Note a margine

Gli inciampi di Barbero

Chiunque abbia fatto seri studi storici o politologici, diciamo pure «umanistici», non può che aver accolto con un notevole grado di stupefazione la rapida ascesa mediatica del prof. Alessandro Barbero. 

Stupefazione, ossia attonita sorpresa, poiché certe sue esternazioni su Israele, il genocidio armeno, il totalitarismo sovietico, le foibe e il nazismo, trasmettono l’impressione di avere a che fare con uno storico non sempre lucido ma, anzi, piuttosto giù di tono intellettuale.  

La popolarità, però, come ben si sa, ha una logica tutta sua, e a Barbero sono stati perdonati e amnistiati anche gli scivoloni più imbarazzanti, sia sotto il profilo storico che politico. A cominciare da quando affermò che gli archeologi israeliani non avrebbero mai trovato le prove dell’esistenza del Regno di Israele. Tesi palesemente falsa, come dimostrano i risultati di numerose ricerche storiche e archeologiche.  

Poi, ancora, in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, disse: «Alcuni volutamente confondono antisemitismo e opposizione alla politica israeliana. L’antisemitismo è una cosa grave, penso a quando la senatrice Segre riceve insulti online, ma quelli sono dei cretini isolati. C’è chi ha interesse a impedire che si critichi lo Stato di Israele. Questo è un antisemitismo inventato».  

Vien voglia di alzare la mano e chiedere a Barbero: chi sarebbe ad avere questo «interesse a impedire che si critichi lo Stato di Israele»? Non sarà mica la fantomatica «lobby sionista», ovvero la versione aggiornata della più vecchia «lobby ebraica», che ancora tormenta le notti di Francesca Albanese? E poi, professore, li ha mai letti gli studi di Pierre-André Taguieff sul nuovo antisemitismo? Probabilmente no. 

Ora, qualcuno sarebbe tentato di transigere, dopotutto non tutti possono essere Renzo De Felice o François Furet. In fondo, è un bravo medievalista e poi, talvolta, ammettiamolo, è persino simpatico. Sarà per quel modo di gesticolare, di ripetere «ecco», di appassionarsi ai fatti truculenti della storia, raccontati col sorriso e col collo che, a ogni parola, si gonfia e si sgonfia facendolo assomigliare a un batrace, Barbero non sembra avere proprio il physique du rôle del fanatico anti-israeliano. Eppure… 

Eppure, il professore, ultimamente, si è un po’ lasciato andare, ma qualche avvisaglia, come si è visto, c’era già stata. Sarà che, invecchiando, si torna un poco bambini, e dunque Barbero è riapprodato alle giovanili passioni comuniste e rivoluzionarie. Tutti quei ragazzi che manifestano per la «Palestina» devono aver avuto su di lui l’effetto di un tonico. 

Di recente, intervenendo in seguito agli scontri tra le forze dell’ordine e gli studenti filopalestinesi, avvenuti a Pisa e Firenze, più «fedele alla linea» dei CCCP, si è lanciato in una carnascialesca critica dell’Occidente: «anche le democrazie occidentali ogni tanto trovano qualcuno che protesti un po’ troppo e vogliono far star zitti chi protesta un po’ troppo, che si tratti di manganellare dei ragazzi in corteo o di mettere in galera Assange». 

Diventa difficile trattenere il riso di fronte a una tale esibizione di demagogia, tutta tesa ad accaparrarsi gli applausi dell’auditorio. Chi sarà che fa vibrare colpi di manganello sulla testa degli «studenti»? Ancora la «lobby sionista»?  

Tralasciando il riferimento ad Assange, di cui si potrebbe dire molto, http://www.linformale.eu/cittadinanza-onoraria-allantisemita/ e non positivamente, sarebbe curioso sapere cosa intende Barbero per «criticare» Israele? La demonizzazione dello Stato ebraico, operata da molti «attivisti» e accademici, che lo accusano di essere «nazista» e di star commettendo un «genocidio», non è certamente una legittima critica, ma un’espressione di viscerale e irrispettoso odio antiebraico, come certificato dalla definizione di antisemitismo elaborata dall’International Holocaust Remembrance Alliance. 

Barbero, in più di un’occasione, si è pronunciato contro l’equiparazione del nazismo e del comunismo, sostenendo che quest’ultimo, in fondo, si poneva come fini ultimi l’uguaglianza e la fratellanza; pertanto, non si dovrebbe essere troppo severi nel giudicare un’ideologia orientata alla «emancipazione degli oppressi». 

C’è d’aspettarsi, procedendo su questa china, che tra qualche tempo ci dirà di non essere troppo severi nemmeno con Hamas, dopotutto anche il gruppo jihadista lotta in nome dei «diseredati della Terra». A ben vedere, già una volta, ospite di Corrado Augias, ha affermato che il jihad, per l’islam, è solo difensivo. Un’idiozia sesquipedale, più volte confutata proprio qua su L’Informale da uno studioso accurato come Robert Spencer.

Quando il professore mette il naso fuori dal Medioevo, per avventurarsi nelle lande della storia contemporanea o della vicissitudini politiche mediorientali, scade in banali cliché veterocomunisti, con tutta probabilità appresi dall’amico Angelo D’Orsi, uno degli ultimi stalinisti d’Italia.  

Capiamo come Barbero, sulla scia del successo mediatico, si senta autorizzato a discettare su qualunque argomento, ma un intellettuale serio non dovrebbe essere così facilmente vittima della propria notorietà. 

Dovremo, ora che ha lasciato la cattedra, aspettarci nuove e più radicali esibizioni politiche mascherate da divulgazione storica? Vedremo. Il futuro, però, non ci spaventa. Da dopo il 7 ottobre siamo pronti a tutto, anche a nuove panzane di Alessandro Barbero. 

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