Lettere al giornale

L’ingloriosa rivalsa

Da Andersen Andreoni riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gentile Direttore,

L’uccisione dei sette operatori della WCK che ha così scosso l’opinione pubblica e le Cancellerie, è un errore che spesso accade in guerra; si parla di fuoco amico quando due unità militari della stessa fazione si sparano contro e ritengo, vista la situazione, che sia fisiologico nel delirio di ogni guerra.

Il problema è che ci si appiglia a qualunque cosa per screditare il proprio nemico, in questo caso Israele, da parte dei rossobruni italiani e dei minus habentes che a livello mondiale urlano “from the river to the sea” senza sapere cosa intendano. Intanto in Iraq gli yazidi vengono ammazzati, le donne obbligate a velarsi e vendute come schiave al mercato, chi si oppone finisce in una gabbia cosparsa di benzina a cui si dà fuoco. Il mondo è cieco e la frustrazione dell’occidentale medio, viziato e incapace di ragionare spinge costoro a cortocircuitare un processo logico deduttivo per intraprendere scorciatoie mentali col fine di nutrire un io impotente, sottomesso e fondamentalmente codardo: me la prendo con gli ebrei, perché fa ardito, perché ci vuole coraggio a sapere di tutto l’orrore dell’olocausto nazista (senza contare pogrom, inquisizioni cattoliche, ghettizzazioni e tutto ciò che ha preceduto quel genocidio) e ciò nonostante prendersela con loro, ci vuole sfacciataggine come quella di Ian Solo in Star War: vai contro il pensiero lineare, sei un ribelle pronto a combattere contro l’impero, sì, sì, ti manca il Millennium Falcon e puoi riscrivere la storia della galassia, sei un figo! Ecco, il propal è tutto qui. Questa è la storia sintetica e puntuale del movimento pro Palestina: di pro Palestina non c’è nulla, è tutto ridotto al banale vizietto di dare una lezione di umanità ai primi della classe che sanno benissimo scindere l’umano dal disumano.

È la vendetta dei rachitici contro i culturisti, è la rivincita di quelli che a scuola erano bravi solo in educazione fisica che fanno la lezione di fisica quantistica ai primi della classe, è la loro rivalsa sociale, culturale, è il brodino che li fa sentire uniti nel sorseggiare la birretta al centro sociale davanti al murales di Arrigoni, è ciò che ti fa sentire parte di qualcosa che non sia il club degli sfigati di turno, oddio no, ti prego, tutto tranne quello.

Quale migliore occasione del giorno della memoria per poter scrivere su Facebook o su altri social “stanno facendo ai palestinesi quello che i nazisti hanno fatto a loro” o ancora “io non sono antisemita sono antisionista”. Ergo il mondo si fossilizza sul conflitto israeliano palestinese perché è quello più sicuro dove ti puoi permettere di dire cose di una bestialità infinita e troverai sempre qualcuno che clicca su “mi piace”. Troppo rumore circa questa guerra a Gaza, va presa per quello che è: la risposta di Israele. Netanyahu non ha responsabilità in merito al suo andamento, dovrebbe piuttosto rendere conto del come il 7 Ottobre sia mai potuto accadere. Questa è una risposta di tutto Israele. Con annesse responsabilità, massacri, giustizia, liberazioni, errori, conquiste, fallimenti, perdite, morti, vittorie e tutto il resto. È l’orrore della guerra e lo hanno voluto i palestinesi la cui cultura si fonda sul jihadismo, sul pregare per la guerra santa, sul genocidio degli ebrei, sulla non esistenza di Israele. O noi o loro. Gli israeliani lo hanno detto in tante forme nell’arco degli ultimi decenni “non vi perdoneremo mai per averci costretto ad uccidere i vostri (figli)”, “la pace arriverà quando gli arabi ameranno più i loro bambini di quanto odiano noi”.

I palestinesi vogliono cibo e acqua? Sacrosanto, ogni vita innocente in quel posto va salvata, ma la salvezza parte dal volersi salvare. Riconsegnino gli ostaggi, si arrendano ad Israele con una bella bandiera bianca, facciano i palestinesi quello che molti propal- proPutin chiedono di fare all’Ucraina. Se i palestinesi si arrendessero la guerra finirebbe, così come la fame, la sete e le morti dei bambini.

Gentile Andreoni,

La sua lettera contiene molte amare verità. Questa guerra di Israele, la più lunga insieme a quella del 1948, non fa eccezione rispetto ai conflitti precedenti combattuti contro Hamas. Non fa eccezione nel senso che l’opinione pubblica sotto l’onda d’urto di una propaganda incessante costruita dai sovietici e consegnata agli arabi, è stata condizionata a trasferire il ruolo della vittima ai palestinesi, popolo creato ad hoc a metà anni Sessanta, e quello degli oppressori agli israeliani. Questa guerra ancora in corso certifica in modo definitivo il successo senza pari di una strategia politica decisa quasi sessanta anni fa e di cui la totalità di coloro che urlano nelle manifestazioni “Palestina libera dal fiume al mare”, soprattutto i giovanissimi, non sa assolutamente nulla. Al di là di questo, come giustamente evidenzia lei, c’è, a fare da sfondo a tutto, un gigantesco problema culturale: l’odio per Israele e per gli ebrei (badi bene, gli ebrei, non gli israeliani) si è tramandato tra i palestinesi di generazione in generazione, e Hamas non rappresenta affatto, come si vuole strumentalmente fare credere, una eccezione fanatizzata. Ciò significa che tutti i palestinesi sono antisemiti e desiderano la scomparsa di Israele? Tutti no, ma purtroppo ancora oggi la parte maggioritaria.

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