Israele e ONU

Lavorare per Hamas

Cosa può esserci di più eloquente relativamente alla risoluzione approvata ieri a larga maggioranza dall’Assemblea generale dell’ ONU per un cessate il fuoco a Gaza, del fatto che Hamas l’abbia accolta con favore?

Izzat  Al-Rishq, dell’Ufficio politico del gruppo terroristico ha esortato la comunità internazionale a continuare a fare pressione sulle “forze di occupazione israeliane”, chiedendo il rispetto della risoluzione. Ha poi aggiunto nel suo comunicato due delle parole feticcio della propaganda palestinese, “genocidio” e “pulizia etnica”, così care alle piazze anti-israeliane che in questi mesi si sono riempite di strepitanti utili idioti invocanti la “liberazione” della Palestina dal fiume al mare, ovvero il genocidio di tutti gli israeliani.

La risoluzione, che ha unicamente un valore simbolico, non essendo vincolante, non menziona in alcun modo l’eccidio perpetrato da Hamas il 7 ottobre scorso.

Nulla di sorprendente per chi conosce l’ONU e i suoi meccanismi. L’ONU lavora indefessamente contro Israele dal 1967.

Il sostegno al terrorismo palestinese è sempre stato un suo fiore all’occhiello, da quando, nel 1974, Yasser Arafat fu accolto con una standing ovation dopo che ebbe pronunciato un discorso in cui, sotto dettatura sovietica, definiva il sionismo “razzista”, “usurpatore”, “terrorista” e un prodotto dell'”imperialismo”, parole il cui successo non è mai venuto meno.

Oggi, coerentemente, dopo avere sostenuto l’OLP e quindi Fatah, l’ONU sostiene Hamas, di cui l’UNRWA, l’organizzazione onusiana per la moltiplicazione esponenziale dei profughi palestinesi e ben radicata a Gaza, è un megafono solerte.

Philippe Lazzarini, suo attuale capo, ha definito la situazione a Gaza una “tragedia senza fine”, e  “l’inferno in terra”. Non si ricordano sue altrettanto accorate e iperboliche definizioni in merito alla guerra in Siria, dove, nel 2017, proprio secondo l’agenzia che presiede, Assad espulse dal paese, nell’indifferenza generale, 280.000 arabi palestinesi. Ma, si sa, quando è Israele a combattere le sue guerre, i criteri di discernimento diventano molto selettivi.

È chiaro che un cessate il fuoco durante la guerra in corso e con Hamas pesantemente sotto pressione militare da parte dell’IDF, gli consentirebbe un vantaggio palese, permettendogli di riprendere lena, di riorganizzarsi e di giocare la partita degli ostaggi nel modo più vantaggioso possibile.

È esattamente quello che si vorrebbe ottenere enfatizzando la morte dei civili, le cui cifre, senza alcuna verifica indipendente, vengono fornite da Hamas, e la tragicità della situazione umanitaria, inevitabile in ogni guerra.

L’obiettivo non dichiarato è di impedire a Israele di sradicare Hamas dalla Striscia, e quindi di perdere la guerra.

 

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