Islam e Islamismo

Come l’Italia è diventata un focolaio dell’estremismo e del terrorismo palestinese/seconda parte

La sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila che ha respinto l’estradizione del terrorista palestinese e capofila delle Brigate al-Aqsa Yaeesh Anan non va interpretata come un caso isolato, ma va inserita in una serie di strani fatti accaduti in Italia iniziati subito dopo l’eccidio del 7 ottobre che hanno coinvolto diversi soggetti legati alle reazioni al conflitto tra Hamas e Israele. Per comprendere meglio quanto sta accadendo è bene procedere con ordine, esponendo le questioni più rilevanti relative ai cinque casi e traendo infine alcune riflessioni conclusive sulla questione.

5. La cellula delle Brigate al-Aqsa “Tulkarem Unit” pianifica attacchi in Israele dal suolo italiano 

All’inizio di gennaio del 2024, le autorità israeliane hanno chiesto l’estradizione di Anan Yaeesh, membro delle Brigate al-Aqsa, 37 anni, originario di Nablus e leader dell’“Unità Tulkarem”.

Anan è stato quindi arrestato alla fine di gennaio 2024, mentre altri due palestinesi, Irar Ali Saji Ribhi e Doghmosh Mansour, sono stati arrestati lo scorso fine settimana dalla polizia italiana in relazione al caso di Anan.

Anan ha una lunga storia di coinvolgimento nel terrorismo palestinese: ha trascorso anni in prigione in Israele per una serie di attentati contro obiettivi israeliani, per avere preso parte alla Seconda Intifada ed è stato addirittura espulso dai servizi segreti di Fatah, dove prestava servizio dal 2002 al 2005, per questioni legate al terrorismo. Nel settembre del 2005 venne arrestato dalla polizia palestinese e rinchiuso nel carcere di Gerico da dove evase sei mesi dopo.

Nel 2013 è fuggito in Norvegia grazie a un visto ottenuto dall’ambasciata norvegese a Ramallah ma, nel 2017, dopo diversi tentativi falliti di ottenere lo status di protezione internazionale sia in Norvegia che in Svezia, gli è stato chiesto dalle autorità di Oslo di partire. Pur essendo sprovvisto di passaporto e carta d’identità (trattenuti dalle autorità norvegesi), è riuscito a trovare ospitalità in Italia dove ha rivelato tutto il suo passato alle autorità italiane in un colloquio con la DIGOS della polizia dell’Aquila nell’ottobre 2017.

Nonostante la sua richiesta di protezione internazionale sia stata respinta dal Tribunale di Bari (per questioni di pubblica sicurezza), è riuscito comunque a ricevere lo status di “protezione speciale”.

Durante la sua permanenza in Italia, dall’ottobre 2017 ad oggi, è riuscito ad aprire otto conti bancari, nonostante il suo status di disoccupato, e a comunicare via Whatsapp con il comandante in capo della Brigata al-Aqsa, Mounir al-Maqdah, e altri esponenti chiave della organizzazione terroristica, utilizzando sempre semplici strumenti di social media come Whatsapp, Facebook e Telegram.

Anan e due soci stavano pianificando una serie di attacchi terroristici sul suolo israeliano contro i politici israeliani e il gabinetto di guerra e stavano anche organizzando un attacco armato contro l’insediamento israeliano di Avnei Hefetz. L’assalto avrebbe dovuto svolgersi in stile 7 ottobre, con telecamere posizionate su fucili e copricapo per filmare tutto a scopo di propaganda.

La scorsa settimana, il Tribunale d’Appello dell’Aquila ha respinto la richiesta di estradizione di Israele, affermando che:

“Anan potrebbe essere sottoposto a trattamenti crudeli, inumani o degradanti, o comunque ad atti che costituiscono una violazione dei diritti umani”, indicando inoltre che “le carceri israeliane sono caratterizzate da sovraffollamento, violenza fisica, cattive condizioni igieniche e mancanza di assistenza sanitaria aggravato dal conflitto in corso”.

Come se Israele fosse una “repubblica delle banane” e l’Italia non avesse problemi di sovraffollamento delle carceri, violenza e suicidi.

Le autorità italiane erano chiaramente consapevoli della sua presenza, della sua militanza al-Aqsa. Cosa sarebbe successo se Israele non avesse richiesto il suo arresto e la sua estradizione? Com’è possibile che Anan abbia potuto ottenere tali permessi di soggiorno, operare in Italia, aprire otto conti bancari con flussi di denaro nonostante fosse disoccupato? Non è stata alzata alcuna bandiera rossa?

Negli atti giudiziari si legge inoltre che “dopo i fatti avvenuti in Israele il 7 ottobre 2023, la DIGOS ha intensificato l’attività di monitoraggio per individuare individui preoccupanti per la sicurezza nazionale e ha individuato Anan Yaeesh come potenziale autore di progetti di natura terroristica potenzialmente in grado di prendendo di mira anche interessi e siti sul territorio nazionale”.

Tuttavia, Anan è entrato in Italia nel 2017 e le autorità italiane sapevano della sua presenza almeno dal 31 ottobre di quell’anno. Anan sapeva di essere sorvegliato dal governo, come rivela a un interlocutore durante una telefonata. Ciò nonostante, non si preoccupa di utilizzare Facebook, Whatsapp e Telegram per comunicare con i membri chiave e i leader delle Brigate al-Aqsa in Cisgiordania e Libano.

Alcune considerazioni

Per riassumere e concludere, due dei casi sopra descritti includono: un attivista palestinese che ha difeso Hamas, ha glorificato il fabbricante di bombe Yahya Ayyash e ha utilizzato il pulpito della sua moschea per attaccare verbalmente Israele e l’Occidente; un predicatore pakistano che ha usato sistematicamente il pulpito della sua moschea per attaccare verbalmente Israele e l’Occidente e che ha fatto dichiarazioni molto gravi e offensive durante una manifestazione di piazza urlando alla folla con il microfono in mano.

Per comprendere la gravità della situazione è necessario fare un semplice paragone e immaginare che, se quanto detto e quanto accaduto, fosse stato in relazione a organizzazioni terroristiche come Isis, al-Qaeda, le conseguenze sarebbero state diverse?

Tuttavia, Hamas è classificata come organizzazione terroristica nell’UE, proprio come al-Qaeda e ISIS, quindi non è chiaro il motivo per cui non sono stati presi provvedimenti, a differenza dei casi precedenti relativi a persone che diffondevano propaganda e incitamento a favore del terrorismo di matrice islamica. L’impressione che se ne trae è che, trattandosi di casi che riguardano la cosiddetta “causa palestinese”, venga applicata una maggiore tolleranza.

Il caso del cartello “Free Gaza from Hamas” è un altro fatto preoccupante e inspiegabile, innanzitutto perché si trattava di un cartello contro un’organizzazione terroristica (riconosciuta come tale dall’UE) esposto all’interno di una proprietà privata; questo gesto non infrange alcuna legge e, anzi, è una manifestazione di libero pensiero sancito dalla Costituzione italiana.

È legale che gli agenti della DIGOS in borghese entrino in una abitazione privata senza invito né mandato, ne identifichino il proprietario e cerchino di sequestrare qualcosa che gli appartiene? (In questo caso un cartello in cartone contro un’organizzazione terroristica). Un comportamento del genere non è intimidatorio?

Tutto questo avveniva, mentre sotto quell’edificio si svolgeva una manifestazione anti-israeliana non autorizzata, nel Giorno della Memoria dell’Olocausto; tra i manifestanti, lo stesso individuo che ha definito “Hamas” una resistenza e ha glorificato sul suo profilo Facebook il creatore di bombe di Hamas Yahya Ayyash.

In relazione al caso di Dani Moi’d, il palestinese che lanciò bombe molotov contro il consolato americano a Firenze, un aspetto interessante emerso è come i media mainstream lo abbiano subito presentato come “giordano”, mentre si è poi scoperto che era di fatto palestinese.

Perché tutto questo sforzo perché non  apparisse che fosse palestinese? Inoltre, perché il caso ha improvvisamente smesso di ricevere l’attenzione dei media dopo pochi giorni?

E infine il caso di Yaeesh Anan e della cellula di al-Aqsa che pianifica attentati in Israele dal suolo italiano. Non è chiaro il motivo per cui, dopo essere stato espulso dalla Norvegia e dalla Svezia (paesi notoriamente ospitali nei confronti dell’immigrazione), sia riuscito a ottenere un permesso di soggiorno in Italia nonostante avesse raccontato il suo passato alle autorità italiane quando ha raggiunto il paese nell’ottobre 2017. Come abbia potuto aprire otto conti bancari risultando disoccupato? (In uno dei conti sono stati rinvenuti oltre 95.000 euro). Perché ha comunicato con il comandante in capo delle Brigate al-Aqsa, Mounir al-Maqdah e con altri membri in Cisgiordania utilizzando strumenti facilmente intercettabili come Whatsapp, Telegram e Facebook? In una conversazione telefonica ha detto al suo interlocutore di essere consapevole di “essere monitorato dal governo”.

Vale la pena ricordare che venne arrestato dopo una richiesta di estradizione da parte di Israele. Cosa sarebbe successo se Israele non fosse intervenuto? Perché la Corte d’Appello dell’Aquila ha rifiutato l’estradizione? L’affermazione relativa alle condizioni delle carceri israeliane non convince.

È già stato chiarito che Anan e Hannoun hanno ricevuto il sostegno di personaggi politici italiani di sinistra come Laura Boldrini, Nicola Fratoianni, Michele Piras e Stefania Ascari, come indicato in moltissimi casi dalla stampa italiana, e questo sicuramente aiuta; ma tutta questa situazione non sembra avere una connotazione esclusivamente politica.

Presi singolarmente, questi casi potrebbero non sembrare troppo significativi ad alcuni, ma una volta sommati, collegati tra loro, sollevano molte domande. L’impressione è che le cose vengano gestite diversamente rispetto ai casi riguardanti Isis o al-Qaeda perché in gioco c’è la “causa palestinese”.

Ma perché? Dopotutto, il governo di destra guidato da Meloni ha mostrato sostegno a Israele, a differenza di quello di sinistra. L’Italia ha addirittura sospeso i finanziamenti all’UNRWA, a differenza di altri paesi europei.

Il rifiuto di estradizione di Anan potrebbe anche avere motivazioni ideologiche in un Paese in cui l’ideologia di sinistra in ambito giudiziario è ben nota, e si tratta anche di una decisione temporanea, poiché il processo deve ancora arrivare in Cassazione che potrebbe ribaltare l’intera questione e dare il via libera all’estradizione.

È possibile che questo approccio morbido alla causa palestinese abbia una fonte più profonda e sia legato ad accordi clandestini di intelligence?

La dottoressa Francesca Musacchio, esperta di terrorismo islamico in Italia, nel suo libro “La Trattativa Stato-Islam” scrive dei negoziati tra le autorità italiane e i rappresentanti islamici. Vengono presi in esame due punti molto interessanti: il primo è il fatto che l’Italia, a differenza di Francia, Regno Unito, Germania, Belgio e Spagna, non ha mai subito attacchi da parte di organizzazioni terroristiche islamiste. Il secondo è il cosiddetto “Lodo Moro”, un accordo, voluto dopo la strage di Fiumicino del 17 dicembre 1973 dal ministro degli Esteri Aldo Moro, con il quale l’Italia garantiva ai palestinesi – aiutati da gruppi eversivi italiani – libertà di passaggio di armi e esplosivi sul territorio nazionale; in cambio i palestinesi garantirono che non avrebbero effettuato attentati sul suolo italiano.

Nel capitolo 5 de “Il negoziato Stato-Islam”, Musacchio cita gli scritti dell’ex generale Antonio Cornacchia nel libro “Airone 1, Retroscena di un’Epoca” dove l’autore ipotizza se possa essere possibile che una sorta di “Lodo Moro” sia attualmente attivo tra gli islamisti:

“…L’Italia sarebbe l’unico Paese, e non solo in Europa, a essere al sicuro dagli attacchi di al Qaeda e delle galassie islamiche radicali, compresi i talebani, Hezbollah, Hamas, magari avendo come contropartita quella tolleranza storica e moro-cristiana verso gli imam, moschee e ogni centro di agitazione radicale”?

Insomma, tutto quanto esposto potrebbe andare oltre i diversi governi che vanno e vengono? Oltre la semplice ideologia? Potrebbe trattarsi di qualcosa di radicato nei meccanismi interni di accordi rischiosi siglati con interlocutori inappropriati e messi in opera da apparati statali profondi? In questo caso, a spese di Israele? Potrebbe anche essere che all’interno di alcune istituzioni italiane ci sia un sentimento anti-israeliano?

Tutti i dubbi sono legittimi e tutte le riflessioni sono utili. Come disse Giulio Andreotti che se ne intendeva: “A pensare male si fa peccato, ma molto spesso si indovina”.

https://www.thewashingtonoutsider.com/how-italy-became-a-hotbed-for-palestinian-extremism-and-terrorism/ 

Traduzione di Niram Ferretti

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