Israele e Medio Oriente

Ecco perché il Califfato ha paura di colpire Israele | di Fiamma Nirenstein

L’Isis non è invulnerabile, e questo messaggio non era affatto scontato per l’Occidente terrificato di fronte alla sua crudeltà ai limiti dell’impossibile.

Adesso ci sono due eventi che lo testimoniano. Il primo è la riconquista di Ramadi da parte delle forze irachene. Fino ad ora solo i curdi Peshmerga erano riusciti a battere Daesh, ora dopo un anno terribile i militari sunniti della regione sono riusciti a stanare gli uomini di Al Baghdadi anche se con l’aiuto degli aerei americani. Inoltre, quanto valga la vittoria è difficile dirlo: ritirarsi non vuol dire essere eliminati. In secondo luogo, un coraggioso giornalista ed ex parlamentare tedesco, Jürgen Todenhofer, che ha passato dieci giorni dietro le linee dell’Isis, ci fa sapere che lo Stato islamico ha una paura vera: l’esercito israeliano. «Esso sa che l’IDF è troppo forte per loro».

Todenhofer spiega che l’Isis, come del resto hanno già scritto molti analisti, vuole trascinare allo scontro sul suo territorio americani, inglesi, francesi, e pensa di batterli, ma sa che gli israeliani conoscono ogni segreto e hanno profonda esperienza del terreno, possiedono tecniche molto avanzate, aerei capaci di colpire, determinazione e capacità. «Daesh non ha paura degli inglesi o degli americani, ma teme gli israeliani: mi hanno detto che l’esercito israeliano è il vero pericolo, perché sa combattere una guerra di guerriglia». Il 26 dicembre, dopo che l’Isis si era astenuta dalla questione israelo-palestinese, persino ignorando la Moschea di Al Aqsa, il califfo Abu Bakr al Baghdadi ha lanciato il suo grido di guerra: «Dio ha riunito gli ebrei di tutto il mondo in Israele, questo ci facilita. Ogni musulmano ha l’obbligo del Jihad. Ebrei, non godrete la Palestina… essa sarà il vostro cimitero». È probabile che questo richiamo sia legato alle critiche per aver ignorato i palestinesi mentre sono impegnati nell’attacco terroristico ai cittadini israeliani ormai in corso da 100 giorni. Inoltre, la bandiera antisemita è quella che rende meglio nel creare simpatia.

Al Baghdadi conta sul fatto che in Sinai i gruppi come Ansar Bait al Maqdis hanno giurato fedeltà, i suoi accoliti crescono nonostante la reazione egiziana: la sua forza è stata provata dall’attacco all’aereo russo del 13 ottobre. A Gaza, ormai sono anni che una fazione salafita gareggia con Hamas. Al nord in Israele, nel distretto di Nazareth, è da poco stata scoperta una cellula operativa nel facilitare passaggi con la Siria e nel preparare attentati dentro lo Stato ebraico. Il Golan è sede di fazioni armate. Abbastanza per preoccupare il governo di Gerusalemme? Israele non si sbilancia. L’ex generale dell’aviazione Amos Yadlin dice che l’Isis non rappresenta un pericolo militare, mentre gli hezbollah con i loro missili e l’appoggio dell’Iran sono un rischio immediato.

Di Fiamma Nirenstein per Il Giornale 

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