Israele e Medio Oriente

Giudea o Palestina?

Dalla conquista dell’Asia Minore ad opera di Alessandro Magno (332 a.C.) fino alla distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme (70 d.C.) gli ebrei vissero sotto l’influenza politica e culturale del mondo ellenistico-romano.  Durante questo periodo ebbe inizio un’imponente migrazione del popolo ebraico verso tutte le terre circostanti, migrazione che rivestì un importante ruolo sociale ed economico. Questa diffusione venne favorita sia da emigrazioni volontarie, sia da ingenti nuclei di ebrei che venivano deportati a seguito di guerre e venduti come schiavi; questi ultimi vennero poi affrancati dai loro padroni o riscattati da correligionari.

Alla diaspora degli ebrei attraverso l’Europa contribuirono ragioni commerciali ed economiche nonché il proselitismo, con conversioni che avranno luogo fino alla loro proibizione, che verrà imposta quando il Cristianesimo diventerà la religione ufficiale dell’Impero Romano.

Le basi della politica imperiale romana nei confronti della popolazione ebraica si rifacevano al principio di non intromissione nella vita religiosa, per cui gli ebrei erano esentati da provvedimenti restrittivi come il divieto, valido per gli altri cittadini,  di costituire associazioni, o dall’obbligo di partecipare a riti religiosi pagani come ad esempio il culto dell’Imperatore. Potevano perciò riunirsi liberamente in piena libertà di culto, e ne veniva anche rispettato il riposo del sabato.

Se però sotto Cesare e sotto Augusto la popolazione ebraica era rispettata nelle sue usanze e godeva dei privilegi condivisi con il resto della popolazione, essendo il Regno di Giudea sotto dominazione romana non mancarono, in quella provincia e nel corso dei decenni successivi, episodi di malcontenti, rivolte e scontri (specie dopo la distruzione del Tempio del 70 d.C.), i quali inevitabilmente provocavano ripercussioni e tensioni nella stessa Roma, dove gli Imperatori iniziarono ad inasprire norme fiscali a carico solo degli ebrei (fiscus Iudaicus, Vespasiano, di fatto una tassa che sostituiva l’obolo, prescritto dalla Torah, per il mantenimento del tempio ormai distrutto e che Vespasiano impose di versare al Tempio di Giove Capitolino; il fiscus Iudaicus divenne un obbligo per tutti i cittadini ebrei dell’Impero i cui nomi furono registrati in liste speciali da cui potevano essere cancellati solo rinunciando formalmente alla propria religione) o norme restrittive a loro carico (come il divieto di circoncisione); il potere imperiale peraltro non mancava di cogliere le occasioni per umiliare la popolazione ebraica celebrando le proprie vittorie militari in Giudea (costruzione da parte di Domiziano dell’arco di Tito, ove si celebra la distruzione del tempio, o il conio delle monete e medaglie con la scritta Iudaea capta).

Fu sotto Adriano che tutte le tensioni accumulatesi in Giudea esitarono infine in una sanguinosissima rivolta in cui gli insorti, capeggiati da Bar Kochba, sconfissero le truppe del governatore romano Turno Rufo, finché non vennero definitivamente annientati nel 135 d. C., quando Gerusalemme venne totalmente distrutta e dichiarata città proibita agli ebrei.

Sulle rovine di Gerusalemme venne ricostruita una colonia romana a cui venne dato il nome di Aelia Capitolina, e fu in quell’occasione che all’intera provincia di Giudea venne mutato il nome in Syria Palaestina, da un’antica denominazione greca della regione, che non faceva riferimento ai Giudei bensì ai Filistei, loro storici nemici e popolo di cui l’origine più accreditata è cretese-micenea.

Era nata così la Palestina, da un feroce atto di rappresaglia imperiale volto ad imporre una volta per tutte il proprio potere su una terra, la Giudea, e su un popolo, quello ebraico, che pareva non volersi altrimenti piegare.

Il popolo ebraico aveva a questo punto perduto il suo antico regno, il suo stato nazionale e la sua terra: la diaspora, da dispersione spontanea quale era stata in precedenza, divenne, da quel momento, esilio forzato.

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