Lettere al giornale

L’abituale canovaccio

Da Manuel Segre Amar, Presidente del Gruppo Sionistico Piemontese, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gent. Direttore

Sono mesi che il mondo assiste a limitati scontri tra Iran ed Israele, alcuni resocontati dai media, altri conosciuti forse solo dai servizi segreti, e da anni ascolta le dichiarazioni genocidiarie del regime di Teheran. Per ora solo propaganda. Gli ayatollah sanno, infatti, che cosa comporterebbe per loro attaccare Israele.

Ma mentre Israele sembrava attenta ad impedire, o almeno a tenere sotto controllo l’arrivo di nuove pericolose forniture d’armi a Hezbollah, (la mano armata dell’Iran sul confine nord di Israele), nessuno faceva particolare attenzione a ciò che avveniva a sud  (sud se si considera solo il cuore pulsante dello Stato). Ma si sa, in quell’area circondata dalle sabbie del deserto, i beduini gestiscono i loro traffici da tempo immemorabile, sono gli autentici padroni del territorio. E’ grazie anche a loro se il regime terrorista di Hamas ha potuto organizzarsi militarmente come pochi si aspettavano.

Fino a qualche mese fa Hamas lanciava pochi missili e razzi, inviava solo qualche drone e dei palloncini incendiari, quanto ai tunnel, bloccati da Israele quelli che avevano uno sbocco nel proprio territorio, gli altri sembravano solo propaganda fatta girare da Netanyahu: i capi di Hamas si erano semplicemente scavati dei rifugi per stare al riparo. A tutto il resto del mondo tutto ciò doveva apparire un inutile fastidio a cui non prestare troppa attenzione, anche grazie al Qatar che regolarmente provvedeva a spegnere la miccia inviando, col consenso di Israele, dollari a palate.

Cosa è cambiato adesso?

A molti è chiaro che i problemi di alcuni inquilini palestinesi che a Sheihk Jarah, quartiere di Gerusalemme Est, non pagavano l’affitto non sono altro che un pretesto, nemmeno tanto spendibile, se si vuole essere seri. Eppure, eppure, si è arrivati a parlare, per lo sfratto annunciato, di “crimine di guerra” o di “pulizia etnica”. Strano, non succede quando vengono sfrattati ebrei morosi, o la Corte Suprema stabilisce che alcuni avamposti ebraici sono illegali e li fa smobiitare. C’è stato anche, in Cisgiordania, l’ennesimo rinvio delle elezioni da parte di Abu Mazen, ma anche questo è qualcosa cui ci eravamo abituati. In passato non aveva mai provocato un conflitto. Perché, allora, oggi il mondo assiste ad un conflitto che, per il momento, nessuno dei due contendenti sembra disponibile a fermare?

Da quando Donald Trump sparigliò le carte e disse ad Abu Mazen che doveva smetterla di dire sempre, solo no a tutto, i “palestinesi” si erano trasformati in un piccolo fastidio, in primis per i loro fratelli arabi, impegnati a fronteggiare il pericolo iraniano incombente su di loro. Che ragione c’era di aiutare ancora quei regimi che, intanto, strizzavano l’occhio agli ayatollah? E se gli stati arabi accantonavano il problema palestinese, automaticamente anche l’Occidente aveva finito per pensare a loro molto meno.

Poi, improvviso, giunse l’annuncio degli Accordi di Abramo: come si potevano permettere i fratelli arabi di firmare accordi di pace con quel nemico sionista che non doveva permettersi nemmeno di far transitare per il proprio aeroporto gli aiuti necessari per proteggere i sudditi dell’OLP dal Covid? Solo il transito per l’aeroporto di Tel Aviv rendeva quegli aiuti hadath, impuri.

Ecco che finalmente per gli arabi-palestinesi si apriva la possibilità di attirare nuovamente l’attenzione del mondo intero su di loro. Un’occasione imperdibile per ripresentare l’abituale canovaccio: oppressi e oppressori, vittime e carnefici.

Si scatena un nuovo conflitto e il mondo si occupa di nuovo di loro. L’ONU si riunirà come sempre in tali circostanze cercando di trovare un’intesa che, comunque, i contendenti non sembrerebbero al momento pronti a rispettare, l’America nomina un proprio capo negoziatore (anche qui nessuna novità), e intanto, per bocca del Segretario di Stato raccomanda ad Israele di non provocare vittime civili. Raccomandazione fatta a chi governa l’unico stato al mondo il cui esercito invita il nemico ad allontanarsi dai luoghi che verranno bombardati (il numero relativamente piccolo di morti lo dimostra).

Il vero problema, o “tumore”, come lo definisce amabilmente l’Iran, non è lo Stato di Israele, il vero problema è la dirigenza arabo-palestinese, come anche i più onesti commentatori arabi riconoscono e come ha ricordato sul vostro giornale uno dei principlai attivisti palestinesi,  Bassem Eid. Ovviamente tutti, o quasi, fanno orecchie da mercanti.

 

 

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