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Il Giorno dei Diritti Lgbt in Israele: uno spunto di riflessione per i progressisti “anti-sionisti”

Lo Stato di Israele ancora una volta si dimostra attento alla protezione delle minoranze perseguitate, anche in base all’orientamento sessuale, malgrado il giudizio negativo delle parti più conservatrici e religiose della società.
Martedì scorso si è tenuta per la prima volta nel parlamento israeliano (la Knesset) la Giornata dei diritti LGBT, con il supporto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sulla scia di statistiche che indicano un aumento di incidenti di matrice omofoba nel paese.
Il primo ministro ha parlato così:

So che ci sono stati importanti e lunghe discussioni oggi, e sono venuto qui nel bel mezzo dei miei impegni, che non sono meno fitti, a dire una frase per i membri della comunità LGBT: “Ogni uomo è stato creato a immagine di Dio”. Questa è l’idea portata anni fa dalla nostra nazione a migliaia di uomini, ed è il principio che deve guidare la nostra vita nazionale oggi.

Secondo un rapporto commissionato da un’associazione LGBT il giorno prima dell’evento, 256 denunce di molestie sono state sporte nel 2015, segnando un aumento del 54% dal 2014.
Amir Ohana, primo deputato gay candidatosi per il partito di destra Likud, principale partito della maggioranza di governo, ha detto al plenum che la comunità LGBT rappresenta il 10% della popolazione ma “non possono sposarsi nel loro paese, mettere al mondo bambini [con maternità surrogata] nel loro paese, essere eredi del loro partner se lui o lei muore e non perché sono ostili allo stato, non fanno servizio militare o non pagano le tasse, piuttosto perché sono gay o lesbiche”.

Paragonando la comunità LGBT al popolo ebraico, Ohana ha sostenuto che essi sono “odiati senza motivo, perseguitati, discriminati, spinti alla conversione forzata”.
“Che cosa hanno fatto di sbagliato per farsi odiare, a volte fino alla morte, da così tante persone?” ha chiesto.

Ohana ha inoltre commentato la presenza dei parlamentari ultra-ortodossi nella coalizione di governo, dicendo di credere che

Il cambiamento è in corso a tutti i livelli, anche con loro. Se in passato li abbiamo sentiti dire cose come “ci si occuperà della comunità LGBT come abbiamo avuto a che fare con l’influenza aviaria,” oggi vi è una discussione diversa. Noi ancora non siamo sulla stessa lunghezza d’onda e ci sono difficoltà all’interno della coalizione per quanto riguarda la legislazione pro-LGBT. Ma sono certo che ora non è più una questione di “se”, ma di “quando”. Come hanno fatto gli afroamericani lottando per la libertà e l’uguaglianza e le donne per i diritti, continueremo e infine arriveremo alla destinazione finale: l’uguaglianza e la libertà per tutti.

L’istituzione della giornata dei diritti LGBT, un giorno intero in cui la Knesset si impegna a discutere delle problematiche relative al mondo omosessuale, rappresenta un segnale importante in un Paese in cui i diritti concessi alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender sono i più ampi e sviluppati di tutta l’Asia.
Vero, come dice Amir Ohana, che non c’è ancora la piena ufficialità del matrimonio omosessuale, ma è garantita la maggior parte dei diritti concessi alle coppie eterosessuali, compreso quello di adottare figli.
In buona parte degli altri paesi del Medio Oriente gli atti omosessuali, anche svolti in privato tra adulti consenzienti, sono invece addirittura considerati illegali, tant’è che sono tanti gli arabi gay costretti ad emigrare in Israele beneficiando delle protezione giuridica.
Uno spunto di riflessione per la sinistra occidentale, a parole sensibile ai diritti lgbt ma spesso ostile nei confronti di Israele. Ma anche per confrontare l’Italia di Renzi in tempi di ddl Cirinnà con Israele di Netanyahu, la cui presa di posizione è sembrata assai più coraggiosa. 

 

 

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