cerca di trovare il modo per aggirare le sanzioni americane contro l’Iran, sanzioni che si inaspriranno ulteriormente il 5 di novembre per chi acquisterà il greggio dalla Repubblica Islamica, quella stessa Europa che l’anno scorso ha votato compatta all’ONU contro la decisione sovrana americana di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele, quella stessa Europa che guidata da Germania, Francia e Regno Unito, ha magnificato le virtù dell’accordo sul nucleare iraniano fortissimamente voluto da Barack Obama. Nulla di cui meravigliarsi. Non era forse un ex ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer a dichiarare nel 2006 “Noi europei abbiamo sempre suggerito ai nostri partner iraniani che è nel loro interesse eminente considerarci come uno scudo protettivo”?

Ieri all’ONU, Donald Trump, nel suo discorso, ha ribadito senza incertezza la linea americana anti-iraniana senza concedere nessuno sconto. “Non possiamo permettere a un regime che canta ‘Morte agli Stati Uniti’ e minaccia Israele di annichilimento di possedere i mezzi per lanciare una testata nucleare su qualsiasi città del pianeta. Non possiamo permetterlo“. Di rinforzo alle parole di Trump sono arrivate quelle di John Bolton, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, il quale, ospite di un evento a New York organizzato dal gruppo United Against Nuclear Iran, ha pronunciato il discorso più duro finora mai pronunciato da un alto funzionario del governo degli Stati Uniti contro l’Iran.

“Secondo i mullah di Teheran noi saremmo ‘Il Grande Satana’, signore del sottosuolo, padrone del rabbioso inferno. Dunque posso immaginare che mi prenderanno sul serio quando oggi gli assicurerò che se intralcerete noi e i nostri alleati, i nostri partner, se danneggerete i nostri cittadini, se continuerete a mentire, a fare il doppio gioco e a ingannare, sì, senza dubbio le conseguenze saranno infernali…I giorni dell’impunità di Teheran sono terminati”.

Le parole di Donald Trump e di John Bolton arrivano dopo l’ammonimento del Segretario alla Difesa, il Generale John Mattis, in risposta alle dichiarazioni iraniane sulla presunta responsabilità americana e israeliana dietro l’attacco terroristico avvenuto ad Ahvaz nell’Iran sudoccidentale che ha causato 25 morti e il ferimento di 70 persone. Attacco rivendicato dai separatisti arabi regionali. Alle minacce di ritorsione contro gli Stati Uniti, Mattis ha ribadito che qualsiasi azione contro gli Stati Uniti riceverebbe una risposta ferma.

La determinazione dell’Amministrazione Trump nei confronti del regime iraniano non solo non è diminuita da quando un anno fa a Tokyo sempre il Segretario alla Difesa esplicitò la posizione ufficiale della Casa Bianca sull’Iran, “Per quanto riguarda l’Iran, si tratta del principale e più grande Stato sponsor del terrorismo a livello mondiale“, ma dalle parole è passata ai fatti concreti, con l’uscita degli Stati Uniti a maggio dell’anno scorso dall’accordo sul nucleare voluto da Obama, al reintegro delle sanzioni.

Lo “scudo protettivo” dell’Europa a tutela dell’Iran e dei suoi interessi potrà poco o nulla per contrastare le misure che sono state prese e verranno prese dagli Stati Uniti, ma, ancora una volta ci permette di capire qual è la posta in gioco, e su quale parte della scacchiera posizionarsi. Con la UE, a favore di chi ha un obbiettivo di espansione egemonica in Medioriente in nome degli ideali integralisti della rivoluzione khomeinista del 1979 e nella distruzione di Israele uno dei suoi obbiettivi dichiarati, o con Israele e gli Stati Uniti a difesa di una idea di Occidente che l’Europa ha progressivamente indebolito e praticamente abbandonato.

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