Editoriali

Auguri, Europa

Mohamed Lahouaiej Bouhlel, 31 anni, era un cittadino francese. Tunisino di seconda generazione, noto per reati comuni. E’ stato lui a guidare un camion di circa 18 tonnellate e 15 metri di lunghezza, investendo le persone che stavano assistendo ai fuochi d’artificio a Nizza per festeggiare il 14 luglio, ricorrenza nazionale francese.
Un uomo che ha agito da solo, salvo non si scoprano complici che l’hanno aiutato nel pianificare l’attentato, è stato in grado di uccidere quante più persone possibili prima di essere abbattuto dalle Forze dell’ordine.
Persone che non conosceva. Innocenti. Uomini, donne e bambini, tanti bambini. Uccisi perché ritenuti “infedeli”, occidentali, come avrebbe dovuto considerarsi lui essendo diventato cittadino francese.
La Francia ha fatto crescere e ha nutrito le sue serpi in seno, non riuscendo a mitigare l’odio di chi evidentemente da anni coltivava propositi deliranti e stragisti.
E’ una Francia sempre più vulnerabile, che deve affrontare la terza grave strage dopo quelle di gennaio e novembre 2015 a Parigi, al Charlie Hebdo, all’Hyperkosher, al Bataclan e agli altri locali presi di mira in quel tragico 13 novembre.

E’ una Francia che ora si interroga sull’affidabilità dei suoi servizi di sicurezza e di intelligence, sulla corretta gestione dei flussi migratori. Ma soprattutto è una Francia impaurita, inginocchiata, ripetutamente colpita. E stavolta nel suo giorno di festa, il 14 luglio.
L’Isis, il sedicente Stato Islamico, ha rivendicato l’attentato di Nizza. 84 morti, ottanta-quattro, tra cui bambini, causati da una sola persona che ha utilizzato il “metodo palestinese”: lanciarsi a tutta velocità con un automezzo contro i pedoni. Una tipologia di attentati ultimamente di moda in Israele, assieme agli accoltellamenti. E’ la cosiddetta “Intifada dei coltelli” esportata.
Bouhlel aveva ben chiara l’idea di fare una strage. All’interno del camion sono state trovate armi, persino esplosivi. Egli stesso era armato alla guida, avendo risposto al fuoco della polizia. In un video, si vede un agente in scooter che tenta di fermarlo, sparando, ma viene ucciso dal terrorista, il quale poi forzerà la zona pedonale e proseguirà la sua folle corsa per centinaia di metri lungo la Promenade des Anglais, facendo saltare i corpi come birilli, sterzando in continuazione per colpirne il più possibile.

Continuerà, passando sopra alle persone, con gli occhi spiritati e intrisi di odio. Perché lui odiava la Francia e voleva uccidere tutti. In nome dell’Islam e di Allah.

https://www.youtube.com/watch?v=bjtWaQX7EVQ

Ci diranno che la religione non c’entra nulla, anche se è sempre il movente. Che si tratta di un gesto isolato, anche se la somma di tutti questi casi singoli comincia a essere inquietante. Che è colpa nostra, che non abbiamo saputo integrare e abbiamo commesso troppi errori in politica estera. Parleranno delle crociate, del colonialismo, del capitalismo, dell’occidente cattivo. Del razzismo e dell’islamofobia.
Questa volta, però, nessuno ascolterà più. Perché quelle immagini, quei corpi straziati, quel pupazzetto di peluche di fianco ad un cadavere coperto, presumibilmente di una bambina, ci suscitano rabbia e pietà.

C_2_articolo_3020346_upiImagepp (1)Non è più tempo di politicamente corretto.
L’Europa è nella stessa situazione di Israele, quel Paese pluri-sanzionato dall’Onu perché si difende. Purtroppo, però, al momento Bruxelles, Parigi, Berlino non sono in grado di adottare le contromisure che adotta Gerusalemme. Per incapacità tecnologica, per ideologia, per masochismo. Diciamolo pure: l’Europa è in serio pericolo. Ogni attentato è un campanello d’allarme che non fa altro che dimostrarne l’impotenza.
In bocca al lupo, Vecchio Continente.

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