Islam e Islamismo

Referendum in Turchia: esulta Erdogan, ma il Paese è spaccato. L’opposizione denuncia brogli

Recep Tayyip Erdogan vince con il 51,22% e fra le polemiche un referendum che gli garantisce per legge un potere assoluto. L’opposizione è insorta, gridando ai brogli. Il Chp, il partito repubblicano del popolo per la prima volta nella storia ha annunciato una pioggia di ricorsi chiedendo al proprio elettorato di non lasciare i seggi elettorali. I laici repubblicani hanno detto chiaramente che il referendum non è finito, spiegando che ci sono 2,5 milioni di voti dubbi. La leader nazionalista, Merak Aksener ha addirittura affermato che quelli diffusi, l’agenzia stampa nazionale filogovernativa, Anadolu Haber Ajans sono dati falsati e che il reale conteggio sarebbe fermo al 60%.

Adesso la Turchia è ufficialmente spaccata in due e va verso una contrapposizione sempre più accesa, che potrebbe peggiorare nelle prossime ore. Il sì al referendum costituzionale si è imposto con il 51,22 %, ma non è stato un trionfo, anche a causa dell’alta partecipazione al voto, intorno all’86%. Fino a questo momento il suo partito, l’Akp, ha tenuto in tutte le principali piazze, soprattutto in Anatolia, ma ha clamorosamente perso sia la capitale Ankara, sia Istanbul, anche se per una manciata di voti. mentre la costa egea, Smirne in testa, e la regione del Mar di Marmara si confermano un sicuro feudo dei laici e il sud-est dei curdi. Ad aiutare Erdogan è stato anche il voto nei Paesi, dove, al 40% delle schede aperte, il sì è arrivato al 59% e soprattutto di alcune nazioni della Ue, dove, in alcuni stati, come Francia, Germania, Olanda e Austria, il sì ha trionfato, con percentuali dal 59% all’78%.

L’opposizione denuncia brogli  

Purtroppo, la vittoria non trionfale sta alimentando dubbi di un voto e non truccato certo non trasparente, che si sono rincorsi per tutta la giornata. A questo va aggiunta la polemica, che si rincorre dal 2014 delle cittadinanze regalate ai rifugiati siriani purché votassero. Il Chp, il Partito repubblicano del Popolo,per la prima volta nella storia del Paese, è pronto a contestare il risultato del 60% dei seggi, per migliaia di schede non sigillate e timbrate che quindi non sarebbero valide, chiedendo ai suoi osservatori di non lasciare I seggi elettorali.

Per la Turchia infatti è stata una lunga giornata di tensione. Il popolo turco da questa mattina presto fino alle 17 turche, le 16 in Italia, si è recato alle urne per decidere se approvare o meno la riforma costituzionale che garantirà all’attuale presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, superpoteri sanciti per legge.

Una scelta storica  

Fin dalla prima mattinata si sono formate lunghe code ai seggi. Non sono però mancate le polemiche. Molti cittadini si sono visti cambiare la sede di voto senza preavviso e in alcuni casi non sono riusciti a esprimere la loro preferenza. I primi risultati arriveranno solo dopo le 19 italiane, le 20 in Turchia, ma gli analisti concordano già nel dire che la consultazione dovrebbe fare registrare un’affluenza senza precedenti.

 

Erdogan fischiato  

Il presidente Erdogan ha votato, come sua abitudine, intorno alle 11 a Istanbul nel quartiere di Uskudar, dove si trova la sua abitazione, quando non risiede nel palazzo da 1001 notte che si è fatto costruire ad Ankara. Al seggio è andato con l’inseparabile moglie Emine. La zona è stata isolata dalla polizia per evitare contestazioni, questo però non ha impedito a Erdogan di ricevere applausi, ma anche parecchi fischi. All’uscita del seggio, il capo dello Stato ha rilasciato una breve dichiarazione ai giornalisti: “Questo referendum non è un voto come tutti gli altri, perché deciderà di cambiare la forma di governo. Io credo che il nostro popolo deciderà per uno sviluppo più veloce e camminerà verso il futuro prendendo la sua decisione”.

Caos ai seggi

Intanto, però, le operazioni di voto sono state caratterizzate da violenze e da stamattina c’è chi solleva dubbi sulla loro trasparenza e regolarità. A Diyarbakir due persone vicine all’Hdp, il partito curdo, sono morte in un conflitto a fuoco dopo una discussione accesa con alcuni sostenitori dell’Akp, il partito di Erdogan. Ali Bayramoglu, un tempo sostenitore del partito di Erdogan e giornalista del quotidiano islamico Yeni Safak, è stato attaccato mentre si recava a votare da alcuni simpatizzanti sempre del partito del Presidente. In molti seggi hanno segnalato una massiccia presenza di persone dell’Akp che sorvegliavano le operazioni di voto. Tre osservatori internazionali italiani, che erano al seguito di alcuni dirigenti del partito curdo, sono stati allontanati dai seggi. Alcuni utenti hanno diffuso sui social schede timbrate sul sì in serie e riposte nelle buste, mentre in alcune zone nel sud-est del Paese hanno denunciato interruzioni di energia.

Articolo di Marta Ottaviani per La Stampa

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