Israele e Stati Uniti

Il progetto americano e la necessità della vittoria

Con estremo nitore, alla luce del giorno, si incastrano ormai tutti i pezzi del mosaico. L’Amministrazione Biden, che fin dall’esordio della guerra di Israele contro Hamas, ha cercato di commissariarla, ed in buona parte ci è riuscita, sta ora approntando gli ultimi dettagli per la sconfitta dello Stato ebraico.

Il testo che è stato presentato ieri al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ne rappresenta con sigla notarile la certificazione. Il testo, in nessuno dei suoi paragrafi sottolinea che Hamas deve essere sconfitto e rimosso da Gaza, ed è questo esattamente il punto del contendere, che ha causato l’altro ieri l’ennesima presa di posizione di Netanyahu, il quale, dopo le indiscrezioni trapelate secondo le quali l’accordo prevede la fine della guerra senza lo smantellamento di Hamas a Gaza, ha ribadito che l’obiettivo principale della guerra in corso è sempre questo.

Il problema è che non è l’obiettivo americano e non lo è mai stato fin dal principio al di là delle dichiarazioni ufficiali. L’obiettivo americano è infatti quello di implementare uno Stato palestinese imponendolo a Israele e, a questo scopo, può cinicamente considerare un governo Fatah-Hamas a Gaza, come un male necessario. Questo tassello fa parte di una strategia geopolitica più ampia che, nei fatti, è la continuazione del programma intrapreso da Barack Obama e che consiste nel trovare una intesa regionale con l’Iran a totale discapito della sicurezza dello Stato ebraico.

Ieri, Gadi Taub, uno dei più acuti analisti politici israeliani, lo ha riassunto:

“Dal momento in cui questa amministrazione è entrata alla Casa Bianca e ha iniziato a negoziare con gli iraniani su un nuovo accordo nucleare, hanno operato sulla base dell’assunto che l’Iran possa essere placato. Per questo hanno sbloccato circa 100 miliardi di dollari attraverso l’allentamento delle sanzioni, per questo hanno rimosso gli Houthi dall’elenco delle organizzazioni terroristiche, per questo hanno imposto a Israele un cattivo accordo con Hezbollah nel Mediterraneo, e per questo ora stanno cercando di imporci un altro accordo che salverà Hezbollah da una guerra totale…Come parte degli sforzi per placare l’Iran, gli americani stanno cercando in ogni modo di soddisfare la sua richiesta di porre immediatamente fine alla guerra a Gaza”.

La guerra deve finire per consentire a Biden di non avere una spina nel fianco durante la campagna elettorale che entrerà nel vivo nei prossimi mesi, e perché, in questo modo, si rafforzerà il programma di Obama per il Medioriente, che, dopo il clamoroso fallimento delle primavere arabe da lui promosse, si incardina su due punti: l’ammorbidimento totale nei confronti dell’Iran, di cui l’Amministrazione Biden ha dato ampie prove, e la nascita di uno Stato palestinese in Cisgiordania, che per l’Iran si trasformerebbe presto in un suo avamposto nel cuore di Israele. Perché questo disegno giunga a compimento gli strumenti a disposizione sono diversi e tutti in azione da mesi: la pressione internazionale spinta dalla Casa Bianca, le risoluzioni ONU, i costanti freni posti alla guerra in corso che hanno fortemente limitato l’operatività militare israeliana all’interno della Striscia, l’isteria mediatica costruita a tavolino contro una operazione su larga scala a Rafah dove Hamas è ancora forte, e non ultimo, l’appoggio interno in Israele da parte dell’opposizione allo scopo di fare cadere il governo Netanyahu e rimuovere gli ostacoli più forti alla realizzazione del progetto, ovvero, più che Netanyahu stesso, le formazioni ultranazionaliste guidate da Bezalel Smotrich e Itmar Ben Gvir.

Siamo al cospetto di un programma micidialmente avverso agli interessi di Israele, che, se si realizzasse, ne metterebbe seriamente in mora la sicurezza presente e quella futura. Per sventarlo non c’è che una sola strada, proseguire fino alla fine l’offensiva a Gaza, cercare, se possibile, di liberare il più alto numero di ostaggi, ma soprattutto sconfiggere Hamas, cioè vincere.

Solo una Striscia demilitarizzata da Hamas, delegato iraniano, può garantire a Israele di ristabilire la propria capacità di deterrenza dopo la catastrofe del 7 ottobre, arginare le spinte espansionistiche iraniane, e riabilitare la propria immagine fortemente lesionata. Si tratta esattamente di quello che l’Amministrazione Biden non desidera che accada.

Gli uomini che a Washington si occupano del dossier mediorientale, quasi tutti funzionari dell’ex presidente Obama, hanno bisogno di un Israele ridimensionato, ammansito, che non faccia troppa paura all’Iran, convinti che in questo modo il regime islamico assumerà una postura meno aggressiva. Si tratta di una prospettiva che capovolge la realtà dalle sue fondamenta. È vero esattamente il contrario. Solo un Israele forte e determinato a difendersi in modo risoluto può determinare la stabilità regionale necessaria, tenendo a bada l’Iran e i suoi pericolosi delegati. Solo un Israele forte e temuto può garantire la stabilità regionale in quella che è una delle regioni più politicamente instabili del globo. Infine, sempre e solo un Israele forte e temuto può fare da argine all’estremismo islamico, costituendo e garantendo di preservare nella regione i valori occidentali che esso incarna: libertà, democrazia e pluralismo.

 

Torna Su