Diritto e geopolitica

Il ruolo degli Stati Uniti alla Conferenza di Sanremo

A cento anni esatti – 25 aprile 1920 – dalla risoluzione con la quale si chiudeva la Conferenza di Sanremo ritorna d’attualità la decisione dell’amministrazione Trump di dichiarare legittima la presenza ebraica in Giudea e Samaria.

Ciò che fu sancito a Sanremo e attuato con il Mandato di Palestina, dal punto di vista del diritto internazionale, è proseguito con la creazione dello Stato di Israele.

A Sanremo, come ancora oggi, gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo di primo piano nelle decisioni che portarono al nuovo assetto del Medio Oriente nato dallo smembramento dell’Impero ottomano.

La Conferenza di Sanremo fu tenuta dal Supremo Consiglio delle Potenze alleate per conto della Società delle Nazioni (l’ONU del tempo) per dare sistemazione ai territori appartenuti all’Impero ottomano in vista della loro indipendenza.

Il Supremo Consiglio era composto dalla 4 principali potenze dell’epoca: Gran Bretagna, Francia, Giappone e Italia. A loro si aggiunsero gli Stati Uniti su espresso invito del Supremo Consiglio.

Gli Stati Uniti pur essendo stati i principali promotori della neo costituita Società delle Nazioni non ne facevano parte, preferendo una politica isolazionista nelle questioni internazionali. Ma essendo la più importante potenza uscita vincitrice della Prima guerra mondiale ricopriva un ruolo primario per gli assetti mondiali.

Per questa ragione a Sanremo fu invitata la delegazione americana, composta dall’ambasciatore americano in Italia e dal suo staff, come membro “osservatore” della Conferenza. Ma il ruolo svolto alla conferenza fu tutt’altro che secondario. Infatti tutte le decisioni prese dal Supremo Consiglio furono elaborate, discusse e concordate con la delegazione americana. In special modo per quel che concerne la sistemazione del Mandato di Palestina e di Mesopotamia, oltre che il futuro assetto del regno del Hejaz – la futura Arabia Saudita – con i loro complicati risvolti politici ed economici.

La posizione americana fu di fondamentale importanza per superare lo stallo che si era creato tra francesi e britannici, con i primi arroccati nel voler far coincidere territorialmente i rispettivi mandati con le linee tracciate dall’ormai superato accordo Sykes-Picot del 1916. Principalmente due erano le questioni più dibattute: la collocazione del Vilajet di Mosul (la provincia di Mosul) e la definizione del Mandato di Palestina.

L’accordo Sykes-Picot prevedeva che la provincia di Mosul diventasse parte della Siria sotto influenza francese. Ma gli eventi della Prima guerra mondiale portarono a una ricollocazione di questo territorio, nel Mandato di Mesopotamia, sotto controllo britannico. Cosa che anche dal punto geografico ed etnico era logica. I francesi però non volevano assolutamente rinunciare alle risorse naturali presenti sul suo territorio: i pozzi petroliferi di Mosul erano i più importanti del tempo. Con la mediazione americana si trovò l’accordo che sancì l’inclusione del territorio di Mosul nel Mandato di Mesopotamia con relativa compensazione tramite il riconoscimento, alla Francia, del 25% delle azioni della nuova compagnia petrolifera irachena. Questo accordo è noto come “Sanremo oil Agreement” e fu sottoscritto durante la Conferenza.

La questione relativa al territorio della Palestina non aveva risvolti economici – non c’erano materie prime di interesse – ma politici e religiosi molto sentiti. Anche in questo caso gli USA giocarono un ruolo decisivo per il futuro assetto. Infatti come per la Mesopotamia i francesi volevano ottenere il rispetto dell’accordo Sykes-Picot – sebbene il governo francese avesse riconosciuto ufficialmente la dichiarazione Balfour fin dal 1918 – che prevedeva per la Palestina un territorio sotto mandato internazionale mentre alla Francia rimaneva il protettorato dei luoghi santi cristiani come previsto dai Capitolati attenuti dai turchi. Alla Gran Bretagna era affidato il porto di Haifa.

Come si evince dai verbali della conferenza, un duro lavoro diplomatico (mediato da Italia e USA) che durò per due interi giorni (il 24 e il 25 aprile) portò alla stesura della dichiarazione finale, che divenne vincolante per il diritto internazionale, che prevedeva l’obbligo per la comunità internazionale di portare a compimento i due principi costituenti il Mandato di Palestina: 1) l’art. 22 dello statuto della Società delle Nazioni che prevedeva, per le popolazioni che erano state soggette al dominio ottomano una forma statuale amministrata direttamente dalla Società delle Nazioni tramite l’istituzione dei mandati affidati a Francia e Gran Bretagna (mandati di classe A; 2) l’attuazione della dichiarazione Balfour che prevedeva la creazione di uno Stato per il popolo ebraico. Da questo momento la Dichiarazione Balfour, ufficialmente accettata, divenne vincolante per il diritto internazionale e fu così inserita integralmente nel trattato di pace di Sevres (all’art. 95) e nel preambolo del definitivo Mandato britannico di Palestina (1922) confermato poi dal trattato di pace di Losanna (1923). Inoltre a Sanremo fu chiarito, da tutte le delegazioni, che la Dichiarazione Balfour conteneva già tutte le rassicurazioni sui diritti delle popolazioni non ebraiche, come ben specificato nella bozza approvata durante la conferenza.

In conclusione si può affermare, ad un secolo esatto dalla Conferenza di Sanremo, che l’amministrazione Trump con il pieno riconoscimento del diritto del popolo ebraico a risiedere in Giudea e Samaria – la così detta “dottrina Pompeo” – ne ha ribadito le radici giuridiche nate a Sanremo e mai venute meno.

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