Israele e Medio Oriente

Israele e i cinque rivali musulmani del Monte del Tempio

Tutti sono a conoscenza della disputa esistente tra ebrei e musulmani sulle rivendicazioni di governare Gerusalemme, con, da un lato, la menzogna palestinese che Gerusalemme non ha alcun ruolo nell’Ebraismo e, dall’altro, l’obiezione filo-israeliana che il Corano non menziona Gerusalemme.

Ma c’è in atto un’altra accesa battaglia, anche se meno pubblica, per Gerusalemme (in arabo, Al-Quds) che non riguarda il diritto di governare la città, ma l’autorità esercitata sul Monte del Tempio (in arabo, Al-Haram ash-Sharif), la spianata sacra dove sorgono due edifici antichi e sacri: la Cupola della Roccia (costruita nel 691) e la Moschea di al-Aqsa (costruita nel 705). Altri cinque contendenti musulmani sono principalmente impegnati in questa intricata lotta dalle ampie implicazioni: l’Autorità Palestinese, il Regno hashemita di Giordania, il Regno dell’Arabia Saudita, la Repubblica di Turchia e il Regno del Marocco. Ognuno di loro ha peculiari punti di forza e obiettivi.

L’Autorità Palestinese: Il controllo del Monte del Tempio è assolutamente essenziale per la mission dell’Autorità Palestinese (AP), che non può disporre delle risorse economiche e militare di uno Stato, ma esercita due poteri unici: la gestione quotidiana (grazie al rispetto israeliano) e un ampio appoggio internazionale alla sua pretesa di governare Gerusalemme Est. L’AP sostiene con zelo questi poteri intimidendo Israele con i suoi appelli all’indignazione musulmana e all’antisionismo della Sinistra. Come governante effettivo in cima al Monte del Tempio, l’AP è la potenza dello status quo che resiste a qualsiasi cambiamento.

Giordania: Amman gode di molti privilegi formali, ma ha un’influenza irrisoria in loco. Il Trattato di pace del 1994 tra Giordania e Israele sancisce che “Israele rispetta l’attuale ruolo speciale” della Giordania nei “luoghi sacri musulmani a Gerusalemme” e garantisce “un’alta priorità al ruolo storico giordano in questi luoghi”.  Uno studioso lo traduce erroneamente in una presunta custodia “con i relativi compiti di mantenere, proteggere e regolare l’accesso ai luoghi sacri”. In effetti, Israele collabora con i sovrani giordani che sono relativamente amichevoli per nascondere la loro debolezza, perché quel fittizio “ruolo speciale” è, nelle parole di Nadav Shragai, “l’ancora centrale che rafforza la loro monarchia, garantendole legittimità di fronte agli elementi estremisti islamici in Giordania. La Giordania teme che una presenza indebolita sul monte minerà necessariamente anche la stabilità nel Regno al punto di rappresentare una minaccia esistenziale”.

Arabia Saudita: I sauditi non hanno influenza, ma aspirano fortemente a esercitare un certo potere per migliorare la loro posizione internazionale. John Jenkins, ex ambasciatore del Regno Unito a Riad, ne spiega il motivo: “L’Iran li ha sempre sfidati sulla legittimità della loro custodia della Mecca e di Medina. Se dovessero aggiungere un terzo luogo sacro alla loro lista, potrebbero rafforzare le loro rivendicazioni di essere i leader [religiosi] assoluti del mondo islamico”. Gli israeliani potrebbero conferire a Riad questo potere, addolcendo un trattato di pace e diminuendo il controllo palestinese.

Turchia: L’Impero ottomano governò Gerusalemme per quattro secoli, dal 1516 al 1917, dopo che le autorità turche persero improvvisamente interesse per essa. Di recente, Recep Tayyip Erdoğan ha rinnovato le rivendicazioni sui luoghi sacri della città, raggiungendo l’apice in una dichiarazione rilasciata nell’ottobre 2020 secondo cui “questa città che abbiamo dovuto lasciare in lacrime durante la Prima guerra mondiale (…) è la nostra città, una città che appartiene a noi”. Ankara ha avallato quelle parole elargendo  decine di milioni di dollari per promuovere l’eredità turca di Gerusalemme, ottenere sostegno alle rivendicazioni turche sul Monte del Tempio e per sfidare il dominio israeliano. Da alleati di Hamas, i turchi non cooperano con lo Stato ebraico, che a sua volta vuole limitare il suo ruolo.

Marocco: Presiedere il Comitato al-Quds dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica e ospitarne la sede sin dal 1975, data dell’istituzione del Comitato, conferisce ai sovrani del Marocco una certa influenza sul Monte del Tempio, nonostante una distanza di 4.000 km. Il Comitato ha anche un organismo affiliato, l’Agenzia Bayt Mal Al Quds, che finanzia gli interessi islamici a Gerusalemme donando tappeti da preghiera, costruendo case, aiutando con i lavori di ristrutturazione etc. Simbolicamente, il ministro degli Esteri Nasser Bourita ha pregato nella Moschea di al-Aqsa nel marzo 2018 per inviare “un forte messaggio di sostegno alla causa palestinese”. In genere, i sovrani del Marocco si alleano con quelli sauditi per quanto concerne le questioni legate al Monte del Tempio per sminuire i re giordani. Ottenere la benevolenza israeliana presumibilmente ha avuto un ruolo nella decisione presa da Rabat nel dicembre 2020 di normalizzare le relazioni con lo Stato ebraico.

Israele: Israele si trova a dover affrontare due attori ostili sul Monte del Tempio (l’Autorità Palestinese e la Turchia/Hamas) e tre attori semi-disposti a collaborare con esso (Giordania, Arabia Saudita e Marocco). Finora, ai leader israeliani è mancata l’immaginazione per sfruttare questa rivalità, con il suo grande potenziale impatto psicologico per aiutare a conseguire la vittoria di Israele. Un’idea è quella di incoraggiare i governanti degli Emirati a unirsi agli altri tre sovrani per minare la legittimità dell’Autorità Palestinese. Un’altra idea potrebbe consistere nel rilanciare l’iniziativa di Ehud Olmert di dare vita a un comitato che sovrintenda ai luoghi sacri islamici di Gerusalemme.

La palla è nelle mani di Israele.

Traduzione di Angelita La Spada

http://www.danielpipes.org/20221/israel-and-the-temple-mount-five-muslim-rivals

 

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