Editoriali

Lo stallo e il cedimento

La tregua si compra. Ha un prezzo ben preciso il cessate il fuoco tra Hamas e Israele, 15 milioni di dollari o forse di più. Come a novembre scorso. Dollari dal Qatar che Israele aveva autorizzato venissero lasciati entrare a Gaza dopo la gragnuola di 460 razzi lanciati sulle sue città del sud da parte del gruppo terroristico, o meglio la cosca islamica che dal 2007 domina l’enclave costiera. Ma nessuna guerra è stata mai vinta pagando il nemico. Non ci sono esempi da fornire. Eppure questo è ciò che sta accadendo. Le tregue con Hamas e con la jihad islamica si acquistano a mazzette, fino alla prossima tornata di razzi e missili anticarro.

Pragmatismo, senso della realtà. Saggezza. Queste sono le motivazioni con cui si puntella l’approccio adottato da parte del governo in carica. Israele non può intervenire militarmente a Gaza, perché il costo in perdite sarebbe troppo alto, si aprirebbe immancabilmente il fronte dell’esecrazione internazionale, e poi ci sarebbe il grande problema di rioccupare un territorio dove abitano due milioni di arabi palestinesi. E tutto questo è corretto. C’è anche chi sostiene che un nuovo conflitto a Gaza esporrebbe Israele sul fronte nord, che l’Iran non aspetta altro per lanciare un’offensiva tramite Hezbollah. Davvero? Davvero l’Iran in una fase di estrema debolezza economica e con una presidenza USA molto vicina allo Stato ebraico lancerebbe ora un’offensiva contro Israele da nord tramite la formazione sciita libanese destabilizzando l’intera regione e inevitabilmente compromettendo la sua posizione acquisita faticosamente in Siria?

Il problema non è l’Iran in questo caso, il problema è Gaza, e il fatto che Israele non può e non vuole riprenderne il controllo. Ragionevole. Ma pagare i terroristi ogni volta che sparano sul paese non può essere certo la soluzione al problema. Lo capirebbe anche un bambino. Più sfami i coccodrilli più aumenterà il loro appetito.

Dal 2007 Hamas si è notevolmente rafforzato. Come ricordava Martin Sherman con il suo abituale e puntuale senso della realtà, in un articolo pubblicato il novembre scorso:

“Da quando Israele ha abbandonato unilateralmente la striscia di Gaza quasi un decennio e mezzo fa, i suoi nemici sono riusciti a migliorare la portata e le dimensioni del loro arsenale al di là del pensabile…Se all’epoca, quando le più formidabili armi in dotazione all’organizzazione terroristica di Gaza erano razzi primitivi con una carica esplosiva fino a 5 kg e una gittata di non più di 5 km, qualcuno avesse detto che nel prossimo futuro tutti i centri popolati israeliani entro un raggio di 100 km sarebbero stati minacciati da armi ad alta traiettoria muniti di testate di guerra fino a 100 kg; se, in quel momento, qualcuno avesse suggerito che Israele sarebbe stata minacciata nel raggio di un’ora da una potenza di fuoco di centinaia di missili / razzi / proiettili, nessuno avrebbe preso sul serio la sua predizione”.

Ieri, un cittadino israeliano è stato centrato mentre si trovava nella sua macchina da un razzo anticarro. E’ la prima volta che succede. Iron Dome non ha la possibilità di intercettare tutto ciò che viene sparato contro Israele, un 10% di materiale offensivo sfugge al suo scudo protettivo.

Dunque, quale è la soluzione? Vivere sotto costante ricatto di una banda armata islamica che di anno in anno migliora la propria capacità offensiva e ha nel suo programma la distruzione di Israele, fornendole i soldi per continuare a mantenere la propria presa sulla Striscia, comprando appunto tregue su tregue, oppure mettere questa banda armata nella condizione di non nuocere più? Per il momento, Israele ha deciso di privilegiare la prima opzione, di comprarsi le tregue. A Hamas questo sta più che bene. Ai cittadini israeliani che vivono nel Sud di Israele, i quali, ogni volta che Hamas lancia i suoi razzi e i missili anticarro sono obbligati a lasciare le loro abitazioni per dirigersi a nord, un po’ di meno.

Dovranno farci il callo.

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