Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Bisanzio e il codice giustiniano: fermento culturale e repressione

Entro il V secolo il corpo di pregiudizi antigiudaici destinati a perpetrarsi e resistere nei secoli, arrivando quasi invariati fino a noi, era già ampiamente delineato e i secoli successivi ne avrebbero visto solo il perfezionamento. Manca però in esso ancora un elemento, quel tassello che nel Medio Evo rappresenterà il pretesto principale per la persecuzione delle comunità giudaiche e che in tempi più moderni verrà tradotto nelle numerose teorie del complotto che hanno visto e vedono gli ebrei protagonisti quali presunti manovratori occulti della società e del mondo.

Diffamati strumentalmente nel periodo imperiale pagàno per timore di insubordinazioni e rivolte che avrebbero potuto avvenire a seguito dell’occupazione imperiale della provincia di Giudea, gli ebrei dell’Impero non reagirono come forse i Romani si sarebbero aspettati e non si resero responsabili di tumulti di rilievo nelle zone della diaspora; analogamente, quando sotto i primi imperatori cristiani furono oggetto di spregi e vandalismi a loro danno, gli ebrei della diaspora parevano subire le sempre crescenti vessazioni senza reagire in modo plateale.

In realtà, questo dipendeva dalla grande unità che il popolo ebraico possedeva e dimostrava al di là dei confini e delle distanze, unità strettamente basata sul corpo di religione e tradizione gelosamente conservato e perpetuato in qualsiasi contesto: il forte senso di appartenenza permise alle comunità ebraiche disperse di tramandare la propria identità pressoché intatta anche in assenza di contatti reciproci e in condizioni avverse; questo, tuttavia, contribuì ad ingenerare sospetti dai quali cominciò a prendere forma il tassello mancante al quadro diffamatorio generale: l’accusa di ricorrere ad arti magiche ed occulte contro il potere costituito e le genti cristiane in generale. La “Stirpe di Satana”, cioè, doveva evidentemente anche possedere quei poteri occulti che le permettevano di tramare nell’ombra e compiere sortilegi a distanza che rendevano superflue le semplici e terrene manifestazioni di dissenso: solo così si spiegava l’apparente passività a quelle discriminazioni che gli ebrei erano costretti a subire.

Nell’Impero Romano d’Oriente, dopo la definitiva scissione dal suo corrispettivo d’Occidente, permanevano numerose comunità ebraiche. Rispetto all’Impero Romano d’Occidente, quello Bizantino godeva di intensi scambi commerciali e culturali con le popolazioni dell’Asia Minore e Bisanzio era un crocevia di dottrine, filosofie, culti ed, in generale, conoscenze, che giungevano al seguito dei popoli e degli scambi; nell’Impero Bizantino l’influenza della cultura greca, sia classica che ellenistica, aveva mantenuto un ruolo predominante: lo studio dei testi filosofici classici era ancora ampiamente coltivato e procedeva di pari passo con l’acquisizione di conoscenze dalle dottrine orientali (persiane, egizie, eccetera) e con le discipline scientifiche connesse alle antiche filosofie.

In questo contesto, perciò, le comunità ebraiche bizantine avevano una maggiore possibilità di sviluppare la componente mistica della loro religione, coltivandola ed arricchendola progressivamente nell’ambito delle scuole rabbiniche, fino a delineare il corpo dottrinale di quello che poi verrà indicato come vero e proprio esoterismo ebraico.

L’eterogeneità culturale confluita a Bisanzio era inevitabilmente avvertita come ulteriore rischio per l’integrità del potere imperiale, teso a fare del pensiero cristiano il pensiero unico, tanto che la sua azione repressiva ebbe in Oriente carattere particolarmente incisivo e feroce; nel 430 entrò in vigore il codice di Teodosio II ove si ratificavano tra l’altro le norme discriminatorie contro gli ebrei già comparse nei suoi editti; esso sarà poi considerato basilare nel diritto medioevale e preso ad esempio per molte altre normative discriminatorie.

Infine, alle norme restrittive già emanate nei secoli precedenti l’imperatore Giustiniano (527-565) fece seguire provvedimenti ancora più vessatori, arrivando ad interferire nella funzione sinagogale, quali il divieto di celebrare Pesach prima della Domenica della Pasqua Cristiana (a rimarcare la preminenza di quest’ultima sulla Pasqua ebraica); il divieto di recitare preghiere che esaltassero l’Unicità del Signore, e che fossero pertanto in aperto contrasto con la dottrina della Trinità; divieto di leggere i commentari alle norme del Pentateuco, fatto che veniva considerato atto di insubordinazione contro il Corpus Iuris Civilis appena emanato in quanto i commentari potevano contenere indicazioni di comportamenti contrari alla legge. Infine, in caso di testimonianza in tribunale, la parola di un ebreo valeva solo se favorevole allo stato e alla parte cristiana, mai viceversa. L’ebreo si avviava perciò a perdere lo status di cittadino.

Giustiniano ordinò anche la chiusura della scuola filosofica di Atene, a dimostrazione della volontà di imporre senza deroghe un pensiero unico, espressione di potere assoluto, temporale e religioso assieme. Le discriminazioni e le prepotenze antiebraiche nel primo periodo bizantino si accompagnarono alla persecuzione delle altre tradizioni culturali tramandate dall’antichità. Le analisi e le discussioni delle scuole filosofiche furono sostituite da vuote disquisizioni fideistiche teologiche (non a caso tramandate ai posteri col termine di “bizantinismi”).

In un secondo momento Giustiniano arrivò persino a proibire la pratica religiosa dell’ebraismo nei territori del Nord Africa; questo portò ad un certo numero di conversioni formali di famiglie che di nascosto continuavano a seguire i precetti ebraici; vennero addirittura incaricati dei controllori che si presentavano nelle sinagoghe al momento delle preghiere e verificavano le presenze allo scopo di smascherare i convertiti formali.

Il Corpus Iuris di Giustiniano è rimasto ancora oggi di esempio quale modello di legislazione discriminatoria e vessatoria.

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