Editoriali

La “provocazione” di Ben Gvir

La visita del neo ministro alla Sicurezza del nuovo esecutivo Netanyhau, Itmar Ben Gvir al Monte del Tempio/Spianata delle Moschee, ha suscitato un coro unanime di condanne e di sdegno. Allo sdegno degli arabi si è aggiunto quello americano per bocca dell’ambasciatore Tom Nides, e quello di numerosi rappresentanti europei.

Lo sedgno americano è apparso particolarmente acceso nei toni e nell’isterica affermazione di non “azzardarsi a volere cambiare lo status quo del luogo”. Un’altra conseguenza della “provocazione” di Ben Gvir è stata l’annullamento della visita già programmata da Netanyhau negli Emirati.

Al contrario di quanto affermato e propagato dai megafoni della disinformazione, Itmar Ben Gvir non ha agito in modo provocatorio ma nel pieno rispetto delle regole di condotta concordate tra Israele e il Wakf giordano nel corso dei decenni. Il clamore suscitato dall’episodio è solo un pretesto causato dalla figura di Ben Gvir e dalle sue posizioni politiche ben note.

Ormai si è giunti al punto che la semplice presenza di un ministro israeliano in un luogo – rivestito di una valenza storico-religiosa per gli ebrei e per gli arabi – desti sdegno internazionale e sia paragonato a una “profanazione”.

Va ricordato che, da quando Israele prese il pieno controllo di Gerusalemme nel 1967, l’allora ministro della Difesa Moshe Dayan proclamò l’impegno di Israele a mantenere l’ente religioso Wakf come responsabile dei luoghi santi musulmani di Gerusalemme. Questo accordo verbale fu poi ufficializzato nel Trattato di pace con la Giordania del 1994, divenentando al suo interno, l’Articolo 9.

L’articolo riconosce lo “speciale ruolo del Regno di Giordania nei confronti dei luoghi sacri musulmani”, e nulla più di questo. In concreto, solamente la gestione di questi luoghi viene lasciata all’amministrazione del Wakf, ma non esiste nessun riferimento al fatto che sia il Wafk o il monarca hashemita a decidere chi possa visitarli o meno. La sicurezza dei luoghi è peraltro affidata alla polizia israeliana come in tutto il resto della città.

Israele ha sempre accettato gli orari e i comportamenti imposti ai visitatori ebrei e cristiani dal Wakf anche se sono palesemente discriminatori e illegali, non ha mai cercato di cambiarli, ma come sempre accade, la consuetudine accettata, viene fatta passare come “status quo”.

Se invece degli arabi fossero gli israeliani a pretendere un medesimo comportamento da parte araba, si griderebbe allo scandalo e al mancato rispetto delle più elementari leggi internazionali sui diritti umani, ma essendo gli arabi a farlo, ci si scandalizza all’incontrario.

Chi ha regolarmente violato nel corso degli anni i dettami dello status quo relativamente al Monte del Tempio/Spianata delle Moschee sono stati gli arabi che da decenni ne modificano a loro piacimento il complesso edificando moschee abusive sotterranee, scavando e distruggendo scientificamente tutti i reperti ebraici rinvenuti in esso.

Volere mettere sullo stesso piano la passeggiata di un ministro, nel pieno rispetto delle  sue prerogative e delle regole accordate, e l’edificazione di luoghi di culto abusivi, è già di per sé un insulto all’intelligenza, ma arrivare ad accusare Israele di volere cambiare lo status quo a causa di questa passeggiata è il segno tangibile di una malafede patologica.     

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