Editoriali

Il successo del civilizzazionismo occidentale | di Daniel Pipes

La schiacciante vittoria elettorale conseguita domenica 8 aprile da Victor Orbán, conquistando 134 dei 199 seggi nel parlamento ungherese, rafforza la sua super-maggioranza governativa e avalla la sua rigorosa politica contraria all’immigrazione illegale, specie ai flussi migratori provenienti dal Medio Oriente. Il suo successo drammatizza un nuova realtà esistente in tutta Europa e in Australia: la comparsa di un nuovo tipo di partito, che ha alterato la scena politica, suscitando un acceso dibattito.

Esempi di questo fenomeno vengono offerti da altri tre membri del gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) e dal governo austriaco formato quattro mesi fa. Geert Wilders, leader del Partito della Libertà (PVV) nei Paesi Bassi, vede l’Europa occidentale seguire il gruppo di Visegrád: “Nella parte orientale dell’Europa, i partiti contrari all’islamizzazione e alla immigrazione di massa registrano un crescente consenso popolare. L’opposizione è in aumento anche nella parte occidentale”.

In Francia, alle ultime elezioni presidenziali il Front National è risultato il secondo partito più votato; in Italia, una situazione farraginosa potrebbe portare a un governo di tipo Orbán, mentre i conservatori di Cory Bernardi e l’One Nation di Pauline Hanson hanno lasciato il segno sulla scena australiana. In effetti, i partiti di orientamenti affini sono diventati rapidamente una forza significativa in una ventina di paesi.

Un problema iniziale è come denominarli correttamente in linea generale. I media raggruppano neghittosamente questi partiti definendoli di estrema destra, ignorando i loro numerosi elementi di sinistra, specialmente nella politica economica e sociale. Chiamarli nazionalisti è sbagliato, perché non evocano chiamate alle armi né vantano pretese nei paesi vicini. Definirli populisti non coglie il senso, perché molti partiti populisti come La France Insoumise perseguono politiche pressoché opposte.

La cosa migliore è concentrarsi sui loro elementi chiave comuni: rifiutare di accogliere la massiccia ondata di immigrati, specie quelli musulmani. Anche gli immigrati non musulmani causano problemi, soprattutto quelli provenienti dall’Africa, ma solo fra i migranti musulmani c’è un programma, quello islamista, per rimpiazzare la civiltà occidentale con un modo di vita radicalmente diverso. Al contrario, questi partiti sono tradizionalisti con una visione filo-cristiana, europeista e filo-occidentale: sono civilizzazionisti. (Questa definizione ha inoltre il vantaggio di escludere partiti come il neonazista Golden Dawn, Alba Dorata, in Grecia, che disprezzano la tradizionale civiltà occidentale.)

L’opinione illuminata in genere reagisce con orrore ai partiti civilizzazionisti, e non senza motivo, perché hanno molti scheletri nell’armadio. Alcuni hanno origini dubbie. Sono composti per lo più da neofiti politici pieni di rabbia e in essi milita un numero spaventoso di estremisti anti-ebrei e anti-musulmani, di nostalgici nazisti, di bisbetici assetati di potere, di eccentrici economici, di revisionisti storici e di cospirazionisti. Alcuni offrono visioni antidemocratiche, anti-europeiste e antiamericane. Troppi – e soprattutto Orbán – hanno un debole per il dittatore russo Vladimir Putin.

Putin (a sinistra) e Orbán conversano amabilmente.

Ma i partiti civilizzazionisti offrono anche benefici significativi all’arena politica: realismo, coraggio, tenacia e una critica della civiltà, necessari, se l’Occidente deve sopravvivere nella sua forma storica. Pertanto, a differenza di molti amici e alleati, preferisco lavorare con la maggior parte dei partiti civilizzazionisti, promuovere una cooperazione cruciale, anziché optare per il rifiuto e l’emarginazione.

Sono quattro le motivazioni che guidano questa decisione. Innanzitutto, i partiti civilizzazionisti rappresentano una minaccia minore rispetto agli islamisti. Sono tradizionalisti e difensivi. Non sono violenti, non cercano di rovesciare l’ordine costituzionale. I loro errori sono correggibili. Probabilmente, sono meno pericolosi perfino dei partiti dell’establishment che hanno consentito l’immigrazione ed eluso le sfide islamiste.

In secondo luogo, questi partiti rispondono alle realtà politiche. Il fascino del potere ha già indotto alcuni partiti civilizzazionisti a maturare e a diventare moderati. Ad esempio, in Francia, il fondatore del Front National è stato espulso dal partito da sua figlia, a causa del suo persistente antisemitismo. Questo tipo di sviluppo comporta  lotte intestinedivisioni e altri drammi che, per quanto poco eleganti, fanno parte del processo di crescita e quindi hanno un ruolo costruttivo. Man mano che acquisiscono esperienza nel governare, i partiti si evolvono e maturano ulteriormente.

In terzo luogo, i partiti focalizzati sul civilizzazionismo non possono essere giudicati effimeri. Sono emersi rapidamente e la loro popolarità è in costante aumento perché rappresentano un’ampia corrente d’opinione sempre più forte. Dato che perseverano nell’obiettivo di acquisire il potere, è meglio che siano coinvolti e moderati piuttosto che demonizzati ed emarginati.

Infine, cosa più importante, i partiti civilizzazionisti hanno un ruolo chiave nel porre in primo piano le loro questioni, perché gli altri partiti in genere ignorano la sfida dell’immigrazione e quella islamista. I partiti conservatori tendono a trascurare tali problemi, in parte perché i loro sostenitori delle grandi imprese beneficiano della manodopera a basso costo. I partiti di sinistra molto spesso promuovono l’immigrazione e chiudono gli occhi sull’islamismo.

Per apprezzare il ruolo dei partiti civilizzazionisti, si mettano a confronto la Gran Bretagna e la Svezia, due paesi europei che si sono dimostrati poco rigorosi nell’affrontare le forme di islamismo culturalmente aggressive e vergognosamente violente. In assenza di partiti del genere, nel Regno Unito non si fa fronte a questi problemi; l’immigrazione e le incursioni islamiste continuano pressoché senza ostacoli. I premier possono fornire analisi eccellenti, ma le loro parole mancano di implicazioni pratiche, e non vengono affrontate questioni come le aggressioni sessuali perpetrate dalle bande.

La Gran Bretagna non ha un partito civilizzatore perché Nigel Farage ha deciso che l’UKIP non avrebbe affrontato l’immigrazione e l’islamismo.

Al contrario, nel paese scandinavo, il partito civilizzazionista svedese, i Democratici svedesi, avendo raddoppiato i propri voti ogni quattro anni dal 1998, ha sostanzialmente alterato la politica del paese al punto che i blocchi di destra e sinistra si sono alleati contro di esso. Se questa manovra è riuscita a escluderlo dal potere, sono già avvenuti alcuni cambiamenti politici e altri ancora potrebbero esserci, tanto più che un partito conservatore, quello dei Moderati, ha ventilato l’idea finora inconcepibile di cooperare con i Democratici svedesi.

E questo mostra un’altra implicazione: la presenza di un partito civilizzazionista in espansione esercita pressioni sui vecchi partiti di destra e sinistra. I conservatori, temendo la perdita di elettori a causa dei partiti civilizzazionisti, adottano delle linee politiche volte a mantenere il loro sostegno. In Francia, i Repubblicani si sono drasticamente mossi in questa direzione, prima sotto François Fillon e ora con il suo successore Laurent Wauquiez. In Germania, il Partito Democratico Libero ha abbandonato i negoziati per formare un governo con la cosiddetta “coalizione Giamaica” per lo stesso motivo. Angela Merkel potrebbe ancora essere cancelliera del paese, ma il suo ministro dell’Interno, Horst Seehofer, sta facendo del suo meglio per applicare le politiche civilizzazioniste.

I partiti di sinistra hanno inoltre iniziato a prendere atto della perdita di elettori, soprattutto quei lavoratori che tendono a essere economicamente e culturalmente in prima linea. I socialdemocratici danesi hanno indicato la strada quando la sua leader Mette Frederiksen ha dichiarato: “Vogliamo introdurre un tetto al numero di stranieri non occidentali che possono venire in Danimarca” e ha offerto un piano dettagliato, anche se grossolano. Il partito vorrebbe creare centri di accoglienza al di fuori dei confini europei.

Sì, riconosco le loro numerose colpe, ma i partiti focalizzati sull’immigrazione e sull’islamismo sono essenziali per l’Europa per evitare che essa diventi un’appendice del Nord Africa, e continui a far parte della civiltà occidentale che ha creato. Il fatto che essi sollevino la questione dell’immigrazione e quella islamista compensa le loro carenze. Questa valutazione mi induce a sollecitare una cooperazione con i partiti civilizzazionisti, anziché evitarli. In base alla mia esperienza, essi sono aperti alla discussione e all’apprendimento. Ad esempio, Anne Marie Waters, leader di For Britain, si concentra sulla legge islamica della sharia, apportando nuova chiarezza a problemi complessi.

Tornando a Viktor Orbán, nonostante le sue gravi lacune come leader democratico e il suo allineamento con Putin, il suo successo elettorale indica una reale e legittima preoccupazione esistente in Ungheria in merito all’immigrazione e all’islamizzazione, soprattutto dopo l’impennata di entrambe nel 2015-2016. Orbán conduce, ma gli altri non sono molto distanti. Prevedo che fra vent’anni i partiti civilizzazionisti probabilmente saranno diffusamente al governo; non meno importante è che le loro politiche avranno influenzato i loro rivali conservatori e di sinistra. Sarebbe assurdo cercare di ignorare o di ostracizzare questo movimento, molto meglio moderare, educare e imparare da esso.

Traduzione in italiano di Angelita La Spada

Qui l’articolo originale in lingua inglese

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