Editoriali

La debolezza del pensare

Gianni Vattimo, deceduto oggi a Rivoli, fu promotore negli anni ’80-’90 di una corrente di pensiero nota come “pensiero debole”, per la quale, succintamente, era necessario prendere congedo dai fondamenti della metafisica per fare dell’Essere un essere, o meglio un esserino, nulla più che una fragile cosa totalmente esposta alla storia e alla contingenza.
La metafisica interpretata come pensiero totalitario e oppressivo è stato il must della corrente filosofica postmoderna, e, in questo senso, Vattimo si colloca insieme a Foucault, Derrida e Loytard tra i suoi presunti becchini.
Da pensiero debole a pensiero debole si giunge poi a tifare per Hamas, come fece Vattimo nel 2014 quando ci fu l’ultimo conflitto in grande stile tra Israele e il gruppo terrorista salafita che controlla la Striscia dal 2007 e che gli omosessuali, come lo era dichiaratamente Vattimo, li fa fuori se li scopre tra le sue file.
Ma, come la metafisica, Israele era per il filosofo torinese una realtà oppressiva e violenta, poi, figuriamoci, filoamericana, il culmine dell’abiezione, e infatti Vattimo, uomo di “intelligenza prodigiosa” secondo Aldo Cazzullo su Il Corriere, agli USA preferiva il Venezuela, come appunto preferiva Hamas a Israele, anticipando Michela Murgia, un’altra debolista.
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