Storia di Israele e dell’Ebraismo

“P” for Filastin

Recentemente, in un dibattito alla Knesset, la deputata del Likud Anat Berko (nella foto) ha sottolineato il fatto piuttosto ironico che gli arabi-palestinesi non riescano nemmeno a pronunciare la prima lettera della loro supposta nazione. La sua affermazione ha suscitato, come era prevedibile, riprovazione e scherno, ma resta il fatto che quello che la Berko ha voluto dire, che non vi sia nulla di arabo e men che mai di palestinese nel toponimo scelto dall’imperatore Adriano nel 135 dopo Cristo per rinominare sprezzantemente la Giudea con il nome di una popolazione che aveva combattuto con gli israeliti per lungo tempo, sia vero.

Il buon Dio, o a seconda dei punti di vista, il diavolo, si nasconde nei dettagli. E questo dettaglio è assai rivelatore di una realtà nota a chiunque conosca la storia dell’area geografica conosciuta con il nome derivato da quello di un antico popolo indoeuropeo. L’appropriazione araba delle spoglie dei Filistei è, per chi ama tanto riempirsi la bocca di parole come “colonialismo”, “imperialismo”, “occupazione”, tutte declinate nei confronti del “colonialista” sionista, un esempio flagrante del più tipico abusivismo arabo-musulmano.

Il passato, per l’Islam, nella sua declinazione più militante e politica è sempre stato occasione di conquista esattamente come lo sono le terre e le genti. Materia di espropriazione, e quando si espropria, come è noto, ci si impadronisce di ciò che era altrui per farlo proprio. E’ l’accusa che viene mossa nei confronti di Israele, il quale, per i suoi oppositori, sarebbe nato in virtù di un sopruso nei confronti di una popolazione autoctona a cui gli ebrei avrebbero portato via una parte del paese. La prova decisiva del misfatto ebraico risiederebbe anche in una originarietà autoctona palestinese, o meglio “falestinese” che retrocedendo nel tempo giungerebbe fino alla Bibbia. Peccato che tutto ciò affondi nella pura mitologia, quella che, trasformatosi in ideologia teologica e politica predata l’Islam a ogni altra cultura la quale altro non è se non errore, sviamento, caduta nella superstizione e nell’idolatria rispetto all’originaria e definitiva rivelazione divina all’umanità. D’altronde la stessa Bibbia ebraica sarebbe piena di trucchi e inganni, di oscuri e subdoli complotti ebraici (non ancora sionisti) per occultare il messaggio ivi contenuto che il Profeta si sarebbe poi incaricato di mostrare.

Nella vertiginosa inversione del principio di causalità tipica dell’Islam, per cui chi viene dopo viene prima e chi viene prima viene dopo, inversione che avrebbe deliziato il barone di Munchausen, gli arabi sono sempre stati in Palestina e la Moschea di al Aqsa sarebbe anteriore al Tempio di Salomone (il quale non sarebbe mai esistito).

Tutto ciò cosa c’entra con il conflitto arabo-israeliano? C’entra molto, anzi è essenziale per capire qual’è la mentalità che informa la rivendicazione nazionalista araba su tutta la Palestina, come dichiarava a porte chiuse Arafat dopo avere dismesso la divisa verde oliva del guerrigliero cubano che è sempre tanto piaciuta in Occidente e avere rimesso i panni di Fratello Musulmano, e come dichiara invece a porte aperte Hamas. Vogliono tutto perché tutto gli appartiene. La Bibbia ebraica, il Monte del Tempio, la Giudea e la Samaria e i filistei, trasformati alla bisogna in musulmani ante-litteram.

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