Editoriali

Israele non val bene una Messi

E’ bastato poco infondo ai cuor di Leone della Federazione di calcio argentina per annullare la partita amichevole contro Israele che si sarebbe dovuta tenere come previsto a Gerusalemme e per la quale erano già stati venduti tutti i biglietti.  E’ bastato che alcuni attivisti del BDS, il movimento per il boicottaggio e il disinvestimento  e sanzioni contro Israele il cui obbiettivo è quello di rappresentare lo Stato ebraico come una nazione criminale, esattamente come negli anni ’40 il partito nazionalsocialista tedesco presentava gli ebrei come una “razza” criminale, agitassero delle maglie della nazionale argentina imbrattate di vernice rossa fuori dal complesso sportivo di Barcellona dove la squadra si allena in vista della Coppa del Mondo.

E’ bastato che il capo della organizzazione calcistica palestinese, Jibril Rajoub, invitasse il capitano della nazionale argentina Lionel Messi, a non venire in Israele a giocare, perché se no la sua effige sarebbe stata bruciata dai palestinesi. Lo stesso Rajoub, per il quale la cancellazione dell’evento avrebbe inviato ad altri un messaggio chiaro, quello di opporsi al regime “razzista e fascista” instaurato da Benjamin Netanyahu. Lo stesso Rajoub il quale, in passato ha affermato che se gli arabi avessero gli ordigni atomici non esiterebbero ad usarli contro Israele. E sotto questa incredibile, incoercibile pressione, la squadra argentina è stata “costretta” a desistere e a cancellare il match.

Hamas non ha tardato a congratularsi, la federazione calcistica argentina può ritenersi soddisfatta. Non tutti hanno l’onore di potere ricevere l’encomio di una organizzazione jihadista che ha nel proprio statuto l’obbiettivo di distruggere Israele. “La decisione dell’Argentina di cancellare una partita amichevole contro la squadra dell’occupante israeliano è una decisione altamente commendevole e apprezzabile”, ha dichiarato Husam Badram, uno dei notabili di Hamas.

Sì, meglio cancellare l’amichevole in Israele, nello Stato che ospita il terribile regime dell’apartheid come narra la fabula nera palestinista, e recarsi invece a giocare nella democraticissima Russia putiniana alleata dell’Iran e del genocida Assad, così rispettosa dei diritti umani. Meglio avere giocato in Colombia durante il periodo della FARC e in Venezuela, dove Chavez riceveva nel 2009 il negazionista Mahmoud Ahmadinejad considerato un valido compagno nella lucha contro “l’internazionale sionista-imperialista” e dove l’Iran attraverso Hezbollah coopera con i cartelli della droga colombiani e messicani, come illustra eloquentemente Joseph Humire nel suo “Iran’s strategic penetration of Latin America”.

E forse nessuno ai vertici del calcio argentino si ricorda più dell’attacco all’AIMA (Associazione Mutualità Israelita Argentina ) avvenuto a Buenos Aires nel 1994 e organizzato da Hezbollah, in cui morirono 85 persone. Di queste cose i giocatori di calcio non si occupano, e nessuno glielo chiede, e certo Lionel Messi è un campione e non ha responsabilità particolari in questa decisione presa sopra la sua testa, ma occorre evidenziare senza alcuna esitazione la sudditanza psicologica di una nazionale di calcio blasonata nei confronti della propaganda palestinese e di chi vorrebbe vedere Israele sparire dalla faccia del Medioriente, tutti dalla parte di veri regimi del terrore, come quello che Hamas ha instaurato a Gaza nel 2007, lo stesso gruppo integralista che ha mandato recentemente decine dei suoi militanti a morire ai confini di Gaza e Israele facendoli passare come vittime e che oggi plaude alla decisione della squadra di cancellare la partita.

“Questa decisione non è contro la comunità israeliana, non è contro la comunità ebraica“ ha dichiarato Claudio Tapia, presidente dell’Associazione calcistica argentina, “Tutti interpreteranno questa decisione come un contributo per la pace”.

No, non è si trattato di un “contributo per la pace” ma di una penosa capitolazione alla menzogna e di un inverecondo festival dell’ipocrisia.

 

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