Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

L’ebrea iraniana condannata a morte in Iran e clandestina nei Paesi Bassi

Una nonna ebrea che cucina le specialità in occasione della festa di Purim dovrebbe essere una rarità preziosa per i Paesi Bassi, eppure Sipora, questo il suo pseudonimo, vive in una sorta di limbo. Da quando è emigrata nel 2012 dal suo nativo Iran, ha fatto volontariato per la Chabad House (centro di aggregazione per l’ebraismo ortodosso di Chabad) di Utrecht, preparando deliziosi piatti tradizionali con spezie esotiche, come riso e pollo aromatizzati allo zafferano. I suoi piatti sono stati descritti persino sui media nazionali grazie in occasione dell’ultima festività di Purin.
Solo alcuni degli abitanti di Utrecht che conoscono Sipora (non è, come detto, il suo vero nome) sono però consapevoli che la signora è allo stesso tempo una straniera illegale nei Paesi Bassi e una rifugiata con una condanna a morte in Iran per reati politici.

Sipora, 60 anni, è stata infatti condannata a morte in contumacia nel 2013 da una corte di Teheran per “violazione delle regole islamiche della rivoluzione” e “attività anti-regime.” Il suo crimine: gestire un’organizzazione segreta per trovare soluzioni abitative alle donne con mariti violenti impossibilitate ad ottenere il divorzio.
Fortunatamente, la donna aveva già lasciato l’Iran un anno prima della sua condanna. Doveva aiutare nella gravidanza sua figlia, a sua volta rifugiata politica che vive nei Paesi Bassi da quando è fuggita dalla sua terra natale nel 2010. Rebecca, questo il nome della figlia, ha dovuto abbandonare l’Iran a causa del suo coinvolgimento nella realizzazione di un documentario sulla lotta per la democrazia a Teheran.




Alcune settimane dopo il mio arrivo nei Paesi Bassi, ho chiamato mio marito al telefono. Mi ha chiesto di andare su Skype. Ho capito che c’era qualcosa che non andava” ricorda Sipora. Il marito di Sipora, che l’ha sposata da oltre 40 anni, è un imprenditore edile ebreo con problemi cardiaci. Su Skype l’ha avvisata che la temuta polizia segreta dell’Iran stava cercando lei e altri membri del suo gruppo.
In quel momento ho capito che non potevo più tornare indietro“.
I problemi di Sipora con la sua terra d’origine sono però coincisi con un irrigidimento delle politiche sull’immigrazione nei Paesi Bassi.
La figlia Rebecca aveva infatti ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo e in seguito la cittadinanza senza indugio, anche se contro di lei in Iran non pendeva alcuna sentenza di condanna a morte.
Le richieste di Sipora, appena due anni dopo, sono state invece costantemente rifiutate dai Paesi Bassi. Ora la donna è in un limbo legale, non le è stato concesso l’asilo né è stata estradata, nonostante il fatto che la sua posizione sia nota alle autorità.

Insegnante persiana che non parla né olandese né inglese, Sipora vive con la figlia e il nipote in un relativo isolamento sociale e nell’incertezza. I suoi occhi si riempiono di lacrime mentre spiega attraverso un interprete che si sta abituando al pensiero di non abbracciare mai più suo marito.
Eppure Sipora non ha rimpianti nell’aver aiutato le mogli abusate a trovare un riparo, a volte all’interno di appartamenti costruiti da suo marito, un imprenditore edile.



“Rifarei sempre la stessa cosa” disse Sipora. “Per tutti i miei problemi ora ho una famiglia che si prende cura di me. Queste donne non hanno nessuno, solo i nemici che le perseguitano e nessun diritto garantito dalla legge”.
Dopo l’ultimo giro di vite sui presunti attivisti dell’opposizione in Iran, il marito di Sipora le ha comunicato di essere sotto stretta sorveglianza e praticamente impossibilitato a lasciare il paese.
E’ il motivo per cui Sipora non vuole emigrare in Israele facendo aliyah, pur avendone i requisiti.
Potrei partire per Israele domani, ma poi il destino di mio marito sarebbe segnato“, ha detto Sipora. “Per una famiglia ebrea fuggire nei Paesi Bassi è una cosa, ma se vado in Israele lui pagherà il prezzo per quella che sarà vista come una collaborazione con il nemico“.
Anche il suo coinvolgimento con la Chabad House non è infatti passato inosservato a Teheran.
La polizia iraniana nel 2016 ha interrogato il marito esibendogli le foto di Sipora durante la festa di Purim. Gli hanno chiesto di spiegare il motivo per cui sua moglie “lavora con un’organizzazione sionista”. L’uomo ha risposto che lei stava rappresentando la cultura ebraica persiana in Olanda e che l’Iran dovrebbe essere orgoglioso di ciò.
Intrappolata nella sua situazione, l’unico conforto di Sipora è stare con suo nipote di 5 anni e sua figlia. Ma questo non è un rimedio alle notti insonni i cattivi presagi. Potrebbe essere rimpatriata come una clandestina in qualsiasi momento.
La prossima apparizione di Sipora davanti a un giudice olandese è prevista per il 2 marzo.

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