Islam e Islamismo

La partita di Putin in Siria. L’ISIS come fondale

Nell’ordine esponenziale delle false narrative dalle quali siamo sommersi e di cui quella relativa al conflitto arabo-israeliano ha da quasi cinquant’anni il posto d’onore, fa da tempo la sua egregia parte quella secondo cui Vladimir Putin sarebbe all’avanguardia occidentale nella lotta contro il terrorismo islamico. La Siria, dove la Russia è intervenuta nel 2015, rappresenta il teatro principale di questa fiction di riscossa in cui la Santa Madre Russa gioca, nella fantasia di molti apologeti, il ruolo di garante di un nuovo ordine si spera bianco, tradizionalista, maschio.  Il bau bau dell’ISIS assurto a fantasma egemonico dell’Islam cattivo sarebbe ormai, in quel di Siria, il nemico soccombente e la ragione fondamentale dell’intervento russo. Purtroppo per i sognatori, la realtà è diversa.

L’intervento di Putin in Siria, stato vassallo ex sovietico, è dovuto principalmente alla salvaguardia strategica dello sbocco russo nel Mediterraneo rappresentato dal porto di Tartus. Era necessario intervenire in aiuto del dittatore genocidario alawita Assad, il quale, nel 2015, iniziava a trovarsi in seria difficoltà.

Lo spauracchio dell’ISIS è servito assai bene alla macchina della propaganda russo-siriana per rappresentare come terroristi tutti i gruppi combattenti in Siria contro Assad. E’ indicativo che la maggiore offensiva russa si sia concentrata in città come Aleppo e Homs in cui la presenza dell’ISIS è assai scarsa ma dove era invece ben insediata una forte presenza di gruppi di ribelli anti Assad. E qui veniamo al punto. I gruppi ribelli che si sono concentrati in Siria per combattere Assad lo hanno fatto sostanzialmente per vendicare i crimini commessi da quest’ultimo contro i sunniti siriani. Quella siriana è infatti una guerra intraislamica nella quale i “cattivi” in commedia non sono i “terroristi” musulmani che combattono il regime di Damasco, in cui, anzi, non ci sono distinzioni valoriali nette che permettono di circoscrivere in un perimetro rassicurante i portatori d’acqua buona rispetto agli avvelenatori di pozzi. Sicuramente tra i primi non è annoverabile la coppia dell’autocrate russo e del dittatore siriano.

In questo gioco delle parti, è utile rammentare che nel 2013 è stato lo stesso Assad il principale acquirente del petrolio estratto dall’ISIS in Siria e che alcuni dei capi della setta islamica vennero rilasciati proprio dalle prigioni del dittatore. Non è un caso che l’ISIS non sia stato vittima delle barrel bombs e delle armi chimiche impiegate invece contro i ribelli nelle città siriane occidentali. In cambio del favore ricevuto, i miliziani dell’ISIS hanno concentrato il loro fuoco contro i gruppi dei ribelli.

La partita che si gioca in Siria e in cui la Russia è intervenuta per ben precisi motivi geopolitici e in virtù dell’incapacità americana di gestire la guerra, rinunciando all’obbiettivo che si era posta l’Amministrazione Obama nell’2011, la caduta del regime di Damasco, non è una lotta per sconfiggere l’ISIS e a difesa dei “valori occidentali”. E’ una spregiudicata partita regionale dove Putin gioca di sponda con l’Iran e la sua protesi Assad, a sostegno di due regimi criminali.

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