Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

“Il Sabba intorno a Israele”: la demonizzazione spiegata in un libro

I lettori de L’Informale non hanno certo bisogno di una presentazione di Niram Ferretti, il quale oltre ad essere il vicedirettore della testata è anche l’autore più prolifico.
Chi ci legge conosce Niram e i suoi articoli, proprio per questo non c’è bisogno di preamboli. Se ancora non avete acquistato il suo libro, è il momento di farlo.
Il Sabba intorno a Israele – Fenomenologia di una demonizzazione, edito da Lindau, 230 pagine, è nelle librerie da qualche giorno. Niram si sofferma su uno degli aspetti principali del conflitto arabo-israeliano: la propaganda antisionista. Vincente, sicuramente. L’unica guerra vinta dagli arabi contro Israele è, senza alcun dubbio, quella della comunicazione.
E’ lucida l’analisi di come si sia arrivati a questo. Nel libro, l’evento scatenante, in grado di ribaltare le sorti e la percezione dell’opinione pubblica, è individuato nella Guerra dei Sei Giorni. Quel conflitto fondamentale per la storia del Medio Oriente ma soprattutto per la sopravvivenza stessa di Israele. Quella guerra che Israele non avrebbe mai dovuto vincere: il condizionale vale sia come previsione sia come auspicio. E’ una guerra che Israele non avrebbe mai dovuto vincere perché sembrava condannato alla sconfitta, invaso da sei Paesi nemici e condannato alla sparizione. Invece ha ottenuto un incredibile successo militare, in soli sei giorni. Ed è una guerra che non avrebbe mai dovuto vincere perché quella vittoria ha condannato Israele alla damnatio memoriae.
Una sopravvivenza che è costata cara.
Niram spiega chiaramente la demarcazione tra prima e dopo: prima di quel 1967, della guerra dei Sei Giorni, Israele era ancora considerato “Davide” dall’opinione pubblica. Dopo, è diventato Golia.
Perso, per squallidi interessi geopolitici, il sostegno dell’Urss, Israele ha dovuto convivere pure con la diffidenza, se non l’aperta antipatia, dei Paesi occidentali che hanno cominciato ad individuare gli arabi come vittime.
Da piccolo Stato in pericolo e circondato da nemici, da Davide che era, Israele è diventato il gigante Golia, sublimazione del colonialismo dell’uomo bianco, delle colpe di tutto l’occidente, fino ad essere accusato di apartheid, genocidi, occupazione e altre nefandezze.
La narrativa vittimista arabo-palestinese ha fatto il resto, tanto da trasformare i palestinesi negli ebrei e gli ebrei (gli israeliani) nei nazisti: un concetto efficace e ricorrente nel libro.

Il tradimento dell’Europa diventa chiaro sei anni dopo la guerra dei Sei Giorni, quando durante il conflitto dello Yom Kippur nel 1973 (un’altra guerra di difesa per Israele, la terza dopo quelle del 1948 e del 1967) Israele comprende fin troppo bene che deve cavarsela da solo, potendo contare solo sul reale sostegno degli Stati Uniti. I paesi europei, Francia in testa, annichiliti dal ricatto petrolifero degli arabi, hanno preferito voltare le spalle a Gerusalemme. In fondo, Israele era già diventato il Demonio. Il Cattivo.
Sarebbe però ingenuo e banale ridurre tutto questo alla semplice geopolitica. L’antisionismo non è solo retaggio del petrolio e dell’efficace propaganda araba con la regia sovietica. No, è anche e soprattutto qualcosa di secolare: è antisemitismo. E Niram lo spiega bene, elencando tutti i feticci antisemiti attribuiti ad Israele. In fondo, se ai Protocolli dei Savi di Sion si sostituisce il termine “ebrei” con il termine “Israele”, la narrativa antisionista è servita.
Il libro di Niram è utile per capire la genesi della demonizzazione di Israele, la quale ha permesso alle menzogne di diventare credibili, trasformando la verità oggettiva in “propaganda sionista” e le invenzioni palestiniste e antisioniste in verità alternativa.
In tutto questo, il ruolo del mondo accademico e intellettuale è stato, ovviamente, determinante, al pari di quello della sinistra terzomondista.
Un libro senza dubbio da leggere per avere le idee più chiare. E perché è un leale atto d’amore nei confronti di Israele.

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