Editoriali

L’intolleranza dei “migliori”

Anna Foa, sul sito web di Gariwo, associazione specializzata nella santificazione laica di ogni individuo in odore di «progressismo», delizia il lettore con «nuove», si fa per dire, riflessioni sull’attualità politica israeliana.

La storica, quasi nietzschianamente, ritorna ancora una volta, e come sempre, sul presunto tentativo di Netanyahu di «distruggere» la democrazia attraverso la riforma giudiziaria. Se eccettuiamo la furibonda avversione alla destra israeliana, la Foa, quantomeno, quando scrive «se Netanyahu vincerà, un governo composto da fanatici messianici, razzisti, fascisti dichiarati potrà fare quello che vorrà nel Paese, senza più il controllo della Corte Suprema», ha il merito di esplicitare il modo in cui la sinistra concepisce la Corte, ossia come argine e barriera a una destra inopinatamente associata a «fascismo» e «razzismo».

Anna Foa, come tanti intellettuali presuntivamente «illuminati», persuasi di essere «dalla parte giusta della Storia», non riconoscono alcuna legittimità ai loro antagonisti politici, qualificati come prole delle peggiori ideologie del secolo scorso – «il grembo da cui nacque è ancor fecondo», scrisse lo stalinista Bertolt Brecht.

L’ipermnesia dei crimini nazisti fa perdere ad Anna Foa senso della realtà e delle proporzioni. Per questa ragione può paragonare alcune, occasionali, violenze ebraiche a danno dei palestinesi come «pogrom». Come se in Israele avvenissero massacri simili a quelli di Kishinev o Leopoli che, proprio per la loro brutalità, diedero un forte impulso al sionismo.

Inoltre, appellandosi a non specificate fonti, ci informa che i suddetti «pogrom» a danno degli arabi avverebbero «protetti dalla polizia». Riemerge qua il fantasma di una paranoia degli anni Settanta italiani, quella di una segreta collaborazione tra i «fascisti» e la «polizia». Il quadro è fosco, nerissimo, ma la realtà è altrove.

Anna Foa, che si considera una custode delle democrazia, che guardando le proteste si è sentita «orgogliosa di essere ebrea, un sentimento che negli ultimi anni era davvero difficile provare» (per quale ragione?), fa risorgere un antico interrogativo: quis custodiet ipsos custodes? Chi tutelerà gli israeliani da coloro che vorrebbero mantenere il Paese ostaggio di un Corte Suprema politicizzata e dotata di poteri anomali?

La riforma giudiziaria non è un attacco alla democrazia, bensì la caduta di una «tirannia» morbida. I tribunali, compreso quello Supremo, non possono sostituirsi ai rappresentanti democraticamente eletti.

Il celebre giurista Amnon Rubinstein si espresse così sulla situazione giudiziaria in Israele: «si è creata una situazione in cui la Corte Suprema può riunirsi e decidere su ogni questione immaginabile […] Si è trattato di una rivoluzione totale nel pensiero giudiziario che ha caratterizzato la Corte Suprema delle generazioni precedenti, e ciò le ha conferito la reputazione di tribunale più attivista del mondo, suscitando ammirazione e critiche. In pratica, sotto molti aspetti la Corte Suprema sotto Barak è diventata un governo alternativo».

«Un governo alternativo». È questo il problema che Anna Foa, e come lei tanti altri «fautori dei diritti umani», non vogliono vedere. In una democrazia non possono esserci governi «ombra». La Corte Suprema, questo esecutivo «alternativo», avrà anche valori in linea con quelli della storica, ma le sue prerogative non coincidono con quelle previste nei regimi democratici.

Come scrisse il romanziere, recentemente scomparso, Martin Walser: «l’intolleranza oggi viene da coloro che pensano di essere i buoni e i migliori».

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