Interviste

“Atto politico contro Israele”. Il deputato Massimo Parisi scuote il governo sulle etichettature

Massimo Parisi, deputato di Ala, ha presentato un’interpellanza – discussa venerdì mattina – sull’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani. “Un atto politico contro Israele”, l’ha definito Parisi, che ha fortemente criticato la scelta dell’Ue chiedendo anche una presa di posizione da parte del governo italiano. “Un provvedimento che avrà conseguenze negative più che positive perché penalizzerà tutti i prodotti israeliani, penalizzerà gran parte dei 500mila israeliani che abitano i territori, e penalizzerà soprattutto le decine di migliaia di palestinesi impiegate nelle aziende di quelle aree”.
Cosa farà il governo? Non applicherà la norma in quanto l’atto non è vincolante? Si attiverà per chiedere l’etichettatura anche dei prodotti provenienti da tutte le altre aree contese nel mondo?
Alla fine, dal governo non sono arrivate le parole chiare e nette auspicate nell’interpellanza.
Ne abbiamo parlato con l’onorevole Parisi.

parisiOnorevole Parisi, cosa ha chiesto nella Sua interpellanza?
L’interpellanza è un atto chiaramente politico, essendo quella delle etichettature dei prodotti degli insediamenti israeliani una normativa interpretativa di una direttiva della Commissione Europea. Ho posto tre domande: innanzitutto quale fosse l’opinione del governo italiano, ma era una domanda retorica, visto che anche se non è emerso né è stato pubblicizzato, pure il governo italiano ha chiesto l’etichettatura. Nella lettera inviata all’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri c’era la firma di 15 ministri degli Esteri, tra cui quella dell’italiano Gentiloni. Quindi non tutti i Paesi Ue hanno firmato quella lettera, ma l’Italia sì.
La seconda questione che ho posto, siccome l’Ue ha dato indicazioni marginali, verteva su come l’Italia avrebbe recepito la direttiva. Ho chiesto cosa intendesse fare il governo.
La terza domanda è stata la più provocatoria: ho voluto chiedere se il governo italiano fosse intenzionato ad attivarsi per chiedere l’etichettatura dei prodotti provenienti dal Sahara Occidentale, dal Tibet e dai territori contesi di tutto il mondo.

Lei ha detto anche che quello dell’etichettatura non va minimizzato perché non è un atto tecnico-burocratico, ma un atto politico contro Israele. Spieghi meglio.
Non si tratta del solito atto tecnico-burocratico dell’Ue perché risponde ad una richiesta di carattere prettamente politico. Nella lettera che spiega le motivazioni secondo cui i prodotti provenienti dai territori contesi andrebbero etichettati si fa riferimento a concetti quali “Israele comportandosi così minaccia la pace”.
Purtroppo la politica estera europea, che si divide su tutto, ha trovato un accordo solo contro Israele. E l’ha fatto con un rappresentante italiano. Le firme italiane sono quindi due: prima quella di Gentiloni nella lettera, poi quella di Mogherini che l’ha accettata.
Nel 2013 era stata inviata la stessa lettera, ma Catherine Ashton, Alto Rappresentante degli Affari Esteri prima della Mogherini, l’aveva rifiutata.

L’Ue è in emergenza, dopo gli attentati in Francia. Potrà finalmente capire la posizione e il ruolo di Israele?
Non sembra proprio, visti i risultati. Mi sembra evidente che nella sinistra non solo italiana, ma anche europea, scatti un riflesso condizionato quando si parla di Israele.
In un momento in cui si tenta un riavvicinamento tra Usa e Russia, tra Ue e Russia, si tiene invece lontano Israele. Una follia.

Come valuta quindi in generale l’atteggiamento dell’occidente nei confronti di Israele?
I rapporti sono ai minimi termini, come ha ammesso persino la sottosegretaria allo Sviluppo economico Simona Vicari dicendo l’unica cosa che ho condiviso della sua risposta alla mia interpellanza. Sono ai minimi termini i rapporti tra Usa e Israele e tra Ue e Israele, ma non per scelta o per colpa di Israele.
Questo è pericoloso, perché Israele è un Paese che deve restare agganciato all’occidente, anche e soprattutto per i valori che rappresenta. La situazione in quell’area è pericolosa ed è ancora più pericoloso isolare Israele, unica democrazia del Medio Oriente.

Lei è stato molto critico nei confronti di Federica Mogherini e della politica estera europea. Qual è la Sua opinione?
Dando un giudizio di ordine generale, posso dire che la scelta di Federica Mogherini a mio avviso è stata sbagliata. I fatti lo stanno confermando. Bisogna anche dire che non c’è una politica estera dell’Unione: il presidente francese Hollande dopo gli attentati di Parigi fa il giro delle capitali ma non va dalla Mogherini.
Poi c’è la questione Pd: molti esponenti del partito hanno firmato l’appello del Foglio contro l’etichettatura dei prodotti. Ma bisogna anche guardare quello che fanno le alte sfere. Gentiloni poteva sicuramente evitare di firmare quella lettera.

Torniamo alla Sua interpellanza: è soddisfatto della risposta del governo?
Mi sono dichiarato insoddisfatto. La risposta è stata totalmente burocratica, con le solite argomentazioni preparate ad hoc. E’ stato fatto riferimento ad un “inesistente impatto pratico” di queste etichettature.
Il governo si è dichiarato contrario al boicottaggio dei prodotti israeliani, e ci mancherebbe altro. Neppure alla provocazione sulle etichettature dei prodotti provenienti da altri territori contesi è stata data una risposta. O meglio, la risposta è stata “Intanto non importiamo nulla da lì”.
Ma il vino che prendo da un negozio kosher a due metri da casa avrà come etichetta “made in Israel” o “made in settlement”?

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