Israele e Medio Oriente

Azione contro il Jihad di Gaza

Con le sue operazioni nella Striscia di Gaza, l’Israel Defence Forces ha ottenuto importanti risultati a danno della Jihad Islamica Palestinese. Un attacco aereo israeliano nella città palestinese di Rafah ha eliminato Khaled Mansour, insieme al comandante della Brigata Rafah del gruppo terroristico poc’anzi citato, Khattab Amassi, e il vice di Mansour, Ziad Madalal. Con un raid nella zona settentrionale di Gaza, l’IDF ha ucciso Tayseer al-Jabari.  

Israele, secondo quanto affermato dal capo delle operazioni, il Magg. Gen. Oded Basiuk, ha decapitato i vertici del Jihad Islamico Palestinese in soli tre giorni. Sotto il profilo difensivo, lo scudo antimissile israeliano, il celebre Iron Dome, si è confermato efficiente e indispensabile, neutralizzando il 97% dei razzi lanciati dalla Striscia verso le aree popolate di civili.  

Il Jihad Islamico Palestinese ha combattuto da solo, poiché Hamas, suo rivale politico, si è astenuto dall’aiutarlo, provocandone così l’indebolimento sia sul piano militare che su quello reputazionale. Dopo aver demolito gli jihadisti di Gaza, l’IDF intende tornare a concentrarsi sul suo principale nemico: l’Iran e la sua longa manus libanese, Hezbollah.  

Negli ultimi giorni, Hassan Nasrallah, il capo dei terroristi di Hezbollah, ha minacciato e sfidato Israele in merito all’invio della nave Energean verso le acque contese di Karish, per avviare lo sfruttamento del giacimento di gas sottomarino rivendicato dal Libano. All’inizio di luglio, Hezbollah ha lanciato due droni in prossimità del giacimento, poi abbattuti dalle unità della Marina e dell’Aeronautica Militare Israeliane.  

La disputa sui confini marittimi tra Israele e Libano potrebbe essere facilmente risolta attraverso i negoziati portati avanti dal funzionario americano Amos Hochstein. Un buon accordo permetterebbe al Libano di utilizzare le riserve di gas naturale a largo delle sue coste, portando così miliardi di dollari di entrate nelle sue casse vuote. Anche se, inevitabilmente, i proventi derivanti dalle trivellazioni saranno intascati dai leader corrotti di Hezbollah.  

Sebbene Israele preferisca risolvere diplomaticamente la questione del giacimento di Karish, non può e non deve cedere alle provocazioni degli islamisti sciiti. Israele dev’essere preparato alla guerra mentre fa del suo meglio per colmare con la diplomazia le divergenze con Beirut. Un nuovo conflitto in Libano rappresenterebbe la fine di Hezbollah, ma anche un disastro per la popolazione libanese, già duramente provata dal dominio criminale di Nasrallah. 

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