Editoriali

La centralità della Shoah: A proposito di un articolo di Marcello Veneziani

In un suo articolo pubblicato su La Verità il 27 gennaio dal titolo Dio e la storia non si sono fermati ad Auschwitz, Marcello Veneziani lamenta il fatto che troppo si ricorda la Shoah, che di questo evento si sia fatto un “assoluto, spartiacque tra il Bene e il Male; la rivelazione che Dio non c’è o è morto ad Auschwitz”.

In altre parole, la storia si fermerebbe ad Auschwitz e in una sorta di teologia laica della sostituzione invertita, essa avrebbe preso addirittura il posto della Crocifissione. La domanda immediata da porsi è perchè scegliere come paragone proprio la crocifissione di Cristo, della cui morte, per secoli sono stati accusati gli ebrei come collettività con le ben note conseguenze? Veneziani, nel fare questo paragone non può non essere consapevole della sua implicazione e di quanto esso presti il fianco alle peggiori espettorazioni antisemite, ma non sembra curarsene, perché si tratta, evidentemente, di togliersi un sassolino, o una pietra, dalle scarpe.

La Shoah ha preso il posto della Crocifissione, è l’Evento Cruciale che segna il Lutto Incancellabile per l’Umanità, la cesura Unica e Permanente dei tempi e l’avvento del Male Assoluto, con la Redenzione seguente. Ma al posto della Resurrezione, la Liberazione. Non è più il Figlio di Dio in Croce a sacrificarsi per noi ma un popolo immolato, eletto o maledetto secondo le due versioni classiche. Satanico è il carnefice ma anche chi non s’inginocchia alla Vittima. Non trovo altra spiegazione all’Enfasi Assoluta, Indiscutibile e Indelebile della Shoah Si relativizzano la fede e la civiltà cristiana a cui si chiedono solo mea culpa, non atti di fede e di fedeltà. Al suo posto c’è la Shoah, nuova religione dell’umanità fondata sull’orrore”.

Il senso non può essere più esplicito insieme alla contrapposizione che istituisce. Da una parte il cristianesimo che si pente per le proprie malefatte, tra cui anche decine di secoli di istigazione all’odio nei confronti degli ebrei, e a Veneziani non piacciono i mea culpa della Chiesa, e forse nemmeno la dichiarazione Nostra Aetate, dall’altra il monopolio del dolore e della memoria da parte degli ebrei.

Le considerazioni di Veneziani sono piuttosto stantie a dire il vero, vecchie almeno di vent’anni. Le troviamo già in forma diversa in Norman Finkelstein con le sue accuse di avere trasformato la Shoah in un’arma ideologica ai fini di tacitare chiunque voglia criticare Israele, per Finkelstein, terribile Stato canaglia, le troviamo attualizzate nei revisionisti à la page che vorrebbero la Shoah equiparata ad altri genocidi, o addirittura a catastrofi naturali ed epidemie.

La Shoah dovrebbe essere ridimensionata, perché quello che è accaduto ad Auschwitz non è il male assoluto, il male assoluto non può essere altro che la morte di Dio, non quella annunciata da Nietzsche per bocca di Zaratustra, ma quella che fino al 1965, anno di Nostra Aetate, venne imputata agli ebrei. Un tempo abbastanza lungo durante il quale la Chiesa non pronunciò mai alcun mea culpa e a Veneziani probabilmente andava bene perché, nel medesimo articolo, scrive che nessuno può chiedere perdono per qualcun altro.

Insomma, alla fine, tra le righe, e nemmeno più di tanto, siamo sempre lì. Questi ebrei, che sono riusciti a imporre a tutti il ricordo del loro sterminio, istituendo una giornata speciale di commemorazione. Di qualche cosa gli ebrei devono pure avere monopolio, se non della finanza mondiale e dei governi, perlomeno lo abbiano del dolore, oppure di tutte e tre le cose. La motivazione che ricordando l’orrore della Shoah lo si faccia anche in base a un monito; che ciò che è accaduto potrebbe ripetersi in altra forma, non convince Veneziani.

“La ripetizione ossessiva del tema è giustificata sempre dal fatto che l’antisemitismo “sta tornando”. Da settant’anni, ogni giorno, sta tornando. Ci sarà sempre un episodio anche minimo per giustificare l’allarme”.

Il problema non è che l’antisemitismo sta tornando. Il problema è che non se ne è mai andato, e oggi che gli ebrei hanno un loro Stato, si è riciclato oltre che a essersi mantenuto nelle sue forme canoniche, come antisionismo. E lì, in Israele una seconda Shoah venne predisposta nel 1948, quando qui in Europa i forni crematori si erano spenti da qualche anno, e poi dopo, nel 1967, visto che l’intento degli Stati arabi guidati da Nasser, era quello di annientare lo Stato ebraico. Per non parlare degli anni successivi, dal 1973 fino ad oggi, con tutto il florilegio di dichiarazioni genocidiarie da parte araba e iraniana. Ma tutto ciò riguarderebbe un’altra specifica questione poiché antisionismo e antisemitismo sarebbero concetti divergenti. Infatti, affermare che gli ebrei sono un errore o un orrore ontologico e affermare che Israele sia un errore o un orrore storico, sarebbe sostanzialmente diverso.

La necessità della Giornata della Memoria, è, oltre a ricordare le vittime, quella di tenere ben presente che fu qui, in Europa, nella culla dell’occidente, il continente dove venne preparato e attuato il maggiore genocidio del Novecento, maggiore per modalità, finalità, implicazioni filosofiche e teologiche. Serve per ricordare un evento che molti vorrebbero ridimensionare, fare indietreggiare nel passato, per non ricordare da cosa nacque, cosa ne concimò il terreno, quali furono le responsabilità dirette e le complicità.

La portata della Shoah sfugge completamente a Veneziani perché gli sfugge la comprensione della sua abnorme unicità. L’antisemitismo non è un odio come gli altri, è l’odio più prolungato della storia, quello che non ha mai smesso di istigare all’omicidio, fino a giungere al progetto nazista della radicale eliminazione di ogni membro del popolo ebraico dalla faccia della terra. Se Veneziani si sforzasse di comprendere questa enormità troverebbe la spiegazione giusta al perché alla Shoah, nel museo dei genocidi del Novecento, spetta la centralità che ha.

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