Editoriali

La guerra da vincere e la guerra persa

Il 7 ottobre 2023 ha colto impreparato non solo Israele ma l’opinione pubblica mondiale. Iniziò subito, da parte occidentale, il coro dello sgomento e della solidarietà. Quello che era avvenuto era tremendo, atroce, chiunque avesse in corpo un briciolo di civiltà non poteva che riconoscerlo ed essere accanto a Israele.

Iniziò quindi la parata di leader che si recarono in Israele ad abbracciare Netanyahu e attraverso di lui il popolo israeliano vittima del più barbaro eccidio di ebrei avvenuto dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi.

Lo spartito all’insegna della solidarietà sarebbe però durato il necessario, ovvero fino al momento in cui Israele avrebbe reagito. Lo si sapeva già, si trattava solo di aspettare.

Dal momento stesso in cui cominciarono i bombardamenti di Gaza da parte dell’aviazione israeliana, ci furono immediatamente i richiami alla proporzionalità della reazione, all’evitare le vittime civili, a condurre la guerra come un minuetto, in cui a Israele veniva chiesto l’impossibile, e che non era mai stato chiesto a nessuno prima, uccidere unicamente i terroristi, evitare la morte di un solo bambino.

I bambini sono lo strumento ricattatorio di questa guerra, quello preferito dalla propaganda, come se mai prima di questa guerra in corso sia morto in un conflitto un bambino, nessun bambino in Yemen, nel Darfur, in Siria, in Iraq. I bambini, in una guerra, hanno iniziato a morire per la prima volta a Gaza.http://www.linformale.eu/i-bambini-di-gaza/

Tutto ciò non può sorprendere. Non esiste alcun conflitto al mondo più mediatizzato di quello tra Israele e gli arabi palestinesi, nessuno che abbia concentrato su di esso lo stesso livello di attenzione, di propaganda, di passione. Gli altri sono marginali, se non del tutto inesistenti. La prova è che da quando è iniziata la guerra tra Israele e Hamas, dai radar è scomparsa la guerra in Ucraina, certo già di lunga durata e stancante per l’opinione pubblica, ma non di meno cruentemente ancora in corso.

Dunque, dopo la solidarietà iniziale, si è giunti alla rappresentazione abituale, a Israele che si “vendica sanguinosamente” come scrive Francesco Battistini del Corriere della Sera, quotidiano che gradualmente, da una posizione non apertamente ostile a Israele, ha ormai gettato la foglia di fico, a Israele come Lamech,http://www.linformale.eu/la-logica-di-lamech/così ci ha ricordato un porporato aulico, a Israele terrorista e spietato, genocida, nazista, insomma, a tutto l’armamentario lessicale demonizzante, confezionato in più di cinquant’anni di indefessa propaganda contro lo Stato ebraico.

Il ruolo di Israele vittima è inconcepibile in questo affatturamento collettivo, è anche per questo motivo che il 7 ottobre si è rimasti spiazzati. Milleduecento trucidati israeliani come non considerarli vittime? Non si poteva permettere che passasse questa versione, che egemonizzasse il discorso pubblico, gli ebrei vittime sono solo e possono solo essere quelli della Shoah, gli ebrei uccisi dai nazisti, gli israeliani sono da situare altrove. E infatti, subito dopo l’eccidio, Antonio Guterres, Segretario generale dell’ONU, che dal 1967 macina senza sosta risoluzioni anti-israeliane, affermò che sì, Hamas aveva commesso un crimine, ma che sostanzialmente si trattava di un crimine determinato dall'”occupazione”. http://www.linformale.eu/il-giustificazionismo/

Bisognava fare presto, fornire agli assassini la giustificazione per non essere troppo assassini e, in questo modo, sottrarre alle vittime il fatto di esserlo fino in fondo, perché le vittime, in questo canovaccio possono essere unicamente i palestinesi, è un ruolo fisso, incontrovertibile, da quando venne creato ad hoc a partire dalla metà degli anni Sessanta.

Tutto si è rimesso presto al proprio posto, Israele ha ripreso il suo ruolo fisso di criminale, di Stato brutale, razzista, genocida, e i palestinesi sono tornati ad essere le vittime, un popolo vessato, torturato, ucciso. Perché cambiare un copione che gode di un successo clamoroso, che strappa applausi a destra e a manca, tra politici, intellettuali, star dello spettacolo, anime nobili, gente comune? Perché modificare un solo aspetto di una rappresentazione così efficace?, che senso avrebbe farlo?

Una incertezza e una certezza.

L’incertezza riguarda l’esito della guerra sul terreno. Israele si è dato come obiettivo il collasso di Hamas a Gaza, la sua smilitarizzazione e il venire in essere delle condizioni minime di sicurezza per i cittadini israeliani oltre la Striscia. Al momento non è ancora possibile sapere se riuscirà a raggiungerlo. La certezza riguarda invece un’altra guerra, quella dell’informazione. Questa guerra, Israele l’ha persa da decenni anche perché, va detto con sincerità, non ha mai cercato di vincerla realmente.

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