Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Oscurantismo reazionario

Il vicedirettore del quotidiano La Verità, l’azzimato Francesco Borgonovo, dopo aver scritto libri intitolati «L’impero dell’Islam. Il sistema che uccide l’Europa» e «Tagliagole. Jihad Corporation», è stato illuminato dalla «luce» islamica e ora partecipa a convegni pro-Palestina coi rappresentanti dell’associazionismo musulmano «italiano». 

Borgonovo, «originario delle tradizioni dell’estrema destra», come precisa Amal Bouchared, il giornalista che lo ha intervistato per Al Jazeera, è l’ennesimo intellettuale di destra» passato all’Islam militante, ossia, scriviamolo senza remore, dalla parte di Hamas e degli altri jihadisti che vogliono la distruzione di Israele. 

Infatti, come chiarisce compiaciuto Bouchared, il vicedirettore de La Verità, a differenza dei colleghi di sinistra, «ritiene che Hamas sia un movimento politico che rappresenta il suo popolo e che l’Occidente debba sedersi con esso al tavolo». 

Borgonovo è solo l’ultimo e più farsesco esponente dell’alleanza tra le formazioni fasciste o naziste e il fondamentalismo islamico, un patto di morte che risale agli anni Trenta del secolo scorso. 

A quei tempi, l’organizzazione dei Fratelli Musulmani tradusse il «Mein Kampf» in arabo. Il Gran Muftì di Gerusalemme, il Mussolini del movimento nazionale palestinese, fu un ardente ammiratore di Hitler. Quando scoppiò la Seconda guerra mondiale si trasferì a Berlino, dove reclutò una legione araba per il Führer e insieme ad Adolf Eichmann pianificò la creazione di una Auschwitz in Medio Oriente. 

Ad accomunarli vi era il medesimo odio per la modernità liberale, per le procedure democratiche, per il libero mercato e le «plutocrazie», oltreché per gli ebrei, individuati come elemento «patogeno» e disgregatore di una comunità razzialmente o religiosamente connotata. 

Le «amorose» corrispondenze ideologiche e d’intenti tra nazisti e islamisti non sono terminate con la sconfitta del Terzo Reich. In Italia hanno avuto come profeta Claudio Mutti, citato da Borgonovo come «intellettuale di destra molto vicino alla cultura islamica», anziano membro del gruppo neofascista Terza Posizione convertitosi all’Islam nel 1977. 

Mutti teorizzò un fronte comune tra fascismo, comunismo e islamismo contro «l’insolenza democratica» e la «dominazione ebraica». Nell’Islam vide anche la possibilità di ri-sacralizzare un’Europa ormai pienamente secolare. Si tratta di temi e suggestioni che si ritrovano in Borgonovo, così come in altri «intellettuali di destra», tra cui Franco Cardini e Pierangelo Buttafuoco. 

La strategia è chiara e il vicedirettore la espone lucidamente nella sua intervista ad Al Jazeera: coalizzarsi con l’Islam per combattere le «degenerazioni» della modernità occidentale, che poi significa attaccare la modernità nel suo complesso in nome del «Sacro» e di presunti «valori cavallereschi» attualmente incarnati dalla religione islamica. 

Le critiche all’aborto o alla teoria gender sono il pretesto con cui l’islamo-fascismo tenta di minare la civiltà liberale e democratica, nel tentativo di ristabilire l’autorità di quello che Max Weber chiamava «l’eterno ieri». Un programma che non comprende solamente l’Islam, ma anche la Russia di Putin, presentata anch’essa da Borgonovo come un baluardo contro la «decadenza» dell’Occidente. 

Il giornalista parla un linguaggio reazionario, ma la sua avversione per il libero scambio, la laicità, l’individualismo, lo pongono in perfetta concordanza anche con un vecchio arnese stalinista quale Luciano Canfora. 

Borgonovo, come Mutti, sogna di restaurare quella comunità organica pervasa di religiosità che, secondo Marx, il capitalismo avrebbe «annegato nelle gelide acque del calcolo economico». Si tratta di una retorica anti-liberale degradata in demagogia reazionaria e in anticapitalismo romantico, entro cui Israele gioca il ruolo di avanguardia della globalizzazione e dell’«imperialismo» americano in Medio Oriente.

Ora, è piuttosto curioso che il vicedirettore de La Verità mobiliti i suoi argomenti identitari in difesa dei «palestinesi», ossia di un popolo inventato, creato in provetta dal KGB, con il solo scopo di «liberare» la terra che va dal «fiume al mare», di renderla cioè Judenrein, «senza ebrei», dunque senza gli unici che possano vantare un legame storico millenario con quello spazio geografico.

Quella di Borgonovo è una strategia vecchia di un secolo, eppure ancora capace di fare breccia tra i conservatori e tra tutti coloro che sono, giustamente, indispettiti dagli eccessi del politicamente corretto.    

La risposta razionale agli eccessi postmoderni non è il ritorno alla pre-modernità, ma la difesa della modernità «buona»: il pluralismo, l’eclettismo, la tolleranza, l’uso pubblico della ragione in tutti i campi. È legittimo criticare la cancel culture, la ragione strumentale e l’invadenza della tecnologia, senza però scivolare nel primordialismo, nell’atavismo e nell’oscurantismo bigotto, ovvero nelle soluzioni avanzate da Borgonovo.

Pensare di combattere delle tendenze illiberali supportando dei totalitarismi compiuti o della teocrazie non è solo illogico, ma anche suicida.  

 

 

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