Israele e Medio Oriente

La pace serve anche a questo | di Federico Steinhaus

Egitto e Giordania hanno firmato trattati di pace con Israele da molti anni oramai, e da allora – pur senza che sia sbocciato un amore reciproco – i due stati arabi ed Israele hanno collaborato su molti fronti con reciproco beneficio; momenti di altissima tensione, come ad esempio durante le guerre combattute da Israele contro Hezbollah in Libano e contro Hamas a Gaza, sono trascorsi senza che i due stati arabi si siano lasciati coinvolgere; Israele ha aiutato in vari modi Giordania ed Egitto a combattere contro i loro nemici, che sono i medesimi che vorrebbero annientare lo stato ebraico. Ma la pace presenta anche altri aspetti di primaria importanza.
Proprio in questi giorni si è saputo che ben 17 importanti aziende specializzate hanno presentato le loro offerte per la realizzazione di un progetto che cambierà il futuro della regione più arida e più straordinaria nella quale confluiscono Israele, la Giordania ed i territori del futuro stato palestinese, quella della grande depressione del Mar Morto.
Il progetto prevede la costruzione di un canale che colleghi il Mar Morto col Mar Rosso e risale ad una decina di anni fa; ma è solamente ora che questo progetto entra nella fase che lo renderà esecutivo, dopo che nel 2013 Israele, Giordania ed Autorità Palestinese hanno siglato un accordo sulla ripartizione delle risorse idriche. La realizzazione del progetto costerà 900 milioni di dollari solamente nella fase iniziale, ma una volta concluso avrà una portata di 300 milioni di metri cubi d’acqua all’anno, che dal Mar Rosso arriveranno al Mar Morto, rivitalizzandolo: senza questa immissione gli esperti ritengono che il Mar Morto si essiccherebbe entro il 2050.
Il ministero giordano per l’acqua e l’irrigazione considera anche la possibilità di affiancare a questo canale un impianto di desalinizzazione con una capacità di 65/85 milioni di metri cubi all’anno. La salvezza per il Mar Morto, ma anche nuova vita e prosperità per Giordania Israele ed Autorità Palestinese.
Esiste però anche un’altra faccia di questa medaglia, che ne diminuisce il valore ed il significato.
Giovedì scorso il presidente dell’Autorità Palestinese ha tenuto un discorso al Parlamento Europeo, ed ha affermato: 1) che l’assenza di uno stato palestinese è il pretesto per chi commette azioni terroriste nel nome della religione; 2) che solamente se Israele tornerà nei confini antecedenti il 1967 e se Gerusalemme Est sarà la capitale di uno stato palestinese il terrorismo cesserà in tutto il mondo; 3) che rabbini israeliani incitano gli israeliani ad avvelenare le risorse di acqua destinate alla popolazione palestinese; 4) che i palestinesi abitano la regione fin dall’alba della civiltà. Come è ovvio, le sue dichiarazioni sono state salutate dai parlamentari europei con grandi applausi.
Ci troviamo di fronte ad una serie di menzogne e di autentico antisemitismo – l’accusa di avvelenare i pozzi risale al medioevo cristiano ed ha causato gravi sofferenze agli ebrei europei – che tendono a delegittimare Israele negando i legami del popolo ebraico con la terra d’Israele, anzi con tutta la regione che dall’Iraq patria di Abramo, arriva all’Egitto dei tempi di Mosè e che da molti anni, attraverso i libri scolastici e l’esaltazione dei “martiri”, fanno crescere nell’odio verso gli ebrei oramai la seconda generazione di giovani palestinesi. Malgrado tutto ciò, si rinsaldano vincoli di interesse politico, militare ed economico fra Israele ed alcuni stati arabi, ed è interessante notare che dopo anni di rancori anche la Turchia  di Erdogan, la settimana prossima, normalizzerà con un accordo scritto i suoi rapporti con Israele, che una volta erano vastissimi e profondi.
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