Editoriali

L’Iran, il velo, la scacchista coraggiosa e l’oscurantismo che non fa notizia

La presa di posizione della campionessa di scacchi Nazí Nodarovna Paikidze-Barnes, che ha annunciato di non essere intenzionata ad indossare il velo in Iran durante il mondiale previsto nel febbraio 2017 a Teheran, ha generato un’ondata di applausi reali e virtuali. Il coraggio di questa giovane bionda russo-georgiana, diventata statunitense nel 2013 per matrimonio, ha conquistato tutti.
E dire che gli scacchi sono uno sport di nicchia, certo la campionessa statunitense di questa disciplina finora non era riuscita ad entrare nell’Olimpo dei cosiddetti vip. E’ servita una presa di posizione forte, anche polemica, per consegnare il nome di Nazí Nodarovna Paikidze-Barnes ad una meritata ribalta delle cronache.

Cos’ha detto la campionessa americana di scacchi per meritare finalmente i titoli dei giornali? Parole molto semplici. ”E’ completamente inaccettabile che uno dei più importanti tornei per donne sia organizzato in un paese dove, al giorno d’oggi, le donne sono costrette a coprirsi con l’hijab. Se non cambia, io non partecipo”.
E ci mancherebbe altro, aggiungiamo noi.
Fortunatamente, la russo-georgiana-americana dal carattere forte e dalla concentrazione di ferro non è sola in questa battaglia. Con lei anche la campionessa panamericana Carla Heredia. Ma altre si aggiungeranno.
Se la maggior parte delle scacchiste dovessero rifiutare di indossare il velo in Iran in occasione del torneo femminile, allora si avrebbe un problema. A quel punto o la repubblica islamica di Teheran le arresta tutte, con le conseguenza anche diplomatiche del caso, oppure la Federazione Internazionale di Scacchi decide che forse è il caso di cambiare sede.
Forse la scelta più auspicabile, perché sembra proprio che la Repubblica Islamica dell’Iran non sia intenzionata a fare un passo indietro.




Parliamo dell’Iran, la vecchia Persia, il Paese degli Scià dove fino al 1978 le donne non erano affatto obbligate a indossare il velo. Erano emancipate, per nulla sottomesse. E l’Iran non era una Repubblica Islamica, ma una nazione laica dove non vigeva l’oscurantismo religioso.
Parliamo di quel velo che tanti negano essere un’imposizione, sostenendo sia una libera scelta della donna musulmana. Sarà anche vero, ma se così fosse perché mai delle partecipanti al torneo di scacchi dovrebbero essere obbligate ad indossarlo?
Abbiamo letto l’ottimo articolo di Elisabetta Rosaspina sul Corriere della Sera, che narra del coraggio della campionessa che ha sfidato l’Iran e della scelta cui si troveranno di fronte le 64 concorrenti: accettare di indossare il velo o boicottare il mondiale femminile, seguendo la via indicata da Nazì?
Tutto molto bello. Però manca qualcosa.
Lo stupore, l’indignazione per il fatto che un paese islamico costringa ad indossare il velo le partecipanti ad un torneo, anche se non musulmane e non interessate.
Davvero è normale? E davvero fa notizia che una scacchista rifiuti?
Forse la vera notizia è che in un paese islamico come l’Iran non esista la libertà per le donne. Neppure le non iraniane.

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