Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Joseph Goebbels e il Bds: paternità sottaciuta

Il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) contro Israele è una magnifica creazione postuma di Joseph Goebbels. Il Ministro della Propaganda del Terzo Reich, uomo assai acuto e di infaticabile odio, oggi sarebbe uno dei principali sostenitori del movimento nato nel 2005 e che ha come principale obbiettivo quello della demonizzazione dello Stato ebraico. Demonizzazione propugnata attraverso la più appetibile e abusata formula dei giorni nostri, i “diritti umani”.

Grande guru della demonizzazione, Goebbels ne sintetizzava così il principio fondante, “E’ necessario adottare una sola idea, un unico simbolo. E soprattutto, identificare l’avversario in un nemico, nell’unico responsabile di tutti i mali”.

Il BDS assolve in modo scientifico questo scopo. Per il movimento la colpa di Israele è ontologica. Essa consiste infatti nella sua esistenza. Sic et simpliciter. Tutto il resto è fuffa buona per i gonzi.

Ora, il paradigma della colpa è il principale assunto dell’intrinseca colpevolezza ebraica fin dai tempi più remoti. L’antisemitismo, in tutte le sue forme si basa su di esso. Non servirà qui elencare le varie colpe attribuite agli ebrei, varianti di quell’unica colpa principale, la loro presenza sulla scena del mondo. Ma attenzione, il BDS non è antisemita, non c’è l’ha con gli ebrei. Di fatto, per discolparsi da questa accusa, i suoi membri e simpatizzati vi diranno che tra le loro file vi sono anche ebrei e persino ebrei-israeliani, come se questa fosse la prova che non si possa essere ebrei contro gli ebrei, una idiozia smentita da numerosi esempi forniti dalla storia, per giungere forse al più doloroso e atroce, quello degli ebrei che durante la Seconda Guerra Mondiale collaborarono attivamente con i nazisti. Ma non è questo il punto. E un altro. Ed è appunto il paradigma della colpa, passato dall’ebreo in quanto tale a un intero Stato, guarda caso ebraico. Nei confronti di Israele le accuse del BDS compongono una mitologia non inferiore a quella che nutriva e ancora nutre gli antisemiti più coriacei. Israele praticherebbe l’apartheid, il razzismo, il furto di terre, il genocidio.

Queste accuse sono il frutto di un ben preciso palinsesto ideologico confezionato alla fine degli anni ’60 e che raggiunse il suo apice nel 1975 con la Risoluzione ONU 3379 confezionata abilmente dall’Unione Sovietica, dagli Stati arabi e da quelli non allineati,  in virtù della quale Israele veniva accusato di razzismo. Già allora, il fondatore del BDS in spirito, Joseph Goebbels si sarebbe fregato le mani e a maggior ragione lo avrebbe fatto nel 2001 durante la Conferenza Mondiale contro il Razzismo e la Xenofobia tenutasi a Durban che si trasformò presto in un festival di antisemitismo e antisionismo virulenti.

Il BDS nasce qui, ha qui le sue radici ideologiche. I suoi assunti sono infatti, interamente tratti dai feticci costruiti a tavolino allora, di cui il più persistente e surreale è il paragone di Israele, nel quale vivono integrati un milione e mezzo di arabi, e il regime segregazionista sudafricano fondato sul presupposto rigorosamente praticato della superiorità razziale bianca su quella nera. Presupposto che stabiliva la separazione netta tra gli afrikaans e la popolazione autoctona. Altro feticcio è il mito delle terre arabe di cui Israele si sarebbe appropriato abusivamente, come se l’acquisto di terreni regolarmente comprati dagli ebrei già a metà Ottocento, una costante presenza ebraica sul territorio nei secoli, e il pieno diritto degli ebrei di risiedere in Palestina sancito dal Mandato Britannico e quindi ratificato dall’ONU  (nessuno Stato moderno è nato su presupposti giuridici così solidi), non fossero fatti incistati nella storia. Come se la presenza israeliana in Giudea e Samaria (Cisgiordania o West Bank) non fosse la conseguenza di una guerra vinta contro una coalizione di Stati arabi che avevano come scopo, per la seconda volta dopo il 1948, la distruzione dello Stato ebraico. Come se questi stessi territori non fossero giuridicamente, privi di una entità sovrana che possa rivendicare il diritto su di essi.

Il BDS di Joseph Goebbels è una ben oleata macchina di diffamazione e criminalizzazione il cui impianto totalitario chiede a chi è macchiato dalla colpa di essere israeliano (non ebreo, naturalmente, non sono antisemiti…) di recitare un mea culpa. Accadde al cantante americano Mattisyahu nel 2015, quando la sua performance venne cancellata dal festival musicale spagnolo “Rototom” dietro pressione del movimento. Per potere partecipare, Mattisyahu avrebbe dovuto dichiarare il proprio sostegno nei confronti del popolo palestinese, magari indossando una kefiah al posto di una kippah. Non lo volle fare e venne cacciato. Fu riammesso solo dopo, in virtù di proteste assai accese e dell’intervento del governo. La Spagna attuale al contrario del BDS non ha nostalgie franchiste.

Dunque, ribadiamolo, per il BDS Israele è colpevole, fino a prova contraria. Gli ebrei erano per Hitler, colpevoli, fino a prova contraria. Solo che la prova contraria non ci fu allora e non c’è adesso. Ci può essere solo una abiura e una condanna che confermi la colpevolezza. Per i giacobini del BDS i buoni israeliani sono quelli che condannano Israele e magari aderiscono al movimento. Gli altri sono compromessi con il crimine e il delitto.

A Goebbels mancò la carta vincente, quella dei “diritti umani”, allora non era funzionale al Reich, mentre oggi questo accostamento di parole usato in modo fraudolento attira a sé ampi greggi di pecore belanti, di idioti funzionali.

“La propaganda deve limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentarle sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza dubbi o incertezze. Da qui proviene anche la frase: “Una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità”.

Pochi, come il BDS, hanno saputo fare tesoro di questo principio aureo.

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