Editoriali

La visita di Trump in Cina consolida la cooperazione tra i due colossi

Pechino ha ospitato un incontro fondamentale per la geopolitica asiatica. La visita di Trump ha permesso il consolidamento dell’alleanza strategica tra i due paesi, in particolare per quanto riguarda la condizione della penisola coreana. Diplomazia, sicurezza, cyber attacchi, cooperazione economica. La diversità e la complessità dei temi trattati a Pechino ha rimarcato la necessità cinese, il paese in via di sviluppo più importante del mondo, di un alleato alla guida dell’occidente, con cui si possa cooperare soprattutto in ambito di sicurezza.

Secondo quanto riportato da Xinhua Insight, il presidente cinese Xi Jinping ha affermato che “Le relazioni Sino-Americane riguardano non solo il benessere della popolazione ma anche la pace mondiale, la prosperità e la stabilità”. Ha anche definito un nuovo punto di inizio nei rapporti con l’America, non focalizzati su valori comuni ma sul rispetto e la condivisione, nella consapevolezza che solo in questo modo è possibile ottenere davvero una serie di benefici economici e politici per tutti.

L’ambito nel quale la cooperazione tra Cina e USA necessità un rafforzamento progressivo è certamente la sicurezza in relazione alla questione della penisola coreana. Entrambe le nazioni concordano nell’intraprendere la strada del dialogo e della negoziazione per risolvere il problema dell’instabilità nordcoreana, e sono concordi nel fornirsi sostegno reciproco. Su un punto c’è però del disaccordo: l’aumento della presenza militare statunitense in Corea del Sud. Ed ecco che per Trump entra in gioco, o meglio dovrebbe entrare, il conservatorismo realista dal vecchio stampo nixoniano: coinvolgere maggiormente la Cina e convincerla ad assumersi un ruolo pratico primario nella lotta al nucleare nordcoreano. Ancora per quanto riguarda la sicurezza, le due nazioni potrebbero intensificare la collaborazione in ambito di cyber security, immigrazione e contrasto alla droga.

Anche la questione delle relazioni economiche è stata toccata durante l’incontro. Si è parlato di commercio, di segnali di liberalizzazione economica in Cina e di apertura dei mercati. Il presidente Cinese, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, vuole rafforzare la presenza cinese all’interno del grande mercato mondiale, citando in particolare l’Asia Pacific Economic Cooperation, l’organismo nato nel 1989 allo scopo di favorire la cooperazione economica, il libero scambio e gli investimenti nell’area asiatico-pacifica. Dopo l’incontro Xi e Trump hanno firmato un accordo da 250 miliardi di dollari (parliamo di risultati decennali) in ambito di energia, agricoltura, aviazione e nel settore automobilistico.

Il Leader statunitense è stato accolto anche dal premier cinese, Li Keqiang, che ha ribadito l’importanza e il potenziale della cooperazione economica tra le due nazioni. Ha anche utilizzato la parola “comunicazione” ad indicare la giusta via per rafforzare i rapporti sino-statunitensi. Fondamentale anche sottolineare che entrambe sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU, e che il mantenimento della pace e della sicurezza della regione è un interesse primario per entrambe le nazioni.

Punti di frizione: la bilancia commerciale e lo status di Taiwan

Uno degli argomenti più scottanti quando si parla di relazioni tra Stati Uniti e cina è certamente lo status di Taiwan, che la Repubblica Cinese considera parte di se stessa. Xi Jinping vorrebbe che gli Stati Uniti e la comunità internazionale riconoscessero l’unità della nazione cinese, una questione politica che sembra preoccupare i cinesi molto più del nucleare nordcoreano.

Quello che invece indispettisce gli americani è il disavanzo commerciale che c’è tra le due nazioni, un eccesso di importazione dalla Cina rispetto alle esportazioni. Durante la campagna elettorale Trump aveva espressamente accusato i cinesi di strozzare l’economia Statunitense, una posizione utilizzata spesso in queste occasioni per dirigere altrove la responsabilità che compete alle passate amministrazioni americane. Ovviamente, durante la visita, il pragmatismo di Trump non gli ha permesso di confermate questa posizione, definendo colpevoli del disavanzo i governi che lo hanno preceduto, e lodando la Cina per aver “difeso i propri interessi”. In questo caso, minacciare di applicare una politica economica protezionista non è utile, considerando che la Cina è il principale partner commerciale degli Stati Uniti, nonché maggiore creditore e considerando i numeri delle imprese americane che producono in Cina a basso costo.

Su questi due punti la politica americana dovrebbe concentrarsi e lavorare di più: se il contenimento della Corea del Nord è il principale obiettivo, rafforzare i legami con la Cina è l’unica via possibile.

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