Israele e Medio Oriente

Morire per Ankara? Non lo vuole nessuno

Le notizie riguardo l’abbattimento dell’aereo russo nei cieli della Siria sono ancora frammentarie e contraddittorie.
Il ministro della difesa russo, Sergei Shoigu, ha dichiarato che un cacciabombardiere Sukhoi Su-24 è stato abbattuto al confine tra Siria e Turchia.
Secondo la Turchia l’aereo è stato abbattuto dopo aver violato lo spazio aereo turco. Il jet avrebbe ricevuto dieci avvisi nel giro di cinque minuti prima di essere abbattuto dai caccia F-16 turchi. Secondo fonti militari citate dalla Reuters, in precedenza un altro aereo russo si era avvicinato al confine con la Siria e aveva ricevuto un avviso.
La Russia ha dichiarato che l’aereo è stato abbattuto da missili lanciati da terra e sostiene di avere le prove che il jet non ha mai lasciato lo spazio aereo siriano., mentre la Turchia dice che sono stati i suoi caccia a colpirlo.
L’abbattimento è avvenuto nella regione di Latakia dove si scontrano le forze fedeli ad Assad e i ribelli di etnia turcomanna, zona che è stata bombardata più volte dall’aviazione russa e siriana.

Se fosse confermata la prima versione russa di un missile lanciato da terra ci troveremmo di fronte ad una normale azione di guerra. Gli aerei da combattimento, sia quelli russi che quelli occidentali, volano ad alta quota per sfuggire al tiro delle armi automatiche ma il rischio di incappare in un Manpads, ossia un missile antiaereo spalleggiabile, è molto forte anche quando si combatte contro forze irregolari. Soprattutto nel teatro siriano, dove molti disertori dell’esercito di Assad si sono uniti alla ribellione e dove sono stati saccheggiati decime di depositi militari, non dovrebbe essere difficile trovare un missile terra-aria e chi lo sappia usare.

Nel caso invece, come sembra, l’aereo russo fosse stato veramente abbattuto dai caccia turchi, ci sarebbe l’evidente tentativo di Erdogan di creare una frattura nel fronte internazionale anti ISIS che si sta faticosamente formando attorno a Francia e Russia, con quella che il presidente Putin ha giustamente definito “una pugnalata alle spalle”.

L’Europa può fare la voce grossa ma non può certo portare avanti azioni militari di ampio respiro contro l’ISIS senza l’appoggio militare statunitense, appoggio che il presidente Obama non è assolutamente intenzionato a dare. Questo soprattutto dopo i tagli che le forze armate di tutti gli stati europei hanno dovuto subire nell’ultimo quarto di secolo, tagli provocati prima dai cosiddetti “dividendi della pace” seguiti alla dissoluzione dell’impero sovietico, poi dalla crisi economica degli ultimi anni.
Per questo diventa fondamentale coordinarsi con i russi e coinvolgerli nei piani per l’assetto futuro della Siria. La Russia è intervenuta da oltre due mesi in appoggio al regime siriano. La versione ufficiale, data a livello internazionale, è che la missione fosse bombardare l’ISIS, in realtà l’aviazione russa sta colpendo tutte le forze ribelli che combattono Assad. Questa linea di condotta aveva irritato molte cancellerie occidentali, che operano da tempo per una uscita di scena del presidente siriano, ma gli attentati di Parigi hanno rimescolato le carte in tavola.
Gli europei stanno considerando sempre di più Putin un alleato indispensabile nella guerra contro l’ISIS e dovranno quindi accondiscendere a parte delle sue richieste sul futuro della Siria, richieste che vedono Assad fare parte della trattativa per porre fine alla guerra civile e per tutelare gli interessi russi nell’area.
Questo futuro è esattamente l’opposto di quello auspicato da Erdogan, che non può tollerare la partecipazione di Assad o della sua fazione ad una fase di pacificazione post guerra civile. Un simile scenario sarebbe una vittoria dell’Iran e si scontrerebbe con i sogni di egemonia che la “nuova Turchia” di Erdogan vuole ricoprire tra i paesi sunniti.
Per questo Erdogan è pronto a fare di tutto pur di sabotare l’inedito asse che si sta delineando tra Mosca, Parigi e forse anche Londra, anche a costo di scontrarsi frontalmente con l’orso russo, facendosi forte dell’appartenenza alla NATO.
Ma le prime reazioni uscite dal consiglio dell’Alleanza Atlantica, convocato d’urgenza, sembrano gelare le speranze turche perché il segretario Jens Stoltenberg ha invitato alla calma e alla “de-escalation”, sottolineando la necessità di “rafforzare il meccanismo per evitare questi incidenti nel futuro” e anche gli Stati Uniti cercano di raffreddare i toni. Il presidente Obama ha detto che la Turchia “ha il diritto di difendere il proprio territorio” ma Steve Warren, l’inviato del presidente Usa per la coalizione internazionale anti-Isis, ha definito l’episodio “una questione tra i governi di Russia e Turchia”.

Nessuno nei paesi occidentali ha intenzione di “morire per Ankara”, soprattutto perché la Turchia non ha ancora veramente chiarito da che parte stia.

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