Editoriali

Avvelenare il pozzo mentre il paese è in guerra

C’è una sola democrazia in cui i giudici hanno un potere pressoché assoluto, è questa è Israele. Oggi, con la decisione di bocciare la legge sul principio di ragionevolezza, il criterio altamente soggettivo in base al quale i giudici hanno il diritto di cassare le leggi dell’esecutivo, e che la Knesset aveva emendato a luglio per limitarne l’estensione, i giudici si pongono al di sopra del Parlamento e delle Leggi Base.

Le Leggi Base che compongono in assenza di una Costituzione scritta l’architettura costituzionale del paese, con questa decisione, di fatto diventano subordinate alla magistratura mentre il governo si trasforma in uno sterile luogo di discussione, sul quale i magistrati vigilano e legiferano.

A commento della sentenza, il giudice della Corte Suprema David Mintz, facente parte della minoranza, ha affermato quanto di più evidente, che essa “mina i principi democratici fondamentali inclusa la separazione dei poteri”.

Si consuma così la lunga battaglia che per nove mesi consecutivi ha portato migliaia di persone in piazza contro il governo in carica accusato di volere imbavagliare la magistratura con la sua riforma della giustizia e di condurre il paese verso una dittatura.

Otto giudici sui quindici componenti della Corte Suprema hanno bocciato la legge evidenziando una netta spaccatura. La gravità della decisione non sta solo nel fatto che il Parlamento ne esce umiliato, ma che essa avvenga mentre Israele si trova a combattere una guerra esistenziale.

Si tratta di una decisione squisitamente politica il cui obiettivo è quello di colpire Netanyahu e l’esecutivo da lui guidato con il rischio cinico e calcolato di spaccare il paese di nuovo in due, incendiando le piazze. Ma l’ex presidente della Corte, Esther Hayut, tra le più veementi avversatrici della riforma della Giustizia non poteva aspettare oltre, in quanto, da metà gennaio, entrata in pensione, non avrà più la facoltà di potere esprimere il suo voto su istanze poste alla sua attenzione quando era ancora in carica e insieme a lei la sua collega Anat Baron. http://www.linformale.eu/colpo-di-mano/

Se avesse atteso, inevitabilmente l’equilibrio della Corte non avrebbe più pesato a favore della bocciatura della legge, bisognava quindi fare in fretta, avvelenare il pozzo, e così è stato.

Non si poteva scegliere momento più nefasto, ma laddove prevalgono unicamente logiche di potere e accecamento ideologico, nessuna altra considerazione tiene.

 

 

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