Editoriali

Spirale discendente

“E ci sono un pugno di pazzi, di imbecilli o di furbi, che ogni mattina ci gridano: «Uccidiamo gli ebrei, mangiamo gli ebrei, massacriamo, sterminiamo, torniamo ai roghi e alle dragonate!»” 

(E. Zola, Pour le juifs, in Le Figaro, 1896). 

La «normalizzazione» dell’antisemitismo a cui abbiamo assistito dopo gli attacchi del 7 ottobre sarà considerata una tappa fondamentale della degenerazione etica dell’Occidente post-Shoah. 

Ogni settore dell’ordine socio-politico, dal parlamento all’intrattenimento popolare, dalla cultura colta alla Chiesa cattolica, dalle università all’editoria, è stato corrotto da un’ideologia illiberale e genocidaria, che mina le basi di ogni convivenza civile fondata su una comune moralità. 

Da decenni, i nostri sistemi educativi non riescono a educare i giovani alla razionalità e alla ricerca della verità, ma sono divenuti uno spazio di propaganda per false narrazioni al servizio di programmi autocratici e totalitari. Le proteste a sostegno di Hamas, un gruppo fondamentalista islamico imbevuto di antisemitismo, mostrano quanto siano ignoranti o misconosciuti i fatti storici riguardanti il Medioriente e la realtà israeliana. 

Numerosi studenti che frequentano le università più prestigiose d’Occidente, invece di approfondire le cause del conflitto arabo-sionista, preferiscono accusare Israele di «imperialismo» e «colonialismo», senza saper definire tali termini, veri e propri «bloccanti mentali», come li definì Robert Conquest, utili solo ad arrestare il processo di comprensione e apprendimento. 

«Genocidio», «coloni», «carestia», «sproporzionato», «occupazione», e tutti gli altri slogan che abbiamo sentito negli ultimi otto mesi da manifestanti inesperti e ipocriti, non sono solo una crassa e compiaciuta espressione d’ignoranza storica, ma di vera e propria idiozia morale. 

Uno scenario inquietante, a cui si somma la grottesca mancanza di autoconsapevolezza degli attivisti «pro-Palestina», che vorrebbero poter distruggere, vandalizzare e bruciare i simboli del «potere sionista», ossia le aule universitarie, le sinagoghe e i cimiteri ebraici,  senza mai essere tenuti a rispondere delle loro azioni alle forze dell’ordine. 

I militanti filopalestinesi, ossia pro-Hamas, sono una minaccia all’ordine pubblico e alla democrazia. Negano agli studenti il ​​diritto allo studio e soffocano il pluralismo delle accademie, arrivando a espellere fisicamente i docenti di origine ebraica. 

Urlare «intifada» o «from the river to the sea Palestina will be free» è un incitamento a uccidere gli ebrei. Sono le grida di guerra dei fiancheggiatori del Jihad globale contro Israele. Il lessico dei «collettivi» universitari e degli attivisti «pro-Palestina» è lo stesso di Hamas. 

Le cosiddette «manifestazioni» sono una forma d’intimidazione operata a danno delle istituzioni universitarie e di tutti coloro che non si riconoscono nella narrazione antisionista. 

Si tratta di un vero e proprio inabissamento della ragione e della verità, del diritto e della civiltà. A meno di un secolo dal massacro di sei milioni di ebrei, il più gretto e velenoso degli odi, quello antisemita, è tornato a travolgere la mente e l’anima dell’Europa. 

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