Diritto e geopolitica

Il significato dell’Articolo 80 dello Statuto ONU

L’articolo 80 dello Statuto dell’ONU è un articolo di fondamentale importanza per la nascita dello Stato di Israele ed è la chiara dimostrazione della continuità, nel diritto internazionale, del diritto legale del popolo ebraico alla terra di Israele. Questo diritto fu riconosciuto formalmente e in maniera vincolante, un prima volta, con la Conferenza di Sanremo del 1920 e ribadito con un trattato internazionale – il Mandato per la Palestina del 1922 – e riconfermato con un altro trattato internazionale: lo Statuto delle Nazioni Unite nato alla fine della Conferenza di San Francisco del 1945.

In pratica, l’Art. 80 è la più importante prova scolpita nel diritto internazionale della legittimità della nascita dello Stato di Israele a discapito della falsa e cinica affermazione che Israele sia nato come “riparazione” per la Shoah e per di più a scapito di un altro popolo, che tra l’altro ancora non esisteva come tale.

Ora ne vediamo molto brevemente la genesi e gli aspetti legali principali.

Questo è il testo completo:

Articolo 80

  1. Salvo quanto possa essere convenuto in singole convenzioni di amministrazione fiduciaria, stipulate a norme degli Articoli 77, 79 e 81, per sottoporre ciascun territorio al regime di amministrazione fiduciaria, e fino a quando tali convenzioni non siano state concluse, nessuna disposizione di questo capitolo deve essere interpretata in maniera da modificare in alcun modo i diritti di uno Stato o di una popolazione, o le disposizioni di atti internazionali vigenti, di cui siano parte Membri delle Nazioni Unite.
  2. Il paragrafo 1 di questo articolo non deve essere interpretato in modo da dar motivo a ritardo o rinvio della negoziazione e stipulazione di convenzione per sottoporre al regime di amministrazione fiduciaria dei territori sotto mandato, o altri, secondo quanto è previsto dall’articolo 77.

La prima considerazione che si può fare leggendo il testo dell’articolo è che bisogna conoscere bene la genesi che ne ha portato alla formulazione e di cui il testo è l’estrema sintesi in termini legali. Sintesi di un grande lavoro giuridico, politico ed etico, che ha preceduto la formulazione di tutto lo Statuto dell’ONU.

Nell’aprile del 1945 – quando si aprì la Conferenza di San Francisco – la delegazione dell’Agenzia Ebraica di Palestina sottopose al comitato che doveva redigere lo Statuto ONU un proprio memorandum relativo al diritto del popolo ebraico alla terra di Israele (Eretz Israel). Si qui può già fare una prima considerazione: il fatto stesso che una delegazione dell’Agenzia Ebraica di Palestina fosse titolata a portare avanti le istanze del popolo ebraico in una conferenza internazionale è la dimostrazione del riconoscimento che essa aveva tra gli Stati del mondo per poterlo fare. E’ la conferma della validità giuridica delle disposizioni del Mandato per la Palestina, nel cui testo all’Art. 4, 6 e 11 si riconosceva tale Agenzia come interlocutore della Potenza mandataria (Gran Bretagna) per attuare le disposizioni stesse del Mandato: la creazione di uno Stato per il popolo ebraico. Inoltre, dall’Art. 4 del Mandato si evince che l’Agenzia Ebraica è uno strumento creato ad hoc per questo scopo in accordo con la Gran Bretagna e l’Organizzazione Sionista che aveva partecipato alle trattative di pace di Versailles in qualità di rappresentante del popolo ebraico. Da ciò si desume la continuità del riconoscimento legale dal 1919 al 1945 presso la comunità internazionale, di queste organizzazioni ebraiche, il cui scopo è bene ribadirlo, era quello di creare assieme agli Stati del mondo (Conferenza di pace di Versailles, Mandato per la Palestina e Conferenza di San Francisco) una patria nella terra di Israele per il popolo ebraico. Perciò l’Art. 80 va posto in diretta relazione con gli Art. 6 e 11 del Mandato per la Palestina e quindi in rapporto al ruolo che l’Agenzia Ebraica aveva nell’insediamento ebraico della terra loro assegnata.

Per questo motivo l’Art. 80 rafforza e rende nuovamente vincolante – all’interno di un nuovo trattato internazionale – quanto era stato deciso già a Sanremo e reso operativo con il Mandato per la Palestina. Possiamo affermare “nuovamente vincolante” perché la posizione inglese, in qualità di potenza mandataria, nel corso degli anni ’30 aveva sempre più disatteso i propri compiti di “amministratore provvisorio” per conto del popolo ebraico. Tale politica illegale (in base all’Art. 27 del Mandato come vedremo più oltre) era sfociata nel 1939 nella pubblicazione del Libro Bianco con il quale, di fatto, si rendeva impossibile l’edificazione di uno Stato ebraico come previsto dal Mandato per la Palestina stesso.

Già nel corso del 1939 la Commissione Mandati della Società delle Nazioni aveva evidenziato questa grave violazione dei compiti assegnati alla Potenza mandataria e sottoposto la questione al Consiglio della Società delle Nazioni per dirimere il caso. Il Consiglio non si riunì a causa dello scoppio della Seconda Guerra mondiale. La questione fu ripresentata, come abbiamo sottolineato in precedenza, dall’Agenzia Ebraica con il proprio memorandum durante la Conferenza di San Francisco e le sue istanze furono accolte dagli Stati fondatori dell’ONU con l’Articolo 80 che ebbe una valenza universale per tutti i popoli ancora soggetti al regime mandatario. Alcuni mandati divennero indipendenti subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale senza passare dalla fase di “amministrazione fiduciaria” prevista dallo Statuto dell’ONU. Questi furono gli Stati sorti dai mandati di classe A ancora in vigore: il Libano (dichiaratosi indipendente nel 1943 ma formalmente riconosciuto indipendente nel 1946), la Sira nel 1946, la Giordania nel 1946 e Israele nel 1948. Tutti tranne il Regno di Giordania dovettero “cacciare” la Potenza mandataria. Per Israele ci fu anche la vittoria nella sanguinosa guerra di indipendenza contro il tentativo di invasione da parte di 5 eserciti arabi.

In fine la validità giuridica dell’Art.80 fu ribadita anche dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la Risoluzione 276 del 1970 in occasione della disputa con il Sud Africa che occupava, ormai illegalmente, il Mandato per la Namibia, diventato un’amministrazione fiduciaria dell’ONU come tutti i Mandati di classe B e C ancora in essere. La cosa fu confermata anche dalla Corte Internazionale di Giustizia (Namibia exception) nel 1971. La Namibia divenne indipendente solo nel 1990. Però il caso della Namibia “fece giurisprudenza”a riprova che tutte le disposizioni della Società delle Nazioni ancora aperte nel 1945 erano considerate valide e vincolanti.

Un’ultima considerazione la si può fare in merito alla nota – ma ben poco capita – Risoluzione 181 dell’Assemblea dell’ONU. Tale risoluzione ancor oggi è utilizzata da politici, giornalisti ed “esperti” per inventarsi una partizione (e dei confini) del territorio del Mandato per la Palestina che non ha mai avuto alcuna valenza legale. Per prima cosa l’Assemblea Generale non aveva – e non ha – il potere di abrogare una disposizione vincolante come quella sancita da un trattato internazionale, che, nel caso di Israele era ancora valido per il tramite dell’Art. 80 dello Statuto dell’ONU. Infatti un’attenta lettura della risoluzione stessa, lo fa capire chiaramente: in essa l’Assemblea Generale fa solamente una “raccomandazione” alla potenza mandataria e al Consiglio di Sicurezza per poter dirimere il contenzioso in atto tra la popolazione ebraica e la locale popolazione araba. Chi, invece, deteneva il reale potere decisionale di ultima istanza era il Consiglio di Sicurezza, e solo esso poteva prendere una decisione vincolante dopo aver ascoltato la popolazione locale (gli ebrei erano favorevoli ad una spartizione gli arabi no) e la Potenza mandataria. Questo si evince chiaramente dall’Art. 27 del Mandato per la Palestina (Art. 27: “Per qualsiasi modifica dei termini di questo mandato è richiesto il consenso del Consiglio della Società delle Nazioni”). Come specificato, in forza dell’Art. 80 le competenze della Società delle Nazioni furono assunte dall’ONU, e le competenze del Consiglio della Società delle Nazioni passarono al Consiglio di Sicurezza. Per cui, in ultima analisi, per essere vincolanti le decisioni prese dall’Assemblea Generale con la Risoluzione 181, dovevano avere l’assenso della popolazione locale (in primis quello degli ebrei e poi quello degli arabi), della Potenza mandataria (la Gran Bretagna) e in ultima istanza del Consiglio di Sicurezza. In pratica, però, mancando l’assenso degli arabi (che di tutta la catena decisionale erano la parte con meno potere legale ma di maggior “peso politico”) tutto il processo decisionale si interruppe e la risoluzione rimase lettera morta.

La successiva guerra civile, con tanto di invasione straniera, fu vinta dagli ebrei – i quali, in base alle disposizioni mandatarie, avevano la titolarità del territorio – che determinò lo Stato di Israele e in base al principio legale dell’ uti possidetis iuris ne aveva ereditato i confini mandatari. Infine, il suggello alla legalità del nuovo Stato fu posto dal Consiglio di Sicurezza (come sottolineato in precedenza in base all’Art. 27 del Mandato per qualsiasi modifica era richiesto il consenso del Consiglio di Sicurezza) che con la sua Risoluzione 69 del 1949 formalizzò l’indipendenza di Israele. Il procedimento legale iniziato a Sanremo nel 1920, nel 1949 trovò così la sua piena conclusione.

 

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