Editoriali

L’impasse “obbligata” di Israele

I droni kamikaze, modello Shahed 136 che sono stati utilizzati dalla Russia per colpire Kiev ieri, sono i medesimi che nove mesi fa sono stati lanciati contro gli Emirati Arabi. Gli Shahed 136 sono stati progettati per colpire Israele, ma l’Iran non colpisce Israele, vende ai russi i droni che servono per colpire l’Ucraina.

Israele ha con la Russia una intesa dal 2015 che gli consente di colpire obbiettivi iraniani in Siria e dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina, non le ha fornito alcun aiuto militare, limitandosi a forniture mediche e ad assistenza umanitaria. Il motivo per non averlo fatto è semplice, non inimicarsi la Russia che potrebbe, per ritorsione, creargli dei problemi in Siria.

A seguito dell’impiego dei droni iraniani, Nachman Shai, del partito laburista e attualmente Responsabile per gli Affari della Diaspora ha fatto una dichiarazione disarmante per la sua semplicità e brutale franchezza: “Non ci può più essere alcun dubbio da che parte dovrebbe stare Israele in questo sanguinoso conflitto. E’ arrivato il momento per l’Ucraina di ricevere anche aiuto militare, così come stanno facendo gli Stati Uniti e i paesi aderenti alla NATO”

A Shai ha risposto a stretto giro di posta Dimitry Medved uno dei pretoriani di Putin. L’eventuale invio di armi all’Ucraina da parte di Israele sarebbe una mossa sconsiderata e distruggerebbe i rapporti diplomatici tra i due paesi. Semplificato, “Non provateci”.

A Israele l’intesa con la Russia relativamente alla sua operatività militare in Siria, costa un prezzo elevato moralmente, l’incapacità di agire con un sostegno militare, privandolo del suo ruolo di unico paese occidentale in Medio Oriente, e di conseguenza quello che automaticamente dovrebbe essere compattamente a fianco dell’Ucraina contro l’aggressione russa.

I droni iraniani che oggi colpiscono Kiev per mano russa, un giorno potrebbero colpire direttamente Israele.  Non è detto che Parigi valga sempre bene una Messa.

 

 

 

 

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