Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

31 maggio, l’incidente della Freedom Flotilla e le speculazioni successive

L’incidente della Freedom Flotilla, su cui tanto è stato scritto e tante parole sono state spese, è avvenuto il 31 maggio 2010. Sette anni dopo, la versione dei fatti mainstream non è cambiata: Israele si è reso responsabile dell’uccisione di nove attivisti, tra cui otto di nazionalità turca e uno statunitense di origine turca.
Anche dieci soldati israeliani dell’unità incursori Shayetet 13 (tredicesima flottiglia) della Marina militare sono rimasti feriti.
Ciò che è accaduto sulla nave battente bandiera turca Mavi Marmara, la principale della “Freedom Flotilla per Gaza”, ufficialmente composta da attivisti filopalestinesi che volevano portare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza, è ancora oggi causa di speculazioni.
In realtà, gli attivisti erano tutt’altro che pacifici. La loro vera intenzione era innanzitutto quella di violare il blocco navale di Gaza, come atto probabilmente simbolico e certamente provocazione. Scontata la reazione delle forze navali israeliane, che hanno intercettato la flottiglia nelle acque internazionali del mar Mediterraneo facendo partire l’operazione “Brezza Marina”.
Ed è proprio dopo l’intervento della marina militare israeliana che si è scoperto quanto gli attivisti fossero in realtà armati fino ai denti e per nulla intenzionati a limitarsi ad azioni dimostrative o propagandistiche per sollevare l’attenzione su Gaza.
Quando le forze speciali israeliane sono discese sul ponte della nave Mavi Marmara è infatti partito l’assalto contro i soldati. I video ad immagine termica dell’IDF (l’esercito israeliano) e le immagini delle telecamere di sicurezza della nave hanno chiarito la dinamica degli eventi: numerosi attivisti hanno aggredito i militari israeliani con bastoni, coltelli, catene e sbarre metalliche, ferendone dieci tra cui due gravemente.
Le immagini chiariscono anche come i soldati israeliani abbiano cominciato ad usare le armi soltanto quando ormai era chiaro che le loro vite fossero in pericolo.
Nove attivisti sono morti, scatenando un’ondata feroce di accuse nei confronti di Israele e del suo esercito.
I soldati, pur addestrati a prendere il controllo della nave senza l’uso delle armi, erano infatti caduti vittime di un’imboscata e sono stati aggrediti immediatamente dopo essere discesi dagli elicotteri. Un militare è stato accoltellato, un altro gettato su un ponte con un volo di dieci metri, ad altri due sono state sottratte le pistole.
Non riuscendo a disperdere gli attivisti con l’uso di granate stordenti e gas lacrimogeni, si è rivelato necessario l’utilizzo di armi da fuoco.
A distanza di sette anni, sappiamo però qualcosa in più: Khalid Omar Ali, arrestato appena un mese fa a Londra con l’accusa di aver pianificato un attentato, era uno degli attivisti a bordo della nave Mavi Marmara. Anch’egli, senza dubbio, un pacifista.

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