Editoriali

LA PESTE

No, non è la Orano metafisica di  Albert Camus, la città dell’Algeria in cui l’epidemia di peste, il contagio malefico, progressivamente si fa strada propagando la morte; è Nizza, oggi, e la peste è un’altra peste.

E’ la stessa che il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in una intervista a una giornalista francese prima dei massacro del Bataclan aveva detto che presto avrebbe colpito anche la Francia.

Israele conosce questa peste fin dagli anni ’30 quando il Mufti di Gerusalemme, Haji Amin Al Husseini, in combutta con Hassan Al Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, muoveva le masse arabe contro gli ebrei facendo leva sulla religione.

E questa peste che Israele combatte da quasi settanta anni e continua a combattere e continuerà a combattere è la stessa che l’Europa si trova in casa da più di un decennio e che ha colpito Londra, Madrid, Parigi, Bruxelles, oggi Nizza e domani chissà quale altro luogo, quale altra città.

Questa peste è frutto della nostra politica, di cinismo e calcoli sbagliati, come ha raccontato nei suoi libri lucidi e rigorosi Bat Ye’Or.

La Francia continua a pagare il suo patto con il diavolo, istituito alla fine degli anni 60′ e voluto da De Gaulle. Prima di tutto vengono gli enormi lucri con i paesi arabi, tutto il resto passa in secondo piano. E’ così che, nel 1969 l’OLP apre la sua prima rappresentanza a Parigi, due anni dopo la fine della Guerra dei Sei Giorni, quando, sempre De Gaulle, pugnala Israele alla schiena impedendo che partano le forniture d’armi già pagate addossando all’ultimo minuto allo stato ebraico la responsabilità di  avere cominciato il conflitto.
La Francia incassa la sua cambiale di sangue perché  nonostante le prebende. Il fondamentalismo islamico ha come meta la distruzione di quel mondo laico, libero e anche libertino il cui calendario secolare ha tra le sue feste, il 14 luglio, data della presa della Bastiglia.

Anche noi abbiamo fatto la nostra parte, accogliendo terroristi insigniti di premi Nobel per la Pace, istituendo lodi Moro fatti per chiudere un occhio sul passaggio di forniture d’armi da consegnare all’OLP, per la “causa di liberazione palestinese”, mentre la sinagoga di Roma veniva lasciata sguarnita di protezione e Stefano Tachè veniva assassinato.  Ma anche così Il lodo Moro non impedì la strage di Fiumicino del 1985, quando i terroristi si misero a fare fuoco contro i passeggeri in coda al check in dell’EL AL, la compagnia di bandiera israeliana, uccidendo tredici persone.

E si continua a negare la realtà e a dire che l’Islam è mondo e puro, e che il conflitto arabo-israeliano è un’altra cosa, ha un’altra origine, e che il jihadismo non appartiene all’Islam vero, che tutti i gruppi fondamentalisti hanno frainteso il Corano, così come lo fraintendevano Al Husseini e Al Banna, come lo fraintende Al Baghdadi,  e come lo fraintendono Hamas e Hezbollah e gli ayatollah iraniani.

E’ tutto un fraintendimento. Tutto un malinteso. Tutta una pochade. Peccato che poi sia una pochade che si trasforma in grand guignol.

Siamo, noi europei, figli di una civiltà al declino, totalmente incapaci di chiamare le cose con il proprio nome e di adottare quello che sempre di più diventerà necessario, misure di emergenza, controlli più serrati, espulsioni mirate, quelli che poi, a Bruxelles cuore e centro di una utopia fallimentare, si levano in piedi ad applaudire Abu Mazen mentre ricopre Israele di ingiurie e di menzogne.

In quegli applausi è la nostra resa e il nostro totale smarrimento.

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