Lettere al giornale

Inadeguati ma non dimissionari

Da Emanuel Segre Amar presidente del Gruppo Sionistico piemontese riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gentile Redazione,
Già una volta, “a causa” de l’Informale, Noemi Di Segni presidente dell’UCEI è stata costretta a fare un passo più lungo della sua gamba, e per questa ragione assai doloroso: prendere le distanze da Gariwo. Adesso dovrebbe persuadere il MEIS del quale “l’UCEI è componente”, come ha dichiarato, a cessare immediatamente qualunque rapporto col Festival (pardon, la Settimana) delle memorie di Ferrara.
Le frottole raccontate da Noemi Di Segni e Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino nonchè presidente del MEIS, non possono continuare oltre. Nell’ultimo articolo da voi pubblicato, abbiamo appreso con costernazione quanto il MEIS sia implicato in un festival del quale, fin dal principio, ha approvato in toto il programma. Solo dopo le stupefacenti dichiarazioni di Vittorio Sgarbi durante la conferenza stampa di presentazione dell’evento, ci si è accorti che qualcosa non andava bene, segno che se Sgarbi non le avesse fatte, tutto sarebbe proceduto secondo copione.
Lo sdegno manifestato da Dario Disegni e da Noemi Di Segni per il Festival delle Memorie, quello della presidente UCEI in coda a tutti gli altri in seno al mondo ebraico istituzionale, è non solo ipocrita ma grottesco ed evidenzia bene, come da voi messo in luce, la loro inadeguatezza nel ricoprire i ruoli che ricoprono. Ovviamente, ma non devo essere io a direvelo, non ci saranno dimissioni. Dopotutto siamo in Italia.
Gentile Dott. Segre Amar,
Siamo ben consapevoli, come lei scrive, che non ci saranno dimissioni, ci mancherebbe. In Italia, chi occupa poltrone istituzionali è notoriamente incollato ad esse e si può scollare solo se emergono fatti pesantemente penalmente rilevanti, cosa che non riguarda certo il MEIS in rapporto al Festival delle Memorie voluto da Moni Ovadia. Dario Disegni, Noemi Di Segni, e Amedeo Spagnoletto, sono tipiche maschere italiane, non a caso siamo il paese della Commedia dell’Arte. Leggere le sdegnate dichiarazioni del presidente del MEIS e quelle della presidente UCEI, dopo che il direttore del museo aveva aderito entusiasta al programma messo in campo da Moni Ovadia, programma in cui figura ancora partecipante, ci riporta immediatamente ad Alberto Sordi e alla sua straordinaria antropologia cinematografica, di cui, i tre summenzionati, offrono un icastico modello italico.
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