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Referendum indipendenza Kurdistan iracheno: affluenza al 76%, minacce da Erdogan

Baghdad, 25 set 19:15 – (Agenzia Nova) – Si è concluso con un’affluenza del 76 per cento il referendum per l’indipendenza della regione autonoma del Kurdistan organizzato dal governo di Erbil e che ha coinvolto anche le zone contese con il governo di Baghdad, in particolare la provincia di Kirkuk. Secondo quanto riferiscono i media locali, al referendum si sono registrate circa 5,3 milioni di persone che hanno votato nei 12.072 seggi disposti dalle autorità di Erbil nelle tre provincie settentrionali del Kurdistan iracheno, rispettivamente Erbil, Dohuk e Sulaimaniyah, e nelle aree contese con il governo di Baghdad: Kirkuk e Sinjar. Secondo quanto riferisce l’emittente curda “Rudaw”, migliaia di persone sono scese nelle strade di Erbil per celebrare il voto, che ha solo valore consultivo, ma dall’alto contenuto simbolico. I primi risultati ufficiali dovrebbero essere diffusi domani. Intanto Ankara ha organizzato una serie di esercitazioni militari nei pressi del confine con la regione autonoma del Kurdistan iracheno. Secondo quanto riferito dall’emittente iraniana “Press Tv” alle manovre avrebbero preso parte anche le forze di sicurezza irachene.

Il referendum di oggi si è tenuto nonostante la strenua opposizione del governo federale di Baghdad che giudica incostituzionale la votazione e ha già preso provvedimenti per poter isolare la regione. Oggi il parlamento iracheno ha votato a maggioranza una mozione per chiedere al premier e comandante in capo delle Forze armate irachene, Haider al Abadi, di dispiegare truppe federali nella provincia di Kirkuk e nelle altre aree contese con la regione autonoma del Kurdistan iracheno. Secondo quanto riferiscono i media iracheni, il parlamento ha chiesto al governo di chiudere tutti i valichi di confine con la regione autonoma del Kurdistan iracheno e intimato alle compagnie straniere, in particolare quelle petrolifere, a non collaborare con Erbil nelle zone contese. Inoltre il parlamento ha chiesto ai partner internazionali di chiudere i propri consolati nella regione autonoma curda.

La zona più a rischio è la provincia di Kirkuk dove si temono scontri tra la popolazione curda e le altre minoranze, in particolare turcomanni e arabi. L’ex governatore della provincia, Najmaldin Karim, la cui deposizione è stata votata nei giorni scorsi dal parlamento di Baghdad, ha chiesto alla popolazione curda di evitare festeggiamenti, imponendo il coprifuoco proprio per prevenire incidenti. Karim, leader di spicco dell’Unione patriottica del Kurdistan (Puk) ha criticato la decisione del parlamento iracheno di inviare truppe a Kirkuk. “Le attività del parlamento servono solo per emanare decreti contro i popoli del Kurdistan e ormai hanno perso valore”, ha dichiarato Karim citato dall’emittente “Rudaw”.

Il governo di Baghdad appare per ora risoluto nel mantenere la sua posizione ferma contro Erbil e a favore dell’unità territoriale. Ieri sera il Consiglio di sicurezza nazionale ha ordinato alla regione autonoma del Kurdistan iracheno di trasferire alle autorità federali il controllo dei valichi di frontiera e dell’aeroporto internazionale di Erbil. Baghdad ha lanciato un appello ai paesi stranieri ad interrompere il commercio di petrolio con la regione curda e di fare riferimento all’autorità centrale per quanto riguarda gli aeroporti e le frontiere. Nella riunione, il Consiglio di sicurezza nazionale ha ribadito che il referendum per l’indipendenza del Kurdistan è incostituzionale e mette in pericolo la stabilità dell’Iraq. Nell’incontro di ieri Abadi ha ribadito che la risoluzione delle controversie non può essere raggiunta imponendo una politica de facto, ignorando gli interessi e i diritti degli altri partner del paese. “Questo meccanismo è superato dall’Iraq democratico, che rispetta tutte le identità e riconosce i suoi diritti”, si legge nel comunicato.

Baghdad ha ribadito che non verranno riconosciuti i risultati del referendum. Nella nota il Consiglio di sicurezza nazionale iracheno ha precisato che la “corruzione è un grave flagello che ha danneggiato gli interessi del popolo iracheno, compresi gli interessi del nostro popolo in Kurdistan. Pertanto, la lotta contro la corruzione va fatta da parte di tutti, in particolare il governo federale”. Nella riunione di ieri il governo federale ha inoltre considerato di adottare misure per controllare i conti della regione del Kurdistan e dei suoi funzionari che depositano il denaro derivanti dalle esportazioni petrolifere sui loro conti. Inoltre il Consiglio di sicurezza nazionale ha disposto al procuratore generale di perseguire tutti i dipendenti statali della regione autonoma che attuano procedure a favore del referendum contrarie alle decisioni della Corte federale. Nello scontro con Erbil, Baghdad vede due alleati di particolare importanza sullo scacchiere regionale: Turchia e Iran. In Turchia l’argomento è particolarmente sentito considerata l’ampia minoranza curda e la lotta contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Oggi Ankara ha organizzato una serie di esercitazioni militari nei pressi del confine iracheno, a cui avrebbero preso parte anche truppe del governo federale di Baghdad. Nella giornata di oggi si sono espressi sul tema il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, il premier Binali Yildirim e il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. In una conferenza stampa ad Istanbul, Erdogan ha minacciato di chiudere l’oleodotto Kirkuk-Ceyhan che trasporta il petrolio prodotto dai giacimenti petroliferi situati nella regione autonoma del Kurdistan iracheno verso la Turchia e i mercati europei. Il presidente Erdogan ha definito “inaccettabile” il referendum per l’indipendenza curda e annunciato che verranno prese da Ankara contromisure sul piano economico, commerciale e della sicurezza nei confronti del governo di Erbil. “Vedremo attraverso quali canali il governo regionale nord iracheno riuscirà a trasportare il suo petrolio – ha dichiarato Erdogan -, o come riuscirà a venderlo. Il rubinetto è nelle nostre mani: una volta chiuso, il gioco è finito”, ha dichiarato Erdogan. Dall’oleodotto transitano ogni giorno circa 50 mila barili di petrolio su un totale di 160 mila prodotti nei giacimenti petroliferi dell’area di Kirkuk, gestiti dalla North Oil Company.

“Indipendentemente dal risultato, noi consideriamo nullo questo referendum” ha detto il presidente turco definendo “inaccettabile” la consultazione organizzata da Erbil. Nel corso della conferenza stampa il presidente ha minacciato contromisure in campo economico, commerciale e di sicurezza. Erdogan, che secondo fonti vicine al governo avrebbe discusso telefonicamente della questione anche con il presidente russo Vladimir Putin, ha riportato al centro del dibattito anche la questione siriana. “Non permetteremo mai la formazione di una simile concentrazione di stati terroristi – ha detto -, una frontiera di 911 chilometri ci separa dalla Siria. Tutte le opzioni sono state considerate su Iraq e Siria”, ha aggiunto. “Ora prenderemo nuove misure. L’abbiamo già fatto con l’offensiva Eufrate portata nel nord della Siria: in quell’occasione abbiamo liberato un’area di 2.000 chilometri quadrati in mano allo Stato islamico. Non esiteremo a fare lo stesso in Iraq”, ha concluso.

Più cauta è la posizione del premier turco Yildirim, che in una intervista rilasciata alle principali emittenti televisive turche ha sottolineato che la Turchia non intraprenderà “alcuna avventura” nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, ma è pronta a rispondere se la sua sicurezza nazionale sarà minacciata. “Il problema ha raggiunto un punto di non ritorno e nel prossimo futuro vi potrebbero essere sviluppi spiacevoli”, ha dichiarato il premier turco, che ha definito il referendum un “evento teatrale”. Infine Yildirim ha dichiarato che Ankara da questo momento “considererà solo il governo di Baghdad come interlocutore legittimo e non il governo della regione autonoma del Kurdistan con sede ad Erbil”. Da parte sua il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha promesso che la Turchia interverrebbe militarmente se la popolazione turcomanna in Iraq, in particolare quella residente nella provincia di Kirkuk, sarà in pericolo.

L’Iran, che oggi ha chiuso le frontiere e lo spazio aereo con la regione autonoma del Kurdistan, ha ribadito da parte sua l’opposizione al referendum curdo, sottolineando la necessità di mantenere la sovranità nazionale dell’Iraq in un momento in cui Baghdad sta compiendo importanti passi avanti nella lotta contro il terrorismo. Dopo la conversazione telefonica avvenuta questa notte tra il presidente iraniano, Hassan Rohani, e l’omologo turco Erdogan, oggi la posizione ufficiale di Teheran è stata affidata al portavoce del ministero degli Esteri, Bahram Qassemi. “La nostra posizione è assolutamente chiara. Questa misura è avvenuta in una circostanza sbagliata e manca la logica necessaria”, ha dichiarato Qassemi in una conferenza stampa. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha osservato che la consultazione giunge mentre “il governo iracheno sta facendo notevoli passi avanti nella lotta contro il terrorismo”. Qassemi ha ribadito che Teheran sostiene l’integrità territoriale dell’Iraq e protegge la sua sovranità e lo sviluppo democratico del paese. “Qualunque misura contraddice la stabilità, la sicurezza e l’integrità territoriale dell’Iraq è ingiustificata e sbagliata”, ha dichiarato. Il funzionario iraniano ha confermato la chiusura dello spazio aereo e delle frontiere con il Kurdistan iracheno, smentendo le notizie diffuse da alcuni media occidentali secondo cui ieri Teheran ha condotto raid aerei nella regione autonoma. (Irb)

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