Israele e Medio Oriente

Il vecchio spartito europeo e la nuova musica di Trump

Ci siamo. La UE avverte Trump relativamente allo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, e lo fa per bocca di Federica Mogherini:

E’ molto importante per tutti noi astenerci da decisioni unilaterali, specialmente quelle che potrebbero avere serie conseguenze in larghi settori dell’opinione pubblica e in grande parte del mondo

La Mogherini ha anche ribadito che la UE manterrà la propria delegazione a Tel Aviv.

Quello che alla Mogherini sfugge, e sfugge ancora a molti è un fatto di cui dovranno presto capacitarsi. La musica è cambiata. La conferenza per la pace in Medioriente tenutasi a Parigi, in cui si è parlato solo del conflitto arabo-israeliano dimenticando tutti gli altri, è la testimonianza di un crepuscolo. Dell’Europa stessa, incapace di reinventarsi e ancora avvitata sui vecchi schemi della supina accettazione dei diktat arabi a cui ha iniziato ad accondiscendere dalla fine degli anni ’60, con la Francia in testa.

Solo che questa volta il nuovo presidente non andrà al Cairo protendendo le braccia verso l’Islam. Oltre l’Atlantico Eurabia avrà poco appeal.

Al di là delle sponde americane al nuovo presidente degli Stati Uniti dell’Europa interessa assai poco, molto più, casomai, del Medioriente. Quale sarà il suo programma relativamente al più perdurante conflitto dal dopoguerra ad oggi non lo sappiamo perché è ancora da disegnare, ma una cosa è certa. Non sarà la flebile voce della vecchia Europa a fargli cambiare idea sullo spostamento dell’ambasciata americana.

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