Editoriali

Sorvegliato speciale

Dal nostro inviato in Israele, Niram Ferretti

Sono cinquanta anni, da quando vinse la guerra dei Sei giorni, la guerra che sulla carta non avrebbe dovuto vincere, che Israele è un sorvegliato speciale. Nessun altro stato al mondo può vantare di avere questo statuto particolare, non l’Iran, non il Pakistan, non l’Arabia Saudita, non la Corea del Nord, non la Cina, la Russia o la Turchia.

Il fatto che Israele sia l’unica democrazia mediorientale mentre nessuno di questi stati lo sia, non solo rende paradossale la sua particolare situazione ma ne evidenzia l’insostenibilità, perché a nessun’altra democrazia viene richiesto non solo di ottemperare ai criteri di eccellenza e irreprensibilità che vengono richiesti a Israele, ma persino di rinunciare alla propria integrità territoriale e alla difesa dei propri confini, cosa che non viene chiesta agli stati antidemocratici elencati sopra.

E’ nel contesto di questa eccezionalità di Israele, del suo status di sorvegliato speciale, che vanno visti gli attacchi alla legge semi-costituzionale varata dalla Knesset tra mercoledì e giovedì scorso, la quale stabilisce l’ovvio, certifica una tautologia, che Israele è lo stato nazione degli ebrei, così come la Francia è lo stato nazione dei francesi, l’Italia degli italiani, la Spagna degli spagnoli e così via.

E’ una legge che arriva dopo settanta anni e che non fa che evidenziare un fatto incontestabile e di una banalità sconcertante, Israele nasce per dare corpo e salvaguardia all’identità ebraica, nasce come stato nazione, così come sono nati tutti gli stati nazione coagulatesi intorno all’identità comune di un popolo, linguistica, culturale, religiosa. Israele, però, dovrebbe costituire una eccezione. Israele, per chi lo critica, qualsiasi cosa faccia, non può varare una legge elementare come questa senza essere accusato di discriminazione e financo di razzismo contro la cospicua minoranza araba.

Il forsennato Gideon Levy, su Haaretz,  in uno dei suoi allucinati pezzi scrive, “La legge mette fine alla farsa di uno stato ebraico e democratico, una combinazione che non è mai esistita e non sarebbe mai potuta esistere per l’intrinseca contraddizione tra questi due valori, impossibili da conciliare se non con l’inganno”.

Dove sussista la contraddizione tra “ebraico” e “democratico” è noto solo a Levy, certamente sarebbe più contraddittorio uno stato ebraico-arabo, visto che il sionismo è un movimento squisitamente ebraico ed è su suo impulso che Israele nasce. Ma Levy non è forte in logica, e se “ebraico” e “democratico” costituissero davvero “una intrinseca contraddizione” non si vede perché il binomio “cristiano” e “democratico” dovrebbe fare eccezione, e dunque tutti i paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, che hanno nella religione cristiana il proprio collante culturale e identitario, sarebbero antidemocratici. A Levy vanno sicuramente bene i paesi islamici, dove la questione del binomio non si pone affatto e non può esistere l’immaginaria e grottesca contraddizione che egli vede. Paesi che, naturalmente danno lezione di morale a Israele, dichiarando l’assurdo, assoggettandosi al farsesco, che per dichiararsi ciò che è, Israele sancirebbe di fatto, con una legge, l’immaginario apartheid in cui vivrebbero gli arabi.

Levy è solo uno dei tanti odiatori a prescindere i quali non possono fare a meno di attaccare Israele anche su una questione come questa, basata sul semplice buonsenso. Come ha evidenziato il Washington Post, in un articolo dedicato alla legge “Sette stati della UE contengono norme di autonomia nazionalista le quali fanno riferimento allo stato come alla casa nazionale o il luogo dell’autodeterminazione del gruppo etnico maggioritario del paese. Esiste anche il caso di luoghi come i Baltici con vaste e minoritarie popolazioni emarginate. Per esempio la costituzione lettone si apre invocando ‘l’incrollabile volontà della nazione lettone di avere il proprio stato e il suo inalienabile diritto all’autodeterminazione in modo da garantire l’esistenza e lo sviluppo della nazione lettone, la sua lingua e la sua cultura lungo i secoli”. Ma quello che va bene per la Lettonia non può andare bene per Israele. E il motivo è, che la Lettonia, come gli altri stati europei che contengono nelle loro costituzioni norme di autonomia nazionalista, non è un sorvegliato speciale, e non lo è perché non è uno stato ebraico e non è al centro di una delegittimazione feroce che inizia a partire dal 1967, orchestrata dai paesi arabi con l’ausilio dell’allora Unione Sovietica.

L’odio per Israele è la ragione alla base della sua condizione di sorvegliato speciale, soprattutto da parte dell’Europa, sempre più contagiata nella sua struttura politica da una avversione profonda per il piccolo e fortissimo (e anche per questo odiatissimo, Stato ebraico).

Israele, per l’Europa rappresentata dalla UE, e per il pensiero progressista, che hanno fatto del post-nazionalismo la loro religione laica, è un affronto ai propri dogmi, tra cui quello dell’identità, della comunità, dell’etnia e della confessione religiosa, ritenuti tutti anacronismi, impacci da superare in un mondo progettato come multiculturale, ibrido, dai confini mobili o inesistenti.

In realtà, la legge varata dalla Knesset che non discrimina affatto gli arabi, ma afferma un dato di fatto, l’ebraicità di Israele, nonostante chi voglia vedere dissolversi questa stessa ebraicità, la ragione d’essere dello Stato sorto nel 1948, (tanti, tantissimi, anche tra numerosi ebrei), è stata fin troppo tardiva ed è assolutamente necessaria. Necessaria come tutto ciò che ancora i principi e i valori alla solida base della realtà. L’odiata realtà così riassumibile: che Israele esiste, ha come lingua nazionale l’ebraico e come bandiera la Stella di Davide e una religione che dura da millenni, che è uno stato democratico in cui, come in nessun altro paese circostante, le minoranze etniche e religiose hanno piena legittimità e diritti.

La legge della Knesset è di supporto a tutto questo. Benvenuta.

 

Torna Su