Israele e Medio Oriente

Mito e realtà alla luce della demografia

Una delle questioni più discusse e travisate in merito al conflitto tra arabi ed ebrei, è senza dubbio la questione relativa alla composizione della popolazione dello Stato di Israele e dei territori amministrati dall’Autorità Palestinese. Qui proveremo – cifre alla mano (le cifre sono volutamente arrotondate) – di fare chiarezza su questo importante aspetto. 

Inizieremo la nostra indagine dai dati raccolti dalla UN Commission of Inquiry del 1947. Questa commissione ONU fu incaricata, tra le varie cose, di mettere in luce la composizione etnico/religiosa della popolazione presente alla fine del Mandato per la Palestina. Dai dati raccolti dai commissari ONU si può tratteggiare una composizione abbastanza precisa della popolazione residente, cosi composta: 

 Circa 1.180.000 musulmani 

 Circa 630.000 ebrei

 Circa 140.000 cristiani, dei quali 120.000 arabi

Quindi, alla fine del periodo mandatario, la popolazione complessiva residente nella parte del Mandato che andava dal Mediterraneo al fiume Giordano era di poco meno di 2.000.000 di persone. Se compariamo queste cifre a quelle di fine 2022, si scopre che nella stessa area geografica la popolazione è aumentata enormemente in questi 75 anni. Infatti, nel territorio amministrato da Israele la popolazione complessiva ha raggiunto i circa 9.500.000 abitanti (fonte: ufficio di statistica di Israele), mentre le aree amministrate dai palestinesi (Giudea, Samaria e Striscia di Gaza) hanno raggiunto, rispettivamente, i 3.200.000 e 1.800.000 di abitanti (fonte: UNRWA e Autorità Palestinese). Complessivamente la popolazione è di circa 14.500.000 abitanti in un’area poco più piccola della Lombardia (in Lombardia abitano circa 10.000.000 di persone). Questi dati, che vedremo più avanti nel loro dettaglio, ci forniscono alcuni interessanti spunti di riflessione. Per prima cosa, si può osservare che la popolazione nel suo complesso è cresciuta di oltre il 600% in 75 anni, cosa del tutto ragguardevole, se consideriamo che nello stesso periodo, per esempio, la popolazione in Italia è cresciuta solo del 26% (in Lombardia del 60%). Due sono stati i fattori di tale crescita: l’immigrazione e l’alto tasso di natalità. Questi fattori uniti, contrariamente a quanto si crede,  sono dovuti a una situazione politica stabile e a un’ economia in continuo miglioramento (soprattutto se paragonata a tutti gli altri paesi della regione).

Nel 1949, dopo gli armistizi firmati tra il nascente Stato di Israele e gli Stati arabi confinanti, nella porzione di territorio controllato dallo Stato ebraico, la popolazione era così composta: 

 Circa 650.000 ebrei (78% della popolazione complessiva) 

 Circa 160.000 arabi (19,5% compresi i drusi) 

 Circa 20.000 cristiani non arabi (2,5%) 

Per quanto concerne gli ebrei, la popolazione è incrementata, in quanto, all’alto numero di vittime causate dalla guerra d’aggressione araba (circa 1% della popolazione) si è contrapposto un grande flusso migratorio dall’estero e dalle aree mandatarie occupate dagli arabi nelle quali tutti gli ebrei, circa 70.000, furono espulsi (soprattutto Gerusalemme). 

Per quanto riguarda la popolazione araba, bisogna specificare che del totale di circa 1.300.000 abitanti del Mandato nel ‘47, circa 500.000 già vivevano nell’area occupata dai giordani e 70.000 vivevano nella Striscia di Gaza occupata dagli egiziani (fonte: il censimento britannico del 1946). Gli arabi musulmani che rimasero nel nascente Stato di Israele, circa 130.000, come da censimento delle autorità israeliane, si sommarono agli arabo-cristiani rimasti (circa 30.000 abitanti). Quindi per differenza, la popolazione araba che divenne profuga a causa della guerra civile e dell’aggressione dei paesi arabi ammontava a circa 570.000 persone (al massimo). Questa cifra è avvalorata anche dalla Risoluzione 212 del 19 novembre 1949 dell’Assemblea Generale, nella quale si riportava la cifra di 500.000 profughi complessivi (arabi ed ebrei) scappati o costretti a scappare dalle loro case a causa della guerra. Quindi le cifre posteriori fornite dagli arabi che parlano di 650.000 profughi, o di 720.000 o addirittura di oltre 800.000 profughi sono delle esagerazioni prive di fondamento. 

Se compariamo queste cifre del 1949, a quelle del 2022 dell’ufficio di statistica che parlano di una cifra complessiva di abitanti di 9.500.000 in Israele, così composta: 

 7.069.000 ebrei (74% della popolazione complessiva) 

 2.026.000 arabi (21% compresi i drusi) 

 498.000 “altro” (5%) 

Si scopre che la percentuale di popolazione araba è rimasta stabile nel corso degli anni, nonostante la forte immigrazione ebraica causata soprattutto dall’espulsione degli ebrei dai paesi arabi.  

Quelli che vengono classificati come “altro” sono cristiani non arabi o residenti di varie nazionalità che da numerosi anni vivono in Israele che possiedono la cittadinanza o la residenza permanente. 

Molto interessante appare la questione relativa ai 2.026.000 cittadini arabo-israeliani. Di questa cifra complessiva, circa 1.800.000 sono musulmani (compresi i drusi) e circa 200.000 sono cristiani. Per quanto riguarda questi ultimi, 30.000 del 1949, oggi sono aumentati di quasi sei volte: in pratica in 75 anni la popolazione di arabo-cristiani ha avuto un incremento del 560% circa. Questo aumento è da imputarsi al buon tasso di natalità della popolazione (si ricorda che nello stesso frangente in Italia c’è stato un incremento del 26% e in Lombardia del 60%) e da numerosi rientri nel dopoguerra. Ben maggiore è stato, invece, l’incremento della popolazione di arabo-musulmani passati da circa 130.000 a 1.800.000, quindi con una incredibile crescita del 1.300%. Se paragonata anche con quella ebraica, relativa allo stesso periodo, che è stata del 990% e in gran parte causata dall’immigrazione, si conclude che molti dei profughi arabi sono rientrati in Israele dopo la fine delle ostilità e precisamente negli anni compresi tra il 1949 e il 1955. Alcune stime, condotte da ricercatori come Benny Morris, parlano di almeno 60.000/70.000 persone in quell’arco di tempo. Molti altri rientri si verificarono dopo il 1967 soprattutto nell’area municipale di Gerusalemme riconquistata da Israele: qui, vi risiedono, oggi, oltre 300.000 arabi, che è il massimo storico di presenza araba in città, rispetto ai 55.000 del periodo di occupazione giordana, quindi nessuno è stato espulso. 

Sulla base di questi dati si può capire, facilmente, che la leggenda degli arabi vittime di pulizia etnica non poggia su nessun dato concreto. Infatti, dal 1947, quando la popolazione araba complessiva entro le future linee di armistizio ammontava a circa 730.000 persone, ad oggi che supera di poco i 2.000.000 è quasi triplicata. Di contro la popolazione ebraica che risiedeva nei paesi arabi è passata da circa 850.000 del 1947 a circa 10.000 persone di oggi, ma nessuno nella comunità internazionale ha mai parlato di pulizia etnica ai loro danni. 

Un cospicuo incremento demografico lo si è registrato anche in Giudea/Samaria e nella Striscia di Gaza, dove, però, le cifre sono più difficili da verificare, in quanto quelle ufficiali fornite da UNRWA e AP sono notoriamente gonfiate per poter ottenere maggiori soldi dalla comunità internazionale. Per prima cosa bisogna sottolineare che nei territori amministrati dall’AP non risiede nessun ebreo e per volontà degli arabi in un futuro Stato arabo non potrà risiedere alcun ebreo: sarà un Stato judenrein, ben diverso da Israele dove è garantita la presenza di tutte le componenti etnico-religiose. 

Qui le cifre ufficiali parlano di circa 3.200.000 abitanti arabi in Giudea e Samaria, e di circa 1.800.000 nella Striscia di Gaza. Anche in queste aree quindi si è verificato un notevole incremento della popolazione araba rispetto ai dati del 1947: rispettivamente di 500.000 e 70.000, a ulteriore riprova che da quando Israele ha assunto il controllo (1967) nessun arabo è stato espulso.

I fattori che hanno portato a questo incremento demografico sono stati l’alto tasso di natalità e i rifugiati arabi che lasciarono il nascente Stato di Israele: circa 300.000 in Giudea e Samaria (molti dei quali rientrarono in Israele) e circa 150.000 nella Striscia di Gaza. Questo costante incremento demografico non ha interessato la componente cristiana della popolazione che è invece diminuita sensibilmente. La forte riduzione di popolazione cristiana è iniziata dopo la stipula degli Accordi di Oslo nel 1995, cioè da quanto l’Autorità Palestinese ha assunto il controllo amministrativo nelle aree abitate dagli arabi in Giudea/Samaria e nella Striscia di Gaza. La situazione è ben esemplificata dalla città di Betlemme, nella quale ancora nel 1990 il 60% della popolazione era cristiana mentre nel 2016 essa costituiva solo il 16% del totale. Caso analogo è stata la città di Gerusalemme. Qui la popolazione cristiana era di circa 31.000 persone nel 1946 (amministrazione britannica) per scendere a circa 11.000 nel 1967 al termine dell’occupazione giordana. Il Censimento del 2020 ha mostrato un incremento di circa 16.000 persone, quindi un importante incremento a seguito del controllo israeliano della città. Infine, a Gaza la comunità cristiana è praticamente scomparsa dopo il ritiro israeliano del 2005. Ricapitolando le cifre della popolazione araba presente nel territorio mandatario, si è passati da un totale di circa 1.300.000 del 1947 a circa 7.000.000 del 2022 (pari ad un incremento di circa il 450%) 

In conclusione, dalle cifre esposte, si evince chiaramente che la nascita dello Stato di Israele non ha causato l’allontanamento dei musulmani né dei cristiani, questi ultimi anzi sono aumentati nelle aree amministrate dallo Stato ebraico mentre sono diminuiti drasticamente in quelle poste sotto  il controllo dell’Autorità Palestinese. 

Torna Su