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Gli europei non sono pronti ad affrontare sfida delle migrazioni

Una indagine demoscopica del Pew Research Center fatta prima del tragico attentato di Nizza assume un interesse molto particolare, perché ci consegna una immagine dell’Europa diversa da quanto ci vogliono far credere.
La prima domanda alla quale, nella scorsa primavera, un campione di cittadini europei era stato invitato a rispondere era:Lei pensa che l’avere un numero crescente di persone di molte  diverse razze, gruppi etnici e nazionalità nel vostro paese renda il paese un posto migliore  o peggiore nel quale vivere, o non fa alcuna differenza?“.
Il 36% degli svedesi, 33% dei britannici, 31% degli spagnoli, 26% dei francesi, 26% dei tedeschi, 18% degli italiani, 17% degli ungheresi, 17% degli olandesi, 14% dei polacchi, 10% dei greci ha risposto che queste presenze rendono il loro paese un posto migliore nel quale vivere.
La risposta che queste presenze rendono il paese un posto peggiore nel quale vivere ha invece ottenuto il 26% dei consensi da parte degli svedesi, il 31% dei britannici, il 22% degli spagnoli, il 24% dei francesi, il 31% dei tedeschi, il 53% (!) degli italiani, il 41% degli ungheresi, il 36% degli olandesi, il 40% dei polacchi, il 63% dei greci.
La stessa domanda, rivolta agli americani, ha ottenuto un 58% di risposte positive (l’America multietnica è un posto migliore nel quale vivere) e solo un 7% di risposte negative.
Con tutta evidenza – e non è certamente una sorpresa – il problema delle massicce migrazioni e dei falliti tentativi di integrare gli stranieri nel tessuto nazionale incide fortemente sulla percezione che della presenza di “estranei” ha la popolazione. Un paese fondato sull’immigrazione e sull’integrazione come gli Stati Uniti ha, invece, un’opinione opposta e ripone fiducia nella propria capacità storica di accogliere e far sentire appartenenti all’insieme della nazione tutti coloro che volontariamente lo scelgono come nuova patria. Dei dieci stati europei censiti nessuno ritiene con un parere maggioritario che la crescente diversità della popolazione sia un vantaggio; solamente un terzo degli interrogati in Svezia, Gran Bretagna e Spagna esprime questa opinione, che altrove diviene fortemente minoritaria.
A questo punto si potrebbe pensare che si tratti di un problema di orientamento politico, dando per scontato che le sinistre siano favorevoli alla presenza di sempre più razze, gruppi etnici e nazionalità, mentre le destre sarebbero ostili a questa trasformazione. L’indagine ha provveduto anche a soddisfare questa curiosità: la medesima domanda ha ottenuto la risposta che il paese sarebbe un posto migliore da percentuali di interrogati alquanto diverse da quanto ci si potrebbe aspettare:
Gran Bretagna: d’accordo il 51% della sinistra, il 31% dei centristi, il 27% della destra
Germania: d’accordo il 41% della sinistra, il 24% dei centristi, il 19% della destra
Francia: d’accordo il 40% della sinistra, il 23% dei centristi, il 21% della destra
Svezia: d’accordo il 49% della sinistra, il 36% dei centristi, il 32% della destra
Spagna: d’accordo il 41% della sinistra, il 32% dei centristi, il 24% della destra
Italia: d’accordo il 28% della sinistra, il 17% dei centristi, il 14% della destra
Olanda: d’accordo il 25% della sinistra, il 15% dei centristi, il 15% della destra.
Negli Stati Uniti, nuovamente, la percentuale dei conservatori che giudicano positivamente la diversa composizione etnica razziale e nazionale è molto superiore (47%) alla maggior parte delle analoghe percentuali registrate nelle sinistre europee.
Infine, la percezione positiva di queste differenze, giudicate un bene per il proprio paese, è molto superiore fra le persone con un livello di istruzione elevato rispetto a quelle che si sono fermate prima nel percorso degli studi.
Questi dati ci restituiscono l’immagine di un’Europa che non è pronta ad affrontare la sfida costituita dalle migrazioni di chi fugge dalla guerra e dalla povertà. Ovviamente  la paura che nelle pieghe delle migrazioni si possano nascondere il seme del terrorismo e la pulsione a trasformare la società occidentale in senso meno liberale e democratico gioca un ruolo che col trascorrere del tempo diviene sempre più visibile e fondamentale; ma alla radice di questa percezione pare abbia il suo posto anche una tendenza a considerare irrilevanti gli interessi collettivi del continente rispetto a quelli più immediati e vicini della propria nazione, che si riflette proprio in una diffidenza od ostilità nei confronti di quanto possa intaccare una antica identità quasi tribale.
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