Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Radicalismo antisionista parte seconda

La fondazione Gariwo, che si batte per conferire la definizione di Giusto – che ricordiamo essere nata in ambito ebraico – un po’ a chiunque, ha nel suo comitato scientifico una serie di individui con idee molto discutibili su Israele. Ci riferiamo a Riccardo Noury e al Prof. Vittorio Emanuele Parsi. Ma vediamo le loro posizioni nel dettaglio.

Riccardo Noury è portavoce di Amnesty International Italia, organizzazione non governativa per i diritti umani che, nel corso della sua attività, ha manifestato un notevole pregiudizio anti-israeliano. Noury risente delle medesime credenze errate dell’associazione di cui è portavoce. Infatti, si è ripetutamente schierato a favore del movimento BDS, una banda internazionale di antisionisti che chiede lo strangolamento economico dello Stato ebraico.

Noury ha ripetutamente denunciato quella che lui chiama “criminalizzazione” del BDS, sorvolando sul palese antisemitismo del movimento in questione che, in passato, ha incassato anche il sostegno di Hamas. Il ricercatore americano Daniel Greenfield ha reso noto che US Campaign for Palestinian Rights (USCPR), il gruppo americano di sostegno al BDS, che collabora con i facinorosi antisemiti noti come Studenti per la giustizia in Palestina (SJP), ha incanalato denaro al Comitato nazionale palestinese BDS (BNC), che opera nei cosiddetti “territori occupati”. BNC è un “gruppo ombrello” che raccoglie sotto di sé membri di Hamas, del FPLP e della Jihad islamica.

Un rapporto pubblicato da Tablet, di Armin Rosen e Liel Leibovitz, ha demolito il mito del BDS come presunto movimento non-violento e impegnato nella ricerca di una soluzione pacifica al conflitto arabo-israeliano. Invece di essere un’alternativa al terrorismo, il BDS è un alleato dei gruppi terroristici islamici, che tentano di integrare la violenza con pressioni economiche e culturali.

In tempi più recenti, Noury, con un articolo su Il Fatto Quotidiano dell’11/01/21, ha sostenuto che su Israele ricadrebbe la responsabilità della vaccinazione contro il COVID-19 dei palestinesi nella Giudea e nella Samaria. Le sue affermazioni contraddicono quanto scritto negli Accordi di Oslo del 1993, che stabiliscono che la tutela sanitaria dei palestinesi è affidata all’Autorità Nazionale Palestinese. In tutto l’articolo, il portavoce di Amnesty International, parla di “territori occupati” e di “coloni”, esercitando una violenza alla realtà e al diritto. Quei territori, sulla base del Mandato Britannico per la Palestina del 1923, e in base al principio dell’uti possidetis iuris  consentono a Israele sulla base del diritto internazionale, la rivendicazione più solida su di essi. Non sono mai stati strappati ai palestinesi (inesistenti nel 1948), come è stato spiegato innumerevoli volte qui su L’Informale.

Ora veniamo al Prof. Parsi, che considera Israele uno stato razzista teso ad annettersi la Palestina. In un post su Facebook del 24/11/14, Parsi scrive:

“La decisione del premier israeliano di fare di Israele uno Stato solo per ebrei è allucinante, oltre a costituire un tradimento della parte più nobile della storia di Israele: resta solo da capire se il suo modello è il Sudafrica prima di Mandela o la Serbia ai tempi di Milosevic….. Una democrazia etnicamente ripulita non può esistere in quanto democrazia. Che tristezza per i tanti amici israeliani, a prescindere dalla loro fede religiosa”.

La tristezza più grande è quella che si prova da queste parole che travisano gravemente la realtà, offrendo di essa una caricatura propagandistica. La Legge Base del 19 luglio 2018 procede solo a ratificare una ovvietà senza discriminare nessuno, ovvero che Israele è lo Stato degli ebrei, la sua capitale è Gerusalemme, la sua lingua è l’ebraico. Essa si integra ad altre leggi all’interno di una costituzione in divenire. Leggi che tutelano la minoranza araba e sono specificamente attinenti ai diritti umani. Ma questo, il Prof. Parsi o non lo sa o finge di ignorarlo allo scopo di presentare Israele come uno Stato antidemocratico.

D’altronde Parsi non fa mistero di giudicare Israele come uno Stato oppressore e coloniale, che avrebbe cacciato i palestinesi. In un post su Facebook del maggio 2015 scrive:

“Oggi è il 67° anniversario della Naqba, la cacciata dei Palestinesi dalle loro terre. Ieri era il 67° anniversario della proclamazione dello Stato di Israele. Un popolo trovava un Paese, mentre un altro perdeva il suo. A memoria del tragico intreccio tuttora irrisolto della questione israelo-palestinese. Per non dimenticare che da 67 anni un popolo errante ha preso il posto di un altro… ma il mondo sembra non volerlo più ricordare”.

Assiduo lettore del mistificatore Illan Pappe, Parsi ha letto poco Benny Morris. Ma è sufficiente qui ricordare quanto dichiarò Abba Eban, ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, tenuto il 17 novembre 1958.

“Il problema dei rifugiati arabi è stato causato da una guerra di aggressione, lanciata dagli Stati arabi contro Israele nel 1947 e nel 1948. Che non ci siano errori. Se non ci fosse stata una guerra contro Israele, con il conseguente raccolto di sangue, miseria, panico e fuga, oggi non ci sarebbe alcun problema dei rifugiati arabi. Una volta che venga stabilita la responsabilità di quella guerra, si è determinata la responsabilità in merito al  problema dei rifugiati. Nulla nella storia della nostra generazione è più chiaro o meno controverso dell’iniziativa dei governi arabi a favore del conflitto da cui è scaturita la tragedia dei rifugiati. Le origini storiche di quel conflitto sono chiaramente definite dalle confessioni dei governi arabi stessi: ‘Questa sarà una guerra di sterminio’, dichiarò il segretario generale della Lega araba parlando a nome di sei Stati arabi. ‘Sarà un massacro memorabile a cui riferirsi come a quello dei mongoli o alle crociate'”.

Come è possibile che due personaggi come Parsi e Noury con opinioni simili nei confronti di Israele siano stati scelti (insieme ad Avraham Burg, di cui ci siamo già occupati) per fare parte del Comitato scientifico di Gariwo? Il presidente della fondazione, Gabriele Nissim, condivide le loro posizioni su Israele? E le condivide l’UCEI che a Gariwo è associata?

 

 

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